Prima del radioso avvenire sportivo
Le pratiche sciistiche nella Russia tardo-zarista, fra loisir e campionismo
Andrea Franco
Università di Modena e Reggio Emilia
Indice
Introduzione: il “senso dei Russi per la neve”
Le prime associazioni sciistiche di epoca tardo-zarista
Verso una maggiore diffusione della pratica sciistica e i primi campioni
Abstract: The article examines the early history of skiing organisations in pre-revolutionary Russia, analysing their social structures as well as the historical roots of the ancient Russian skiing tradition. The main objective is to comprehend the socio-cultural context of skiing in Russia, with a particular emphasis on the historical significance of its practice and the individuals involved in it. Moreover, the article explores the establishment of the first competitive events and the achievements of the first Russian champions, providing a comprehensive overview of the development of the sport in the Russian context.
Keywords: Sci, Giochi Nordici, Olimpiadi
Introduzione: il “senso dei Russi per la neve”1
Lo sci è uno strumento antichissimo, le cui funzioni e la cui struttura materiale furono escogitate dalle popolazioni boreali e da quelle situate nelle aree continentali fredde, in tempi risalenti a diverse migliaia di anni prima di Cristo. La sua funzione primaria fu legata, per lunghe ere, segnate da una scarsa evoluzione tecnologica e da una sostanziale continuità degli scopi per cui questi strumenti erano utilizzati, alle necessità delle genti delle terre del Nord di cacciare le prede lungo i terreni innevati, e di seguire il bestiame di allevamento nelle lunghe transumanze.
Solamente a partire dall’età definita medievale per convenzione europeo-occidentale, lo sci acquisì delle nuove funzioni in ambito militare, che vennero così ad assommarsi a quelle pregresse, divenendo lo strumento che permetteva a gruppi di soldati, debitamente addestrati, di compiere delle sortite – improvvise e micidiali – ai danni di nemici maggiormente legati a strategie di guerra tradizionali, le quali si rivelavano immancabilmente più lente e macchinose sulla neve2. Questo mutamento di prospettiva, che congiungeva lo sci all’orgoglio militare, favorirà un processo di identificazione dello sci come fondamento dei sentimenti patriottici, presso quelle popolazioni che avevano saputo dimostrare la propria superiorità in battaglie – a propria volta entrare a far parte dell’èpos nazionale – o comunque in episodi storici fondamentali ai fini del percorso storico nazionale. Caso evidente fu quello delle monarchie scandinave: in Norvegia, il ratto da parte dei Birkebeiner dell’erede al trono, l’infante Håkon IV, avvenuto nel 1206, sta alla base della fondazione della dinastia regnante; tale avvenimento è stato rappresentato in chiave artistica da Bergslien, nel 1869, e il tragitto della folle corsa dei partigiani del re in fasce è divenuta, a partire dal 1932, il percorso della Birkebeiner Renner, la classica granfondo. Parimenti, anche per la monarchia svedese fu un atto di rivolta compiuto sugli sci a divenire fondativo dello Stato-nazionale: nel 1523, il futuro re Gustav Vasa tentò di sobillare le popolazioni rurali della Dalarna contro il dominio danese, il quale durava dal tempo dell’Unione di Kalmar (1397). La sua corsa sugli sci, compita lungo i 90 km che intercorrono fra Sälen e Mora – evento che avrebbe portato alla fine del pan-scandinavismo, sotto l’egida danese, e la rinascita della monarchia svedese –, viene celebrata ogni anno, sin dal 1922 in occasione della regina delle granfondo sciistiche, denominata infatti Vasaloppet (“la corsa di Vasa”).
Lo sci è presente anche nella storia della cultura slavo-orientale da tempi lontani, seppur in forma meno decisiva in un senso politico di quanto non lo sia per i Paesi Nordici. Risale all’inizio del XII secolo la prima menzione degli sci rinvenuta in questo contesto geografico: la parola lyži, originariamente affiancata nell’uso dal termine narty (in seguito decaduta nell’uso) è contenuta nell’epistola inviata dal Metropolita di Kiev/Kyïv e di tutta la Rus´ Nikiforov al Gran Principe Vladimiro II Monomaco3.
Successivamente, nella “Cronaca di Nikon” (1444) troverà spazio la descrizione della vittoria dell’esercito moscovita, in cui erano inquadrate anche delle truppe di sciatori, contro l’esercito dell’Orda d’Oro, condotta da Mustafa, in occasione della difesa di Rjazan´. Una ulteriore testimonianza di un uso precoce, a fini militari, dello sci, è dato dalla composizione pittorica di Sergej Vasil´evič Ivanov, artista appartenente al gruppo dei Peredvižniki (“Gli Ambulanti”), intitolata La marcia dei Moscoviti e portata a termine nel 1903: lato sensu, l’inizio del Novecento costituisce la coda di quell’epoca, connessa al Romanticismo, in cui le arti avevano perso a ripensare e a reinterpretare gli avvenimenti fondativi della nazione. L’opera si riferisce alle campagne belliche condotte da Ivan IV contro i Tatari, risalenti agli anni Cinquanta del XVI secolo: il quadro mostra le truppe moscovite muoversi con maestria sugli sci – oltre che a cavallo e su slitta4. Allo stesso modo, anche all’epoca di Pietro I e di Caterina II, l’esercito zarista disponeva di reparti specializzati formati da tiratori sugli sci5. A fortiori, queste tradizioni militari verranno corroborate per effetto delle necessità di modernizzazione degli eserciti e delle tecniche di guerra6.
Una testimonianza dell’uso degli sci a fini civili nel Gran Principato di Moscovia è deducibile dalla pianta della città di Mosca, ad opera di Braun e Hogenberg, autori del Civitates (1590), una sorta di atlante illustrato dell’Europa del tempo, riecheggiante il Rerum Moscoviticarum commentarii, scritto a inizio Cinquecento da Sigmund Von Herberstein: «sul lato destro sono chiaramente visibili illustrazioni di sciatori e di slitte»7, in quanto elementi della quotidianità del tempo invernale.
Ve n’è abbastanza per dedurre che la familiarità delle genti slave-orientali con lo strumento sciistico fosse profonda, e attingesse le proprie radici in epoche lontane, e anche che la pratica sciistica e dei giochi sul ghiaccio e sulla neve fosse stata storicamente comune. Tracce indirette di quello che potremo definire il “senso dei Russi per la neve” – parafrasando Peter Høeg - sono rintracciabili nei riti, talora di matrice pagana, legati a celebrazioni popolari e festive, quali ad esempio quello della maslenica (festività simile a quella del carnevale europeo-occidentale). L’immagine più celebre – quasi una sorta di icona – relativa a questi riti tardo-invernali è opera dell’artista Vasilij Ivanovič Surikov La presa della città di neve (1891). In questa l’artista mette in scena in modo plastico una delle più celebri tradizioni russe, in cui i figuranti si sfidano sulla slitta e a cavallo, in occasione della festa popolare, organizzata nel villaggio di Bazaicha, presso Krasnojarsk, città di fondazione cosacca8. Quindi, in Russia – similmente a quanto avveniva nei Paesi caratterizzati da un clima freddo – erano stati escogitati anticamente degli strumenti su cui muoversi per cacciare, eppure la presenza abituale della neve era anche considerata un’occasione di svago, per profittare del quale esistevano strumenti specifici (sci, pattini, slitte), e occorreva affinare delle abilità fisiche e tecniche adatte a quell’ambiente.
In sostanza, se volessimo paragonare la tradizione sciistica dell’epoca medievale e moderna propria della cultura del tempo della Moscovia e, poi, dell’epoca zarista, con quelle degli altri Paesi nordici, saremmo indotti a concludere che, da un lato, la pratica pre-sportiva dello sci nell’area russa fu come minimo altrettanto precoce che nei Paesi del “Norden” (Scandinavia e Finlandia, secondo la definizione, onnicomprensiva, di matrice svedese e norvegese) e, dall’altro, che conobbe uno sviluppo finalizzato alla guerra, secondo solo a quello delle truppe specializzate norvegesi, inarrivabili nella loro maestria. Ciò che in Russia risulta meno sviluppato che nei Paesi Nordici consiste esclusivamente nell’assenza di figure mitologiche e di avvenimenti fondativi della storia patria legati alla maestria sugli sci9.
