Marco Ansaldo, Renzo Parodi, Il bacio al pallone
Genova, Il Canneto, 2021, 147 pp.
Simone Galdi, Wembley 1992. Il Doria e l’ultima Coppa dei Campioni
Imola, Battaglia, 2022, 194 pp.
Carmine Marino
Società Italiana di Storia dello Sport
Il trentesimo anniversario dello scudetto della Sampdoria, celebrato nella primavera del 2021, ha fatalmente riacceso l’interesse per una delle più sorprendenti imprese della storia recente del calcio italiano. Una rievocazione culminata in un documentario diretto da Marco Ponti, La bella stagione (2022), a sua volta ispirato all’omonimo volume edito da Mondadori che raccoglie le voci dei protagonisti di quell’avventura, e in due pubblicazioni che, da angolazioni diverse, hanno cercato di carpire i segreti della squadra blucerchiata: Il bacio al pallone di Marco Ansaldo e Renzo Parodi e Wembley 1992 di Simone Galdi. Una premessa necessaria prima di esaminare nel dettaglio i due volumi: per quanto ricche di spunti e aneddoti sovente gustosi, entrambe le opere appaiono oltremodo sbilanciate sul versante cronachistico, lasciando colpevolmente in subordine le ragioni profonde di una storia di successo rimasta pressoché senza pari fino ai giorni nostri. Un limite che si avverte in maniera evidente soprattutto ne Il bacio al pallone, scritto da due giornalisti che pure hanno seguito da vicino le vicende della «Samp d’oro» negli anni della presidenza di Paolo Mantovani (1930-1993). A partire dall’esperienza di Roberto Mancini sulla panchina della Nazionale italiana, documentata fino alle soglie dell’Europeo poi vinto dagli azzurri, i due autori indugiano sulle analogie tra il cammino vincente di quella Sampdoria e la (breve) rinascita dell’Italia propiziata dalla presenza nello staff di alcuni protagonisti dello scudetto, su tutti Gianluca Vialli (1964-2023) nel ruolo di capodelegazione. Un parallelismo senz’altro intrigante ma sviluppato in maniera disorganica nelle pagine del libro, in cui le velleità agiografiche sovrastano ogni tentativo di contestualizzazione storica, con la parziale eccezione del capitolo in cui Parodi descrive a grandi linee la difficile situazione socio-economica della città di Genova all’alba degli anni Ottanta, quando Mantovani gettò le basi per portare la Sampdoria nel salotto buono del calcio italiano e internazionale. Come se non bastasse, Il bacio al pallone appare particolarmente approssimativo anche nell’analisi in retrospettiva dei fatti del campo: la ricostruzione delle tappe principali della cavalcata tricolore, per esempio, non contempla neppure una sommaria disamina sulle rivali dei blucerchiati e sugli altri episodi salienti del campionato 1990/91.
Se Il bacio al pallone segue la traiettoria dell’orgoglio ritrovato, Wembley 1992 prova invece a ricomporre l’orgoglio ferito nella notte della finale di Coppa dei Campioni vinta dal Barcellona sulla Sampdoria. Il diario di bordo stilato dal giornalista Simone Galdi non ripercorre soltanto le tappe dell’avventura europea dei doriani, ma è anzitutto un atlante sentimentale del calcio e delle sue icone perdute e infine ritrovate. Nonostante le inevitabili concessioni alla nostalgia, in parte giustificate dalla fede calcistica dell’autore, Wembley 1992 (pubblicato per la prima volta nel 2018 per i tipi di Boogaloo Publishing e poi ristampato proprio in concomitanza con il trentennale di quella sfortunata partita) dà voce a protagonisti e avversari di quella Sampdoria che chiuse il suo ciclo vincente la sera del 20 maggio 1992 a Londra. L’unanime riconoscimento agli uomini allenati da Vujadin Boskov (1931-2014) si intreccia nel testo con l’omaggio a un calcio non ancora toccato dalla rivoluzione delle pay-tv e dagli effetti della sentenza Bosman. Anche in questo caso, però, manca una ricostruzione d’insieme che consenta di comprendere fino in fondo lo “specifico” di un club che, fino alla seconda metà degli anni Ottanta, visse all’ombra delle grandi squadre metropolitane prima di collezionare 7 titoli in meno di un decennio. D’altra parte, però, Galdi si sforza di accorciare le distanze tra lo sport e i tornanti più delicati della storia di fine Novecento, primo fra tutti la guerra dei Balcani, che condizionò non poco il rendimento in Coppa dei Campioni della squadra detentrice del trofeo, la Stella Rossa di Belgrado, poi eliminata dai blucerchiati nel girone di semifinale. A questo proposito, vale la pena di segnalare le testimonianze di due calciatori che avrebbero poi vestito i colori doriani nella loro carriera, Vladimir Jugovic e Sinisa Mihajlovic (1969-2022).