Matteo Monaco, La problematica politica del tempo libero. Democrazia Cristiana e sport nel secondo dopoguerra (1943-1960)

Roma, Aracne, 2021, 214 pp.

Giacomo Maddaloni

Università di Pisa



Questo libro di Matteo Monaco, dottore di ricerca in Storia dell’Europa e membro della Società italiana di storia dello sport, pubblicato per la prima volta nel luglio 2021, pone l’attenzione sul modo in cui il principale partito italiano del dopoguerra, la Democrazia Cristiana, volle approcciarsi al fenomeno sportivo e alla sua gestione.

Dopo un breve accenno alla concezione di tempo libero nella storia e allo sviluppo dell’idea di sport inteso come svago, l’attenzione viene posta su alcune tematiche istituzioni, quali la riconversione e democratizzazione di tutti quegli istituti sportivi o legati al tempo libero che erano stati creati dal fascismo o fascistizzati da esso: tra questi ovviamente la GIL, l’OND e il CONI. I primi due, pur cambiando nome, mantennero sostanzialmente la stessa connotazione, in quanto, ad esempio, anche per il nuovo dopolavoro repubblicano, denominato ENAL (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori), l’obiettivo doveva essere quello di incanalare i lavoratori verso passatempi “appropriati”, i quali avrebbero attenuato le tensioni di classe. Particolare attenzione è poi posta sul CONI e sul ruolo del suo commissario Giulio Onesti, il quale si rifiutò di scioglierlo in quanto tale istituzione non era stata una diretta creazione del regime fascista: tra le altre cose egli chiese che le scommesse sportive venissero disciplinate dall’Ente stesso, così da garantirgli maggiori introiti e garantire in tal modo lo sviluppo dello sport, in quanto, come sosteneva anche Giulio Andreotti, politico maggiormente vicino ad Onesti e al CONI, lo Stato non sarebbe stato in grado di erogare denaro per lo sviluppo delle attività sportive.

Dopo aver quindi portato avanti questa analisi, l’autore si sposta sul tema centrale di questo lavoro, ovvero su quelle organizzazioni, diretta emanazione della DC, preposte a svolgere un lavoro all’interno dell’ambito sportivo e del tempo libero. La prima ad essere trattata è il Centro Sportivo Italiano (CSI), il quale pensò lo sport come uno strumento di grande validità anche per lo sviluppo della pastorale e per l’apostolato: in occasione del suo terzo Congresso nazionale nel 1951, infatti, venne affermato che lo sport dovesse essere un mezzo per un fine, ovvero l’educazione di tutti attraverso l’attività sportiva. A sostenere questa visione vi era anche Papa Pio XII, che venne infatti definito «Papa degli sportivi» (p. 142). Questa concezione dello sport, cristianamente inteso, poteva infatti destare sentimenti di lealtà e aiutare ad avvicinarsi a Dio.

Lo sport, inoltre, venne utilizzato dalle organizzazioni collaterali della DC anche in funzione propagandistica, come venne fatto in modo evidente dal Centro Sportivo Libertas (CSL), fondato nel 1944. Come Monaco ricorda, già nel Bollettino della direzione del partito del 1947 venne evidenziato come la Libertas fosse uno strumento per giungere ad una effettiva democratizzazione dello sport in Italia dopo il Fascismo. Il consolidamento del Centro Libertas, tuttavia, doveva passare per un miglioramento organizzativo e attraverso l’acquisizione di immobili che potessero favorire l’attività fisica. Scopo del centro era quindi quello di fare da spalla alla Dc in funzione propagandistica e divenire un perno nella diffusione della cultura sportiva nelle varie fasce sociali. Risultava inoltre importantissimo legare il Centro Sportivo Libertas alle periferie, dove storicamente erano invece più forti quelle organizzazioni vicine al Movimento Sociale Italiano ed al Partico Comunista: da un lato quindi la volontà era quella di bloccare l’avanzata di eventuali propaggini sportive di destra e sinistra, mentre dall’altro il CSL voleva divenire l’unica associazione sportiva dei territori, oltre ad essere, insieme al CSI, uno dei pochi poli d’attrazione per i più giovani. Venne comunque sottolineato come il ruolo di quest’ultimo fosse più legato alla parrocchia e avesse un campo d’azione «ricreativo spirituale» (p. 168), mentre la Libertas rivendicava di essere a tutti gli effetti un’associazione politica.

Questo libro di Matteo Monaco si pone quindi l’obiettivo di mostrare come la Democrazia Cristiana abbia prestato attenzione alle tematiche sportive nel secondo dopoguerra, da un lato con il lavoro del CSI, dedito ad avvicinare i giovani alle virtù cattoliche, dall’altro con l’azione del Centro Libertas, il quale svolgeva invece una doppia attività, sportiva e politica: esso finì per essere così importante nelle dinamiche interne della Democrazia Cristiana tanto che il suo Delegato Nazionale finì per prendere parte attivamente, con diritto di voto, ai Consigli nazionali del partito. Ciò sta a confermare la grande importanza che lo sport continuò ad avere anche nell’Italia Repubblicana, anche e soprattutto in funzione politica.