Le prime associazioni sciistiche di epoca tardo-zarista
Lo scopo di questo paragrafo è quello di analizzare l’organizzazione e le finalità delle associazioni sciistiche dell’epoca tardo zarista, le forme della socializzazione, i loro organigrammi e i primi campioni emersi al loro interno. L’obiettivo è quello di ricostruire uno spaccato di storia sociale e culturale, per comprendere le ragioni e i modi dell’avvicinamento di settori della società – dapprima esili, ma presto in veloce crescita – alle attività sportive sulla neve.
Prima di cominciare tale disanima, occorre rimarcare come la storia plurimillenaria dello sci avesse cambiato direzione agli inizi dell’epoca contemporanea, parallelamente al modificarsi del gusto e dei costumi: lo sci continuò infatti ad essere uno strumento atto alle attività militare, nei contesti estremi delle Alpi e del Nord-Europa ma, al contempo, presero a diffondersi le pratiche del loisir invernale benché, dapprima, limitatamente a quelle aree in cui lo sci era una pratica già familiare e comune a molti.
A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, in tutta Europa nuovi fermenti culturali ed economici favorirono un cambiamento del sistema valoriale, e del modo di considerare il significato del tempo libero. I ceti sociali alto-borghesi, a partire dall’Inghilterra vittoriana, iniziarono a trarre beneficio dall’onda lunga della Rivoluzione industriale, ottenendo come favorevole contropartita una quota progressivamente crescente di tempo libero. Questo tempo libero, di per sé un contenitore per molti versi nuovo, fu riempito sempre più spesso dalle attività ginniche, dai giochi e dai cimenti propri del club per gentlemen10 – non di rado rielaborazioni e codificazioni rigorose di antiche pratiche ludiche diffusesi nei vari angoli d’Europa. Il nuovo valore sociale dello sport è definibile nei termini antico-greci di kalokagathia: l’homo novus dell’Inghilterra vittoriana e, di lì a poco, tutti i membri delle classi medie e alte d’Europa (ma, di lì a poco, anche la working class) iniziarono a dedicarsi a pratiche sportive e ricreative che riempirono di nuovi significati il loro loisir, sulla scorta dell’influenza delle nuove mode e dei valori dell’epoca11.
Questo contesto fu segnato dall’esperienza maturata da parte di soggetti nuovi, in grado di interpretare lo Zeitgeist, coniugando con la tradizione dello sci con il gusto moderno, ardimentoso e caratterizzato da una preparazione fisica sempre più specializzata. Fondamentale al fine della diffusione della nuova moda dello sci fu l’impulso dato dal norvegese Sondre Norheim12 (1825-1897): le sue innovazioni tecnologiche, atte a migliorare il sistema dell’attacco con le calzature, permisero un uso più efficiente dello strumento sciistico, che fu apprezzato soprattutto dai nuovi sportivi di tutti i livelli – dagli intraprendenti sciatori dilettanti, come Arthur Conan Doyle (1859-1930)13, come pure dagli esploratori esperti, eredi di una antica tradizione, come Fridtjof Nansen (1861-1930)14. Lo sci era divenuto uno strumento di loisir, al contempo nuovo ma anche connesso ad una storia antica, sebbene ormai risultasse poco o per nulla legato direttamente alle antiche prassi e modalità d’uso (permaneva più che altro la sua funzione militare, al fianco a quella finalizzata allo svago).
Nell’Europa fin de siècle, lo sport e i giochi atletici andavano assumendo una notevole rilevanza culturale e sociale: il momento apicale di tale sviluppo fu segnato dall’azione di Pierre de Coubertin il quale – attraverso la fondazione del Comitato Olimpico Internazionale (1894) – seppe coniugare gli agoni della Grecia classica con le pulsioni dei tempi nuovi. La Russia zarista fu partecipe di tali sviluppi, ma allo stesso tempo non ne fu una protagonista assoluta. Da un lato, dirigenti sportivi e pedagogisti russi furono partecipi delle fasi costitutive del movimento sportivo internazionale, in particolare grazie all’attivismo di Aleksej Dmitrevič Butovskij (Butovs´kyj, 1838-1917), membro della prima formazione del CIO, e successivamente massimo artefice della creazione del Comitato Olimpico Panrusso (1912); dall’altro, probabilmente in ragione di una presenza soltanto esigua all’interno della Russia zarista del ceto alto-borghese (il più diretto interprete del nuovo clima culturale incline alla “moda” dello sport), rimase tutto sommato ai margini dello sviluppo del movimento sportivo d’élite, annoverando una presenza solo sparuta di campioni di primo livello.
Nel contesto tardo zarista, San Pietroburgo ospitava già dalla fine dell’Ottocento numerosi contingenti di militari-sciatori: la pratica sportiva dello sci si diffuse solo nel corso dell’ultimo decennio del XIX secolo, slegandosi dalle pratiche militari, e segnando un certo qual ritardo rispetto alla diffusione dello sport sciistico che si andava affermando nei Paesi del Nord dell’Europa. Infatti, sulla base delle fonti, che fanno essenzialmente riferimento alle cronache sportive riportate nei quotidiani del tempo, risulta – non senza qualche contraddizione e incertezza, che coinvolge anche le date relative alle prime competizioni- che la prima competizione sciistica svoltasi sul territorio zarista ebbe luogo a San Pietroburgo, sulle acque gelate della Neva, dal Ponte San Nicola alla Piazza del Senato, il 13 febbraio del 189415. Si potrebbe indirettamente arguire che questa probabile primazia della capitale imperiale sia il frutto dell’originaria maggiore preminenza in ambito sportivo della città baltica sull’antica capitale russa, testimoniata dalla precoce organizzazione di associazioni e sodalizi, di impronta ancora aristocratica, impegnati soprattutto nella pratica e nella diffusione degli sport remieri, della vela e del tennis16. Di lì a breve, in fatto di sci, questa tendenza verrà sovvertita: i club moscoviti, e le competizioni da loro organizzate, diverranno progressivamente preminenti sulle attività pietroburghesi, preludio, questo, della centralizzazione dello sport di vertice propria dell’epoca sovietica, maggiormente incentrata su Mosca. Le cronache hanno conservato il nome del vincitore, Derevickij17, sottraendo così tale figura dall’oblio che grava sullo sport dei primordi. Le cronache del tempo riportano la notizia secondo cui la seconda classificata sarebbe stata una donna, tale “signora Ju. Kamenskaja” – dato che contraddice la tendenziale preclusione nei confronti delle donne in relazione all’accesso allo sport pionieristico.
Secondo una interpretazione alquanto diffusa nella storiografia russa specializzata sull’argomento, è lecito ipotizzare che, in relazione alla diffusione dello sci, San Pietroburgo sia stata in un primo momento beneficiata dalla prossimità con la Finlandia – al tempo una Provincia dell’Impero zarista, dotata di forte autonomia – cosa che permise l’espansione della moda dello sci, e l’importazione degli sci nella Russia propriamente detta, dove ancora era assente una produzione di carattere industriale di tali strumenti. In Finlandia, così come negli altri Paesi del Nord, la pratica dello sci era già da tempo molto diffusa fra gli appassionati: potremmo definirlo un passatempo di massa che stava già forgiando i primi campioni, emersi in occasione delle competizioni, che raccoglievano un pubblico appassionato e sempre più numeroso. A Helsinki, ad esempio, veniva ricavato ogni inverno un ampio circuito adibito allo sci, in riva al mare; sempre al Nord, ma in Norvegia, i cimenti sciistici si erano diffusi da tempi ancora più lontani: nel Settecento già esistevano delle competizioni di “pattuglia militare” (il precursore del moderno biathlon), e dalla seconda parte dell’Ottocento le gare per i civili si erano diffuse e radicate in tutto il Paese18, sino a che, a partire dal 1883, le manifestazioni organizzate movimento sciistico norvegese culminarono con l’organizzazione del grandioso Skifestivalen di Holmenkollen, da quel momento in avanti la “madre di tutte le competizioni” di sci nordico19.
