Elvis Lucchese, Sport di combattimento.
Gli esordi del rugby in Veneto 1927/1945.

Treviso, Hoggar, 2017, 73 pp.

Marco Ruzzi, Generazione Littoriali.
Rugby e fascismo in Italia dal 1928 al 1945

Cuneo, Primalpe, 2021, 461 pp.

Nicola Sbetti

Università di Bologna

Lo stato dell’arte sul rugby italiano non può ancora dirsi soddisfacente. Dato il numero ancora relativamente modesto di studi rigorosi sulla palla ovale, probabilmente i tempi non sono maturi per un’opera che ne ripercorra la storia politico-sociale dalle origini ad oggi, sul modello di quelle di Papa e Panico sul calcio, di Saverio Battente e Tito Menzani sulla pallacanestro, di Daniele Serapiglia sulla pallavolo, di Sergio Giuntini sull’atletica o di Stefano Pivato e Daniele Marchesini su bicicletta e Giro d’Italia. Se però restringiamo lo sguardo al ventennio fascista la situazione cambia e i volumi di Lucchese e Ruzzi rappresenteranno due letture imprescindibili per chiunque vorrà intraprendere quest’impresa.

Non è peraltro un caso che i primi lavori seri sulla storia del rugby italiano si occupino proprio del periodo fascista. Come scrive Felice Fabrizio nella prefazione del volume di Lucchese: «Il ventennio ha impresso sulla disciplina il marchio di sport fascista per antonomasia, uno stigma che accompagnerà, rallentandola, l’evoluzione del rugby italiano nel dopoguerra» (p. 9).

I due volumi sono molto diversi tra loro per dimensione, tematica e approccio. Il libro di Lucchese, molto agile, è anche un libro di storia locale dello sport in quanto si concentra, come ricorda il sottotitolo, sugli esordi del rugby in Veneto, regione che dal secondo dopoguerra ha rappresentato il cuore pulsante di questo sport nella penisola. Dopo una rapida introduzione sui primi passi della palla ovale nella Penisola, il testo si concentra sulle prime esperienze regionali legate in particolare a Padova, città universitaria, e alle GIL dei capoluoghi di provincia e di altri centri importanti come Bassano. Interessante il focus su Rovigo che sviluppa immediatamente un rugby più popolare e meno legato agli studenti universitari e ai figli borghesia cittadina (pp. 34-40). Infine una parte importante del testo è dedicata alla guerra, alla Resistenza e alla ripresa nel 1945.

Quest’ultimi temi, analizzati però su scala nazionale, sono ripresi anche nel libro di Ruzzi nella seconda parte del quarto (pp. 279- 361) e nel quinto capitolo. Queste pagine, molto ricche e ben approfondite, occupano più di un quarto del libro e rappresentano un materiale prezioso anche per gli studiosi non interessati esclusivamente alla palla ovale.

Più in generale l’imponente libro di Ruzzi è per molti versi meno interpretativo e più descrittivo di quello di Lucchese, soprattutto nel secondo e nel terzo capitolo in cui ricostruisce minuziosamente la storia dei campionati e della nazionale. Il primo capitolo è un breve accenno alle «radici», il sesto vede una riflessione sul «rapporto controverso» fra «rugby e fascismo», mentre nel già citato quarto capitolo, dedicato agli intrecci fra «rugby e regime», si trova un’accurata ricostruzione delle vicende federali. Se proprio dobbiamo segnalare un difetto a un libro in ogni caso destinato a fungere da punto di riferimento per chiunque andrà a confrontarsi con la storia del rugby in Italia, questo riguarda la bibliografia. Per un volume di questa mole la letteratura secondaria appare un po’ lacunosa e stride invece con la ricchezza e la profondità della ricerca svolta sui giornali e negli archivi. Sempre a proposito di fonti, è significativo che entrambi i lavori abbiano attinto molte informazioni dal fondo Luca Raviele, collezione recentemente depositata al Museo delle Civiltà di Roma, presso cui dall’ottobre 2020 al settembre 2021 era stata allestita anche la mostra Rugby. Le origini, curata da Claudio Mancuso.

All’alba del centenario della Federazione Italiana di Ruby, che si celebrerà nel 2028, considerando anche la sua recente affiliazione alla Società Italiana di Storia dello Sport, sembrano esserci tutti i presupposti affinché si apra una proficua stagione di studi sulla disciplina, anche grazie al contributo che questi due volumi hanno dato per rintracciare nuove piste di ricerca.