Daphné Bolz, Les arènes totalitaires.
Hitler, Mussolini et les jeux du stade

Paris, CNRS, 2008, 341 pp.

Lorenzo Venuti

Università di Firenze

Fra i volumi di maggiore interesse usciti negli ultimi anni sulla storia dello sport durante il fascismo, Les arènes totalitares, merita senza dubbio una menzione particolare, frutto di un lungo lavoro di ricerca di Daphné Bolz, attualmente professoressa di Sports Sciences presso la UFR Staps, Université de Rouen. Il testo è frutto del suo primo grande lavoro di ricerca, culminato nella tesi di dottorato, Pratique et spectacle sportifs en Italie fasciste et en Allemagne nazie. Étude à partir des équipements sportifs, discussa nel 2005, prodotto della collaborazione fra l’Université « Marc Bloch » di Strasburgo e la Freie Universität Berlin. Da questo lavoro nel 2008 è stato estratto il volume Les arènes totalitaires, prima monografia dell’A. strutturata lungo 6 capitoli e due parti principali. Come dichiara il titolo, al centro dell’analisi ci sono gli spazi fisici dello sport e di come questi ultimi si legavano ai progetti di rigenerazione dei singoli e della società di impianto fascista e nazista. Un approccio originale, basato su uno scavo archivistico impressionante, che unisce numerosi archivi di Stato italiani a quelli dell’amministrazione sportiva tedesca e federazioni internazionali, come FIFA e CIO. Documentazione integrata da tutta un’altra serie di fonti a stampa, e in particolare giornali specializzati sull’architettura o sullo sport più in generale.

La prima parte prende in analisi proprio la costituzione dell’“Uomo nuovo” in relazione all’impiantistica dei rispettivi paesi, lasciando alla seconda un approfondimento su come i regimi abbiano utilizzato l’architettura sportiva nel consolidamento della propria presa sulla società più generale. Un lavoro, dunque, che univa l’attenzione per la storia culturale, e materiale a quella dello sport, in un’originale sintesi sull’uso che i due regimi avevano fatto dello sport nel periodo interbellico. Difficile, in questo, non leggervi la lezione di George Mosse, le cui considerazioni raccolte nel classico La nazionalizzazione delle masse (1975), ricorrono più volte nel testo: come nel suo lavoro era centrale lo spazio dove avvenivano i raduni di massa nella Germania dell’800, nel suo lavoro Bolz lega con abilita ideologia e architettura, mostrando l’importanza simbolica dei luoghi dove sono celebrati i grandi eventi sportivi, ma anche tutta la difficolta che passa fra la progettazione, e la realizzazione degli stessi. Grazie a questo approccio tematico il volume propone un costante confronto fra l’esperienza dello sport nell’Italia fascista e nella Germania nazista, evidenziando anche le differenze che vi erano fra i due regimi su questo aspetto specifico. Perché, come rileva Bolz, diverse erano anche le condizioni di partenza, come si può dimostrare facendo un rapido resoconto della buona diffusione dell’attività sportiva nella Germania di Weimar, e la praticamente totale assenza di impianti nel meridione d’Italia. Ma non era solo un problema di impiantistica: mentre in Germania lo sport spettacolo e lo sport di massa riuscivano a convivere senza palesi frizioni, in Italia le contraddizioni erano molto numerose.

L’approccio multidisciplinare e la grande varietà delle fonti utilizzate lo rendono un testo di grande rilievo, e se è necessario trovare un difetto forse è proprio quello di non aver analizzato come gli spazi sportivi dei due regimi vengono raccontati e analizzati al di fuori dei contesti di origine. In Ungheria, come nel resto dell’area dell’Europa centrale gli impianti italiani e tedeschi, oltre alla loro organizzazione sportiva, erano attentamente analizzati, e facevano parte del soft power dei regimi nella zona. Un tema di grande rilievo, che però non faceva parte del focus del libro, e che anzi può essere semmai al centro di futuri approfondimenti.

Concludendo, Les arènes totalitares ha rappresentato un testo di grande interesse, una lettura stimolante e matura, capace di condurre a riflessioni di ampio respiro, dimostrazione della maturità che lo studio della storia dello sport ha raggiunto in Francia.