I primi sci sportivi diffusisi in Russia provenivano per lo più dalla Finlandia, come accennato, oppure venivano importati dalla Svezia; la loro lunghezza superava i tre metri, e i bastoni eccedevano l’altezza dello sciatore20. Per la produzione delle prime scioline di tenuta occorrerà attendere sino ai primi anni del Novecento, con il favore dello sviluppo della chimica. Similmente, il medesimo, intenso contatto con l’elemento finlandese aveva favorito, soprattutto a Pietroburgo, l’ancor più precoce sviluppo del pattinaggio su ghiaccio (di figura e di velocità), che ebbe in Nikolaj Panin-Kolomenkin – vincitore dell’unica medaglia d’oro russo-zarista olimpica, nel 1908 – il vertice di un movimento di eccellenza molto solido e sviluppato21. Al tempo non erano ancora stati ideati i Giochi Olimpici invernali, la cui prima edizione si sarebbe svolta solo nel 1924 a Chamonix, e tuttavia i Giochi si svolgevano nel corso di svariati mesi, essenzialmente in veste di manifestazioni ancillari rispetto alle Esposizioni Universali (in particolare, le edizioni di Parigi del 1900, Saint Louis 1904 e Londra 1908): in tal modo, era possibile dare forma anche ad alcuni cimenti di stampo prettamente invernale.
Un altro atto decisivo alla volta di un ulteriore sviluppo e radicamento del movimento sciistico pietroburghese fu l’istituzione della prima società per lyžebežcy22, ovvero il Kružok Ljubitelej Lyžnogo Sporta Poljarnaja Zvezda (“Circolo degli Amatori dello Sci Stella Polare”), fondata nel 1897, e dapprima caratterizzata da una struttura minima ma, nel giro di poco più di dieci anni, capace di esercitare una buona forza attrattiva, e di variare l’offerta a beneficio degli iscritti (dalle uscite su lunghe distanze agli inviti rivolti agli sciatori di Mosca, Archangel´sk e Perm´)23. La Poljarnaja Zvezda sciistica ha conservato e pubblicato i più antichi verbali delle elezioni delle sue istituzioni interne, i nomi degli iscritti – fra cui si distinguevano i membri a titolo onorario –, e il simbolo, ovvero una stella a cinque punte, rossa, indicante il nome del club. La quota annua d’iscrizione variava dai 5 agli 8 rubli, rendendo di fatto l’associazione accessibile ai soli membri facoltosi, provenienti dai ceti privilegiati per diritto di nascita, oppure dalla sempre più dinamica borghesia. Era reso possibile partecipare alle attività come ospiti esterni, non iscritti al circolo, con obbligo di versare 1 rublo. Le masse russe, in altre parole, rimasero estranee allo sci in epoca zarista sia per il loro scarso interesse verso queste attività, sia per il carattere sostanzialmente esclusivo infuso alle stesse da parte del sistema dirigenziale24. Inoltre, la prima stesura dello statuto escludeva le donne dalle pratiche sciistiche – forse per timore che atlete del livello della Kamenskaja potessero insidiare la supremazia maschile; ciononostante, come dimostrano i risultati delle competizioni interne ai primi circoli, tali preclusioni venivano talora aggirate.
Allo scopo di attrarre un numero maggiore di iscritti, venivano anche organizzate delle serate danzanti e dei concerti all’interno del circolo25.
Scorrendo l’organigramma del circolo, nella sua forma primigenia, si rinvengono molti nomi di origine tedesca e anche svedese: nel primo caso, con ogni probabilità, si trattava di soci provenienti dall’aristocrazia o dall’alta borghesia tedesco-baltica, e nel secondo di Finno-Svedesi risiedenti nella capitale imperiale. In entrambi i casi, si trattava di ceti privilegiati, storicamente posti sulle posizioni di vertice della società russa – e, in particolare, pietroburghese –; ciò rimarca, indirettamente, come lo sviluppo a livello di massa dello sci, nella Russia tardo-zarista, fosse stato ostacolato dal fatto che i costi di questa pratica sportiva fossero elevati, appannaggio ancora delle sole élites economiche e sociali. Tale preminenza di elementi tedeschi e di origine finno-svedese caratterizzerà quasi per intero la fase delle origini dello sci russo.
La società organizzava delle competizioni interne ma, soprattutto, era dedita ad approntare delle escursioni sciistiche. Mete privilegiate di questi allenamenti sportivi, aventi anche delle finalità ricreative, pedagogiche e salutistiche in contesti naturali di pregio, si indirizzavano tendenzialmente lungo la Neva, oppure verso le periferie nord-occidentali della città, ossia verso le prime propaggini della Carelia – come si può intuire anche scorrendo alcuni fra i toponimi più ricorrenti: Jukki e Pargolovo, località che diverranno i punti di riferimento dello sci pietroburghese e, in epoca sovietica, leningradese. Lì verranno organizzati i primi embrioni dei centri fondo pietroburghesi, con piccoli spogliatoi, e rimesse per gli sci (con la possibilità di acquisto, come pure di noleggio). In entrambe le località, Jukki e Pargolovo, verranno creati dei trampolini per il salto (l’altra specialità dello sci a tallone libero, ovvero nordico), pure se ciò non favorirà mai un autentico sviluppo della pratica del salto, rimasta poco sviluppata sia nella Russia pre-rivoluzionaria che in quella sovietica, nonostante gli sforzi posti in essere dai cittadini di origine svedese e finlandese presenti nelle prime forme di associazionismo sciistico pietroburghese.
A Mosca, nel frattempo, svedesi e finlandesi avevano dato forma alle prime competizioni di salto dal trampolino a Carycinskij Park e a Zvenigorod26.
Stranamente, nessuno fra i luoghi dello sci russo sin dei primordi risulta pervaso da un’aura semi-sacrale, come presto sarebbe toccato a Holmenkollen e ai luoghi della Birkebeiner rennet in Norvegia, a Falun e ai siti della Vasaloppet in Svezia o a Lahti, in Finlandia, oppure ancor in alcune località al di qua e al di là delle Alpi. In effetti, successivamente, tutto l’immenso Paese diverrà nel suo complesso un territorio di elezione per lo sci, con una forte valorizzazione delle località ultra-uraliche (specie in epoche più recenti), ma rimarrà essenzialmente sprovvisto di un luogo capace di una forte attrattiva simbolica. Forse proprio con l’intenzione di riparare a questo torto, in occasione del restyling iconografico di cui la Federazione Russa dovette occuparsi nel corso degli anni Novanta, l’amministrazione di Pargolovo ha inserito nei propri simboli l’immagine di uno sciatore e di un paio di sci, caso che viene celebrato dalla stessa come unico al mondo27.
Nonostante la non facile accessibilità dello sci da parte dei ceti meno abbienti, nel primo decennio del nuovo secolo la socialità degli abitanti della capitale pareva essere notevolmente mutata grazie alla nuova (e al contempo antica) pratica dello sci, a voler dar credito alle parole dello scrittore Nikolaj Breško-Breškovskij (1874-1943), secondo il quale si vedevano talmente tanti sciatori, a San Pietroburgo, che a suo dire non pareva neppure di essere in Russia, ma piuttosto in Norvegia, o in Svezia, o in Italia, oppure ancora in una vallata svizzera! Queste parole possono forse suonare paradossali alle nostre orecchie, avvezze (giustamente) a considerare la Russia quale una delle patrie ancestrali dello sci nordico, forse appena un gradino sotto i Paesi del Nord; evidentemente, però, i freni economici e sociali che avevano rallentato l’espansione della pratica di massa dello sport sugli sci stretti – e che apparivano come in via di progressivo superamento – dovevano aver reso la Russia zarista, nel momento dell’invenzione dello sport come loisir – un Paese meno diffusamente legato a queste pratiche di quanto non lo fossero quelli nordici, oppure quelli alpini, per quanto inaspettato ciò possa apparire28.
Le cronache raccontano di un ultimo momento di splendore dello sci pietroburghese pre-rivoluzionario, allorquando, nel 1914, la Guardia Militare del Reggimento Izmajlovskij organizzò una competizione sciistica dal Governato di Archangel´sk sino a Carskoe Selo, residenza prediletta dalla famiglia imperiale. Un immenso drappello di sciatori, guidato dal capitano Sokolov, solcò le praterie innevate, finanche seminando il panico fra i contadini i quali, non avvezzi a simili spettacoli, temettero che si trattasse di una spedizione di polizia tesa a punirli per oscuri motivi. Nella capitale imperiale, invece, il clima fu tutt’altro: gli sciatori furono scortati da due ali di folla, e attesi solennemente da Nicola II in persona29.
Pressoché parallelamente, anche a Mosca andò sviluppandosi una tradizione sciistica che, se sulle prime dovette apparire alquanto gracile, presto avrebbe messo solide radici. Il 14 ottobre del 1894, un gruppetto formato da 13 ciclisti e da 7 escursionisti – compreso che sarebbe stato inopportuno per la loro forma fisica interrompere la pratica sportiva nei lunghi mesi freddi – fondò il Kružok lyžebežcev (“Circolo degli Sciatori”) di Mosca. Costoro decisero di conferire una veste istituzionale alle attività sciistiche, pur se ancora intese quali attività complementari rispetto a quelle predilette e usuali, ciclistiche ed escursionistiche, cui potevano dedicarsi durante la stagione estiva – così come esplicitato sin nello statuto del Circolo, per la volontà del suo primo Presidente, Fёdor Gennig30. In effetti, i ciclisti possono essere considerati gli artefici dell’istituzionalizzazione dello sci in Russia, tanto che le prime notizie a tale riguardo furono pubblicate nel «Žurnal Velosipednyj Sport» (“La rivista del ciclismo”), a tutt’oggi una delle poche fonti utili a costruire la fase aurorale del movimento sportivo sciistico russo. In quegli anni, il ciclismo russo aveva raggiunto rapidamente il vertice del suo precoce cammino: in virtù di ciò – anche per favorire gli allenamenti invernali degli atleti nell’ambito dello sport velocipedistico – la società dei ciclisti di Mosca decise di mettere a disposizione degli sciatori i propri ambienti, come gli spogliatoi e i servizi igienici31.
E pur tuttavia, nonostante la sua crescente popolarità, il ciclismo non aveva cessato di creare scandalo fra i benpensanti – in Russia come altrove –, in quanto l’abbigliamento succinto dei suoi adepti era ritenuto poco decoroso32.
Secondo la storica sovietica dello sport, Klavdija Curkan, il 19 febbraio del 1895 (altrove si trova indicata la data del 9 febbraio 1895), presso l’area di Chodynskoe Pole – situata in quella che allora era la prima periferia nord-occidentale di Mosca –, si svolse quella che, a giudizio della storica, sarebbe stata realmente la prima competizione sciistica svoltasi nel contesto dell’Impero zarista: vincitore della prova sui 3 km risultò Lindrot mentre a trionfare sulla distanza di 1 km fu Karl Peters33. Organizzatore dell’evento fu Gennig, il più attivo fra i pionieri dello sci moscovita34.
Il 25 agosto di quello stesso anno35, fu proprio Karl Peters a favorire una importante evoluzione all’interno del neonato Kružok lyžebežcev di Mosca, il cui intento era quello di dare sostegno all’attività agonistica, accanto a quella, meglio sviluppata, di tipo escursionistico e ricreativo. Il circolo cambiò anche il nome, acquisendo la definizione di Moskovskij Klub Lyžnikov – MKL (“Club degli Sciatori di Mosca”), che presto elaborò il suo primo Statuto36. A giudicare da quanto sancito dal nuovo statuto della società, la quota annua di iscrizione – pari a 2 o 3 rubli all’anno, a seconda della tipologia dei soci e di iscrizione – risultava sì sostanzialmente esclusiva, ma decisamente inferiore ai costi previsti dall’associazione sciistica pietroburghese, di cui si è detto sopra. Pur se in mancanza di chiari elementi, si sarebbe logicamente indotti a ritenere questa apertura voluta dagli sciatori moscoviti quale un tentativo di allargare almeno parzialmente il bacino dei fruitori. Costoro dovevamo nutrire la speranza di individuare qualche talento di provenienza non necessariamente aristocratica o alto-borghese, da inviare come rappresentante della società alle prime competizioni sciistiche panrusse.
Questa politiche di apertura, apparentemente improntate a maggiore accondiscendenza verso i ceti medi, furono confermata dalle attività svolte dal cofondatore del club, Ivan Pavlovič Rosljakov, il quale si impegnò in modo indefesso al fine di propagandare i benefici che l’esercizio sciistico avrebbe infuso nei praticanti: la diffusione dello sci, fra l’entusiasmo di molti e lo scetticismo di soggetti conservatori, era utile al miglioramento della salute degli individui, e questo convincimento andava propagandato presso i diversi elementi che componevano la società. L’anno seguente, grazie all’interessamento di Rosljakov, il MKL ottenne un prestigioso riconoscimento da parte del Moskovskoe Gigeničeskoe Obščestvo (“Società per l’Igiene di Mosca”)37, istituto che si fondava sulle teorie medico-pedagogiche diffuse nella seconda parte dell’Ottocento dal dottore russo Pёtr Lesgaft38.
Il 28 gennaio del 1896, Gennig organizzò una nuova gara sciistica a Mosca, una sorta di campionato sociale del MKL, disputatosi nuovamente presso Chodynskoe Pole, che si avviava a diventare il principale centro fondistico della Russia zarista39, sulla distanza di un solo chilometro, e alla presenza di soli 4 atleti (evidentemente, gli sciatori di punta del club): a prevalere fu Fogel´gol´m (Fogelholm)40.
Il 19 febbraio del 1898, il MKL, sempre sotto la guida di Gennig, organizzò una competizione sulla neve, da Malye Mytišči a Sokol´niki (alla periferia Nord-orientale di Mosca), della lunghezza di circa 15 km. La vittoria arrise ancora una volta a Karl Peters41 – cui sarebbe presto toccata una notevole carriera come dirigente e organizzatore sportivo –, davanti a tale Brilling. Anche le aree verdi intorno a Sokol´niki si sarebbero presto trasmutate in centri fondo molto frequentati dagli sciatori moscoviti: in quell’area, sin dagli anni Settanta dell’Ottocento, aveva sede una embrionale stazione sciistica, e dunque le nuove mode non facevano altro che inserirsi in una tradizione già presente, corroborandola42.
La rivista «Velosiped» (“La Bicicletta”) del 25 agosto (presumibilmente del 1898) passa in rassegna le principali informazioni desunte da un verbale di un’assemblea del MKL, alla presenza di alcuni medici, riunitisi nella sede, centralissima, di Bol´šaja Dmitrovka. La riunione cominciò con una manifestazione di gratitudine nei confronti delle organizzazioni ciclistiche consorelle, che avevano rinnovato la promessa di mettere a disposizione gratuitamente i locali presso il parco urbano Petrovskij43 (vicino alle attuali Dinamo e Leningradskij Prospekt). Alla presidenza del MKL fu confermato Rosljakov; tesoriere fu proclamato Peters (apparentemente, Vasilij Andreevič, e non Karl: c’è di che domandarsi se si trattasse della stessa persona, come si potrebbe tuttavia ritenere); alla Segreteria Beze, mentre ragioniere-contabile fu nominato Caijzer. Furono nominati “capisquadra” (starišiny, ovvero, presumibilmente, membri anziani incaricati di organizzare le gite di allenamento sulla neve) Bortman, Kolocov, Blok, August, Dombrovskij, Lundberg. Con l’occasione, furono confermate le precedenti quote d’associazione: 2 rubli per un ingresso una tantum, e 3 rubli per l’intera stagione sulla neve.
Rosljakov era stato già un organizzatore di gare ciclistiche, quando riuscì nell’intento di divenire un dirigente dello sci. La riunione che confermò il ruolo dirigenziale di Rosljakov aveva avuto il precipuo compito di confutare i pregiudizi – di natura pseudoscientifica – secondo i quali la pratica sciistica sarebbe stata nociva per la salute44. Secondo i verbali, il Presidente del MKL affermò:
sulla base della letteratura scientifica sullo sci, e sui nostri due anni di esperienza, [possiamo sostenere che] non solo lo sci non sia dannoso, ma che rafforza la salute [...]. Molti fra noi hanno riscontrato che prima avevano spesso delle infreddature, in quanto vivono sempre in ambienti tiepidi e riscaldati, ma da quando hanno rafforzato il proprio legame con madre-natura, non hanno più avuto problemi di salute45.
Nel corso dell’assise programmatica, i vertici del MKL decisero di predisporre nuove attrezzature e nuove piste presso i centri fondo di Sokol´niki e di Tverskaja Zastava; soprattutto, organizzarono il calendario delle escursioni invernali, stabilendo che gli iscritti avrebbero dovuto percorrere un minimo di 300 verste (poco più di 320 km) a stagione sugli sci. Furono stabiliti dei premi per i soci più attivi: al primo posto, al termine della stagione, si classificò Gustafson (Gustafsson - 526 verste); seconda si piazzò anche in questo contesto una donna, Ol´ga Fišer (Fischer - 493 verste); terzo fu Kol´ (Kohl - 444 verste).
Lo Statuto del 1898 stabilì, fra l’altro, la pubblicazione del bollettino annuale «Sputnik Lyžnika» (“Il Compagno di Strada dello Sciatore”), contenente informazioni sulle attività svolte e sui programmi per la stagione a venire, statistiche, risultati delle gare, e articoli sulle escursioni. Anche il MKL aveva in calendario delle serate dedicate a concerti e balli – sulla scorta di una prassi che potremmo evidentemente giudicare non rara, al tempo46.
Il MKL sembrava dunque privilegiare la pratica dilettantistica, di diporto, alla portata di tutti, rispetto alle attività elitistiche dei campioni. Tale considerazione pare essere indirettamente suffragata da un rapporto pubblicato da Gennig, teso a denunciare il fatto che il ciclismo russo, se da un lato aveva tenuto a battesimo lo sci, dall’altro stava cominciando indirettamente a danneggiarlo, stante la sua vocazione incline al campionismo e al professionismo, tra l’altro non immune da vizi sgraditi al pubblico, quali il ricorso a frequenti combines.
Il 13 (26, secondo il calendario gregoriano) gennaio del 1901, il Ministro degli Interni Obolenskij approvò il nuovo Statuto del MKL, nel cui organigramma comparivano soggetti provenienti dall’aristocrazia, come pure elementi provenienti dal ceto mercantile, e nel quale figura a questo punto un numero maggiore di cognomi russi. Sulle posizioni di vertice del MKL continuavano ad apparire alcuni fra gli eroi dello sci sportivo degli esordi, come ad esempio i fratelli Peters (nomi qui riportati sono Vil´gel´m e Andrej Andreevič); Vil´gel´m fu nominato Presidente nel corso dell’assemblea del 1901 (mentre, nel 1908, tale ruolo sarà rivestito da Gennig)47. Nel corso di quello stesso 1901, gli iscritti risultavano essere 250: troppi dovevano essere gli appassionati estemporanei, probabilmente, anche nell’ottica di un uomo dagli atteggiamenti inclusivi quale fu Gennig, se è vero che il nuovo Statuto, introdotto nel 1901/02, restrinse le regole di accesso favorendo l’iscrizione dei soli soggetti veramente motivati, che si ritrovarono ad essere ridotti ad una sola cinquantina di iscritti48.
Uno dei primi articoli del nuovo Statuto del 1901 recita: «Lo sci è un mezzo di locomozione sulla neve, salutare, piacevole e pratico»; e poi: «Scopo del MKL è quello di avvicinare i potenziali appassionati a questo sport»49. Nuovamente, il nuovo Statuto ribadiva l’opportunità di creare le aree sciistiche intorno a Mosca, e disciplinava le modalità del noleggio e della vendita di attrezzature per lo sci, senza dimenticare l’esigenza di formare un nucleo sufficientemente ampio di istruttori e preparatori. I soci si prefiggevano di organizzare escursioni e gare, ma veniva ancora una volta ribadita programmaticamente l’intenzione di approntare anche serate di danza, allo scopo di favorire la socializzazione fra i soci, ma anche l’ingresso di persone esterne alla società, con la speranza di poterle integrare all’interno del gruppo. Nella società, in questa fase, non erano ammessi né i minorenni, né le donne – evidentemente, i precoci exploits femminili non erano risultati troppo graditi – e tuttavia tale divieto fu rimosso una volta per tutte solo pochi anni dopo. Erano interdetti dalla società anche gli studenti, e così pure i membri dei livelli più bassi della burocrazia imperiale, se in servizio, e gli Junker – così come, più comprensibilmente, i detenuti in attesa di giudizio.
Negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale, lo spirito della società tese a cambiare, influenzando anche gli statuti delle associazioni sportiva. Infatti, i dirigenti presero atto della consistente pratica femminile dello sci, e il regolamento del 1910 finì con il riconoscere la parità di diritti fra i soci di ambedue i sessi. La rilevanza del circolo pietroburghese verrà sancita de facto nel 1911, allorquando questo sodalizio sciistico entrerà a far pare del neonato Vserossijskij Sojuz Lyžebežcev (“Unione Panrussa degli Sciatori”), di cui si dirà meglio in seguito50.
La fase pionieristica dello sport si caratterizzava anche per una evidente mancanza di uniformità dell’abbigliamento con cui gli sportivi si dedicavano ai passatempi sportivi. Ancora per tutta l’epoca
precedente alla Prima Guerra Mondiale, i fondisti indossavano dei normali pantaloni invernali, sotto i quali portavano delle calzemaglie di lana – come già erano soliti fare i pattinatori su ghiaccio. Le donne vestivano delle gonne lunghe e un maglione pesante. Tutti, in inverno, proteggevano il capo con comuni berretti di lana, e portavano dei guanti – anch’essi di lana, prevalentemente; quando le condizioni meteorologiche lo rendevano possibile, gli sciatori si liberavano dal fardello dei pastrani e dei paletot. In altre parole, in quest’epoca ancora sostanzialmente antesignana dello sci contemporaneo, ancora non esisteva un abbigliamento specifico per lo sci di fondo: chi praticava questo sport indossava gli abiti invernali di tutti i giorni, magari ispirandosi alle pratiche in uso nel pattinaggio su ghiaccio, sport diffusosi in Russia in epoca ancor precedente.
Come già risulta evidente da quanto sin qui argomentato, Fёdor Gennig fu una delle più eminenti figure dello sport russo delle origini, attivo in diversi settori sia come atleta polivalente, che come dirigente, e anche come giornalista e teorico dello sport negli anni della maturità. In gioventù era stato il detentore del record russo-zarista di salto da fermo, in alto e in lungo. Il quadriennio che precedette lo scoppio della Prima Guerra Mondiale segnò con buona probabilità l’apogeo del suo successo in qualità di dirigente sportivo: fu presidente sia della Moskovskaja Lyžebežnaja Liga (MLL, “Lega Sciistica di Mosca”) che del Vserossijskij Sojuz Lyžebežcev (VSL, “Unione Panrussa degli Sciatori”), e anche membro del Consiglio Imperiale dello Sport; nel 1913 fu eletto membro del Comitato Olimpico Russo, nonché Presidente del Comitato Olimpico Moscovita.
A Gennig si deve la revoca del divieto imposto alle donne di prendere parte alle organizzazioni sciistiche, oltre che la ferma determinazione di favorire l’ingresso nelle stesse di giovani di modeste origini sociali. A lui si deve il perfezionamento delle tecniche di allenamento atletico a beneficio degli sciatori e dei calciatori, oltre che il potenziamento delle organizzazioni sportive giovanili, specificatamente di quelle calcistiche.
L’epilogo della sua carriera, al contrario, fu alquanto mesto: allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Gennig si trovava in Germania in rappresentanza del Comitato Olimpico russo-zarista e, nonostante la sua fulgida fama, prese atto del clima di crescente germanofobia presente in Russia, capì che, forse, la stima che lo aveva sino ad allora circondato non sarebbe bastata a salvarlo. Infine, scelse di rimanere nella sua patria ancestrale, in quanto il suo cognome tradiva sin troppo evidenti origini tedesche51.
Il purismo dilettantistico cui era vocato il MKL, mirante a dare impulso prima di tutto alla salute e alla cultura fisica di base e, de facto, a ridimensionare le ambizioni di competitività all’interno del club, comportò il primo scisma. Un drappello di membri del MKL fra i più attivi e inclini all’agonismo, decise di mettersi in proprio, fondando nel 1901 l’Obščestvo Ljubitelej Lyžnogo Sporta (OLLS, “Società degli Amatori dello Sci”). La sede della neonata organizzazione sciistica – sulle cui basi sarebbe poi sorta, in seguito ad una lunga serie di cambiamenti di nome, la polisportiva CSKA52 – trovò alloggio presso Sokol´niki, area che già poteva vantare una certa tradizione in fatto di sci di fondo; soprattutto, l’OLLS intese coltivare un tratto più aristocratico rispetto alla società da cui era gemmata, maggiormente aperta ai ceti inferiori.
Lo Statuto fondativo dell’OLLS stabilì che, ogni anno, la società avrebbe dovuto organizzare i Campionati di Russia, i Campionati di Mosca53 e la gara sociale dell’OLLS. Questa intrapresa ebbe il merito di rilanciare lo sci d’élite delle origini54. Il 3 febbraio del 1902, finalmente, ebbe luogo il primo Campionato di Mosca, naturalmente sotto al guida della società OLLS, agguerrita e pronta a dare battaglia nell’ambito dello sci: come campo di gara, fu scelto il tragitto extra-urbano fra Sokol´niki e Puškino, per garantire la massima sicurezza ai partecipanti (25 verste o, secondo altre fonti, 32). I concorrenti, solo 6 (erano così pochi perché minime erano ancora le risorse volte al campionismo da parte dello sci russo, che aveva dato maggiore impulso alle escursioni dopolavoristiche piuttosto che al perfezionamento dei potenziali campioni?), tagliarono tutti il traguardo con tempi compresi fra le 2 h 58’ 30’’ (risultato del primo classificato), e le 3 h 15’ 15’’ (dell’ultimo a tagliare il traguardo). Peters, il rappresentante di vertice della società, nella sua veste di dirigente e organizzatore, seguì la competizione dalla slitta55. A vincere fu il giovane Remmert, risultato accolto con soddisfazione da Gennig, il quale colse l’occasione per rinnovare la sua battaglia contro coloro i quali sostenevano la teoria secondo cui lo sci sarebbe stato pernicioso per la salute dei più giovani praticanti56.
L’OLLS assunse presto una conformazione polisportiva – tratto che anticipava una fondamentale caratteristica dello sport sovietico –, attraverso la creazione di sezioni dedite all’atletica leggera, al pattinaggio su ghiaccio di velocità e alla boxe. All’interno di questa società maturarono diversi campioni: per quanto riguarda lo sci, l’eroe più celebre di questa pagina di storia sportiva sarà Pavel Byčkov, di cui si dirà poco più avanti.
Per convenzione, l’organizzazione di questo primo Campionato di Mosca, gara avente l’ambizione di favorire la maturazione dei migliori talenti, concluse il periodo del puro pionierismo dello sci russo, che sino ad allora era apparso in ritardo e incapace di reggere i ritmi della crescita infusi allo sport sciistico, che ebbe per protagonisti i Paesi del Nordeuropa. Grazie all’OLLS, il concetto di sci moderno, inteso sia come loisir che anche come pratica agonistica, prese ad irradiarsi da Mosca alla volta delle altre città dell’Impero zarista.
Verso una maggiore diffusione della pratica sciistica e i primi campioni
Lentamente, a partire dal 1905 circa, lo sci di epoca zarista compì un ulteriore, seppur timido, salto di qualità, nel pieno dell’era segnata dalle riforme approntate dal Ministro Stolypin – passata alla storia con l’appellativo di “epoca d’oro del capitalismo russo”57. In particolare, in quegli anni furono create delle nuove e migliori infrastrutture per le specialità nordiche dello sci – come per il salto dal trampolino58.
Nella primavera del 1909 fu organizzata la prima Moskovskaja Lyžebežnaja Liga (“Lega degli sciatori di Mosca”), entro la cui cornice vennero organizzate competizioni regolari, in cui si misuravano atleti provenienti da tutti i nuovi club sorti recentemente59. Nel 1910, era infatti registrata l’esistenza di club sciistici in 32 città dell’Impero zarista, prevalentemente dislocate nella parte europea: nella sola città di Mosca, esistevano ben 10 di questi circoli espressamente dediti alla pratica fondistica; nel 1910 gli iscritti al MKL – che rimaneva la principale società sciistica moscovita, affianco al più elitario OLLS – aveva raggiunto la quota di 858 tesserati, cosa che rendeva tale organizzazione una delle più importanti di Mosca60.
Nel complesso, si stima che, al termine del primo decennio del Novecento, vi fossero circa 3.000 sciatori tesserati nelle varie società moscovite61.
Cominciarono a prendere parte gli agoni sciistici anche delle società che, pur essendo sorte con tutt’altro indirizzo sportivo, stavano anch’esse acquisendo una struttura multidisciplinare, quali l’Imperatorskij Moskovskij Rečnoj Jacht Klub (“Yacht Club Fluviale Imperiale di Mosca”) e l’Union, sempre di Mosca.
Tutte queste società erano pubbliche e, come dichiarato sin dai loro Statuti, dedite all’attività amatoriale, in grado di autosussistenza, grazie agli introiti forniti dalle rette di iscrizione. Le nascenti società polisportive traevano altresì beneficio economico dagli incassi derivati dall’organizzazione di manifestazioni sportive già in grado di attrarre grandi masse (in primis, il calcio, che si andava affermando come lo sport più popolare)62.
Nel 1909, l’Imperatore Nicola II e il Comune di Mosca, guidato dal sindaco Gučkov, appassionato sportivo, dettero forma ad un atto simbolico rilevante, donando al MKL il Padiglione di Chodynskoe Pole e le aree verdi contermini, allo scopo di renderle il primo centro di aggregazione sciistica a Mosca; qui furono organizzati, a partire dal 1911, i campionati pan-russi di sci (e dall’estate del 1912 anche quelli di atletica leggera).
Nel 1910 venne alla luce l’ultimo club sciistico moscovita prerivoluzionario di forte rilevanza, il Sokol´ničeskij Kružok Lyžebenžcev (SKL, “Circolo degli Sciatori di Sokol´niki”), il quale prenderà ad organizzare, negli oramai pochi anni che precedettero la Prima Guerra Mondiale, l’incredibile competizione sciistica Mosca-San Pietroburgo (circa 730 km), cui presero parte i primi fra i più celebri sciatori russi del tempo: Nemuchin, Elizarov, Gostev, Zacharov, e anche la corse per staffette da Zvenigorod a Mosca (con traguardo proprio a Sokol´niki, per un totale di 70 verste).
In questa fase, segnata in particolare dall’attivismo di Georgij Djuperron63, le varie associazioni sportive si riunivano nella bella stagione, per organizzare allenamenti congiunti, così come anche delle competizioni di calcio, atletica, tennis e ciclismo. D’inverno, invece, gli atleti delle più diverse discipline si ritrovavano per sciare. Lo stesso MKL concorse attivamente alla formazione della Moskovskaja Liga Ljubitelej Lёgkoj Atletikoj (MLLLA, “Lega Moscovita degli Amatori dell’Atletica Leggera”) Lo specialismo assoluto era ancora lungi a venire mentre, al contempo, veniva valorizzata sia a livello teorico che pratico la complementarità fra le diverse pratiche sportive.
Il 2 gennaio del 1911 è un’altra data cardinale per l’evoluzione dello sci russo: dopo un periodo di discussioni relative alla forma e ai contenuti da infondere allo Statuto – diatribe di cui rendeva conto il quotidiano “Russkij Sport´´” del 10 dicembre del 1910 – fu infatti fondato il Vserossijskij Sojuz Lyžebežcev (“Unione Panrussa degli Sciatori”), sostanzialmente una lega atta a coordinare le attività di tutte le associazioni sciistiche della Russia zarista, avente come finalità principale l’organizzazione di campionati di livello nazionale. Il primo vincitore fu Lebedev, sulla distanza di 12 verste (con il tempo di 1h 10’); il primo soggetto che rivestì il ruolo di Presidente dell’Unione fu Fёdor Petrovič Kavskij64.
Kavskij svolse un ruolo importantissimo durante l’ultimo lustro prerivoluzionario. Era il titolare della ditta omonima di automobili, motociclette e biciclette da lui stesso fondata, con sede in via Petrovka, a Mosca, e rimasta in attività sino agli anni della NEP. Kavskij può essere annoverato fra gli imprenditori e uomini di sport all’avanguardia del suo tempo, fase storica attesa da incipienti e profondi cambiamenti, stante la sua capacità di accompagnare i nuovi gusti e le nuove tendenze. Lo stesso Kavskij era stato Presidente del Club dei Motociclisti di Mosca (MKM) e della Società Automobilistica di Mosca (MAO), ma non solo: fu in effetti un pioniere del ciclismo dei primordi, capace di imprese estreme, quali la partecipazione a competizioni quali la San Pietroburgo-Parigi (1894), la Mosca-Roma (1895) e la Varsavia-Stoccarda (1898)65.
Progressivamente, l’asticella virtuale dello sci russo iniziò a salire. Le prime competizioni sciistiche a più amplio spettro, che richiamavano i migliori sciatori dalle principali città della Russia imperiale, vennero per lo più organizzate nella periferia settentrionale di Mosca: il nuovo, attrattivo e ciclico raduno degli aspiranti campioni avveniva presso il Park imeni Petrovskogo (“Parco Petrovskij”) e, da lì, il tracciato raggiungeva Sokol´niki. La prima squadra vincitrice al Parco Petrovskij della corsa a staffetta a cinque, disputatasi nel 1910, contemplava alcuni nomi ancora oggi alla base del mito dello sci russo moderno: i fratelli Ivan e Vasilij Skuje, Pavel Byčkov, Mironov e Vartazarjanec. Intorno alla figura di Pavel Byčkov (1886-1974), in particolare, scaturì un controverso clamore, sin dagli anni dei suoi successi: nato in una famiglia povera originaria dei territori mordvini, Byčkov fu assunto come custode proprio dagli Skuje, una famiglia di imprenditori di successo. Il giovane Pavel rivolse ai suoi benestanti coetanei, Ivan e Vasilij, la richiesta di poter sciare con loro: la pratica sciistica, come si è detto, era di fatto riservata quasi esclusivamente alle classi abbienti, e tuttavia i due rampolli, educati sulla base di un modello borghese progressista, decisero di prendere Pavel con loro. I tre manifestarono sin da subito eccelse qualità sciistiche, e si distinsero pure nel ciclismo66: tuttavia, il più forte fra loro, nella pratica dello sci, si rivelò presto Pavel Byčkov67.
Il fatto che il titolo di “Primo Sciatore Panrusso” (“Pervyj Rossijskij Lyžebežec”) fosse stato conquistato proprio da Byčkov, suscitò anche le proteste di molti osservatori e organizzatori, maldisposti nei confronti di un proletario di talento: costoro accusarono indebitamente Byčkov di “professionismo”, stante il fatto che le origini sociali di basso lignaggio lo rendevano del tutto avulso rispetto al modello del gentleman amateur68. Byčkov fu tuttavia difeso da molti – anche fra i suoi avversari nello sport – dalle accuse speciose mosse dai soloni dello sci russo-zarista, e la sua vittoria venne definitivamente ratificata – oltre che replicata con merito, sugli sci, da parte dello stesso Byčkov in occasione delle successive edizioni dei campionati. Questa vicenda è emblematica dell’atmosfera alto-borghese in cui era venuta a prender forma la pratica agonistica dello sci, in epoca tardo zarista, oltre che della sua maggiore diffusione, benché presumibilmente ancora timida, presso i ceti popolari urbani: come è risaputo, questo sistema valoriale sarà radicalmente spazzato via dopo il consolidamento dello Stato sovietico, a partire dal 1922, tanto che, nel 1948, Byčkov sarà insignito – per i meriti sportivi conquistati in giovane età – del titolo di Zaslužennyj Master Sporta, riconoscimento di grande prestigio, attribuito ai più meritevoli campioni dello sport a falce e martello69.
Secondo i commentatori, le vittorie di Byčkov erano dovute – oltre che alle sue doti innate di velocità e resistenza alla fatica – a una tecnica eccelsa, molto fluida: in particolare, Byčkov seppe creare un passo allora nuovo, ideato in maniera intuitiva, ossia il “passo spinta”. Questa tecnica gli permetteva di avere frequentemente la meglio sugli atleti che, in ragione della loro elevata posizione sociale, potevano permettersi ottimi sci di provenienza scandinava o finlandese.
Il grande battesimo internazionale dello sci russo di epoca imperiale si ebbe nel 1913, allorquando la selezione zarista fu ammessa nel selezionato novero dei partecipanti ai prestigiosi Giochi Nordici (sv: Nordiska Spelen)70, antesignani delle Olimpiadi invernali: un diploma di maturità per lo sci russo, conferito dai maggiorenti dello sport scandinavo. La tradizione dei Giochi Nordici era cominciata a Stoccolma nel 1901, su iniziativa del professor Johan Widmarck e del colonnello Viktor Balck71, amico personale del barone de Coubertin72, e già fondatore del Comitato Olimpico Svedese; i Giochi Nordici furono attivamente sostenuti dai Reali di Svezia73, e organizzati sotto la direzione dell’Associazione Centrale Svedese per la Promozione dello Sport (Sveriges Central Förening för Idrottens Fränjande, SCFIF)74. La finalità di queste competizioni, oltre a mirare all’istituzionalizzazione delle pratiche sportive più strettamente correlate alla cultura del Nord-Europa, era connessa ad un certo sentimento culturale pan-scandinavista, peraltro alquanto geloso della primazia nell’ambito sciistico. Presumibilmente, la gestione di queste manifestazioni, gestite prevalentemente dai vertici dello sport scandinavo, ma con un predominio svedese, si legava anche alla volontà di evitare che la tradizione norvegese dello sci, fattasi formidabile a partire dal momento in cui aveva preso forma lo Skifestivalen di Holmenkollen, potesse surclassare i “cugini” svedesi, i quali intendevano rimarcare il loro dominio politico sulla “nazione sugli sci” – la Norvegia – anche entro gli steccati della pratica sciistica, cuore della tradizione di entrambe le popolazioni scandinave75. Svedesi e Norvegesi erano a pari titolo co-titolari del progetto dei Giochi Nordici (fino al 1905, tra l’altro, la Norvegia fu parte della corona svedese), tanto che, sulla base dell’idea originaria, tali manifestazioni si sarebbero dovute svolgere ad anni alterni nei due Paesi scandinavi76: a loro discrezione, tuttavia, potevano essere invitati Paesi terzi a cimentarsi nelle prove nordiche, purché, a giudizio degli Scandinavi, meritevoli e degni di stima sportiva77. Proprio per effetto di questo groviglio di sentimenti patriottici con la pretesa scandinava di costituire l’esclusiva patria degli sport bianchi, negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale i “Maestri” del Nord avversarono strenuamente i tentativi di apertura nei confronti dei Paesi alpini e centro-europei in genere. Il faticoso processo di legittimazione dei restanti Paesi d’Europa come degni concorrenti nelle pratiche invernali durò per lunghi anni: nonostante le iniziali titubanze di De Coubertin, prevalse la volontà del CIO – la sua creatura –, sostenuta con particolare forza dal Club Alpin Français, sulla base di una visione che teneva insieme patriottismo sportivo e desiderio di dare impulso alle pratiche sciistiche, sempre più in voga ovunque78, e culminata effettivamente nella creazione delle Olimpiadi invernali, nel 1924, presso la località savoiarda di Chamonix. Sulle prime, ciò fu percepito dagli organizzatori dei Giochi Nordici come uno smacco nei confronti della purezza della tradizione scandinava; tuttavia, in breve, le Olimpiadi invernali sarebbero divenute – al fianco dei Campionati del Mondo delle singole discipline sportive invernali –, l’agone prediletto entro la cui cornice le potenze sportive potevano disputarsi la supremazia all’interno degli sport della neve e del ghiaccio. Come conseguenza di queste innovazioni organizzative, nel volgere di pochi anni, dopo la Prima Guerra Mondiale, i Giochi Nordici persero di significato e di capacità attrattiva: l’ultima edizione i sarebbe disputata nel 1926. Alle prove di sci di fondo – le più attese – dei Giochi Nordici del 1913, furono inviati Pavel Byčkov e l’astro emergente dello sci, Aleksandr Nemuchin, campione panrusso nel 1912. La manifestazione fu disputata fra il 7 e il 16 di febbraio: alcune prove furono trasferite da Stoccolma a Östersund – come già occorso nel 1905 –, a causa dell’esiguità del manto nevoso depositatosi sul suolo della capitale svedese79. I due campioni russi parteciparono all’intero programma, che prevedeva competizioni sulle distanze di 30, 60 e 90 km, trovandosi sin da subito a mal partito: gli atleti scandinavi e i Finlandesi disponevano di sci di tipo nuovo, più corti e maneggevoli, e di scioline di tenuta molto più efficaci rispetto a quelle russe; da un punto di vista tecnico, gli atleti del Nord facevano già ricorso alla scivolata-spinta, efficacissima sul piano – un passo ancora ignoto agli sciatori russi. Non del tutto casualmente, dunque, gli sciatori russi presero a identificare questo nuovo passo con la definizione di “passo finlandese”, a sottolineare il legame di questa tecnica con una non meglio identificata tradizione nordica80.
La rivincita russa non si fece attendere a lungo, benché il primo sorpasso sugli atleti del Nord avvenne in un contesto meno illustre di quanto non fossero i Giochi Nordici. Al termine della stagione sciistica del 1913, il Vserossijskij Sojuz Lyžebežcev (“Unione Panrussa degli Sciatori”) organizzò una competizione di 60 verste (circa 64 km), da Zvenigorod a Mosca. L’ospite d’onore fu lo sciatore finlandese Mustanen, celebrato quale uno degli sciatori più forti al mondo: in testa per circa 50 verste, Mustanen fu scavalcato sul finire della gara da un ragazzo moscovita di 19 anni, Nikolaj Vasil´ev81, che si aggiudicò la gara. Quel sorpasso pose fine all’aura di imbattibilità che aleggiava intorno agli sciatori scandinavi e finlandesi: gli sciatori russi, da quel momento in avanti, compresero di aver raggiunto i “Maestri”, con i quali avrebbero potuto di lì in avanti gareggiare alla pari.
1 Il presente saggio costituisce idealmente la quarta parte di un articolato e più complessivo lavoro, di cui sono già stati pubblicato i primi frutti: A. Franco, Bystree, Vyše, Sil´nee: lo sport russo e sovietico dalle origini al disgelo, in «Mondo Contemporaneo», Milano, nn. 2-3/2020, pp. 207-235; Id., La pratica dello sci, dalle origini alla nascita dello sport moderno. Il caso russo, in Marcella, Venezia, e Lavdatio. Erudite Scritture. Amichevoli Dedicazioni, a cura di F. Ciure, A. Pavan, S. Pelusi, Oradea, Editura Muzeului Țării Crișurilor, 2023, pp. 129-180; A. Franco, Lo sci, dalle origini alla Bell’Époque: il loisir per tutti gli Europei, Quaderni della SISS, 2024 (in pubblicazione). L’autore del presente articolo intende manifestare un profondo ringraziamento per il prezioso aiuto ricevuto da parte di: Andrej Adel´finskij, Viktor Baranov, Andrej Kondrašov, Aleksandr Pečёnov.
2 S. Jacomuzzi, Gli sport, Torino, Utet, 1964, pp. 612–618, Vol. I; G.P. Motti, G. Oddo, Storia dell’alpinismo e dello sci, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1977, Vol. II, p. 182.
3 Cfr. T.I. Ramenskaja, Gordis´, Velikaja Rossija!, Moskva, Fizkul´tura i Sport, 2007, p. 8.
4 Cfr. ivi, p. 15.
5 Cfr. История лыжного спорта, https://vk.com/@lyzhniy_sport_lyzherollery-istoriya-lyzhnogo-sporta.
6 Per un compendio classico di storia militare e sciistica russa, in cui sono descritti anche i giochi e gli allenamenti atti a migliorare la destrezza delle truppe russe, recentemente tradotto in inglese, cfr.: K.B.E.E. Eimeleus, Skis in the Art of War, Ithaca, Cornell UP, 2019 [or.: Lyži v voennom dele, 1912].
7 M. Cereghini, 5000 anni di sport invernali, Milano, Edizioni del Milione, 1955, pp. 36-37.
8 Cfr. E. Orlova, Vasilij Ivanovič Surikov, Moskva, RIPOL, 2018, p. 15.
9 G. Bruno, Sci. Frammenti di una storia millenaria, Cuneo, L’Arciere, 1987, pp. 19-25; P. Mistri, Ski. Dalla preistoria alla conquista delle Alpi, Nuovi Sentieri, Crocetta del Montello, pp. 15-17; L. Stefanini, Tracce di storia dello sci, in «Le Alpi Venete. Rassegna Triveneta del CAI», 77 (2023-2024), n. 2, pp. 133-141.
10 Cfr. E. Grendi, L’Inghilterra vittoriana, Firenze, Sansoni, 1975, pp. 27-35.
11 Cfr.: A. Corbin, L’Invenzione del tempo libero, in L’invenzione del tempo libero. 1850-1960, a cura di A. Corbin, Bari, Laterza, 1998, pp. 3-15 [or.: Flammarion-Aubier, 1996].
12 Cfr. A. Blikom, E. Molde, Sondre Norheim. The Father of Modern Skiing, Minot, North American Heritage Press, 2003, p. 37.
13 Cfr. F. Brevini, Il libro della neve. Avventure, storie, immaginario, Bologna, il Mulino, 2019, pp. 217, 219, 221.
14 Cfr. F. Nansen, Nel cuore della Groenlandia, Giulianova Lido, Gallad, 2018, [or. Paa ski over Grønland: en skildring af Den norske Grønlands-ekspedition 1888-1889; la traduzione italiana è stata condotta sulla base della prima versione tradotta in inglese da Hubert Majendie Gepp, B.A., The first crossing of Greenland, 1890, poi pubblicata con lo stesso titolo da Gibson Square Books Ldt, 2001].
15 Il giornalista Kirpičёnok menziona una competizione che si sarebbe svolta il 30 gennaio del 1894, da San Pietroburgo all’isola-fortezza di Kronštadt, sui ghiacci del Golfo di Finlandia; se fosse così, si tratterebbe effettivamente della prima competizioni sciistica svoltasi in Russia; cfr.: Cfr. Artёm Kirpičёnok, Lyžnyj Peterburg – načalo, 14 janvarja 2014, https://www.ipetersburg.ru/blog/lyzhnyy-peterburg---nachalo/.
16 E. Landoni, Lenin e lo sport sovietico: tra rivoluzione e tradizione, in Memorie della Rivoluzione d’Ottobre, a cura di A. Ragusa, Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita, Roma, 2018, p. 175.
17 Cfr. Ramenskaja. Op. cit., p. 19.
18 Cfr. T. Gotaas, Femmila. Skisportens manndomsprøve, Oslo, Gyldendal Norsk Forlag, 2013, p. 15; Motti, Oddo, Op. cit., pp. 183-185.
19 Cfr. H. Kleppen, Holmenkollen, Det Norske Samlaget, Oslo, 1988, pp. 19-28.
20 Cfr. Kirpičёnok, Lyžnyj Peterburg..., cit., https://www.ipetersburg.ru/blog/lyzhnyy-peterburg---nachalo/.
21 Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Nikolaj_Panin-Kolomenkin.
22 Ossia, sciatori. L’espressione più diffusa in origine, “lyžebežcy” (traducibile alla lettera come “corridore su sci”), sarà in uso sino alla metà degli anni Venti del XX secolo, per essere poi sostituita dalla più moderna voce “lyžnik”, ancora impiegata per indicare lo sciatore; cfr. A. Morozov, Lyžebežcy: moskovskie lyžniki načala XX veka, in «Moskovskij Žurnal», (2001) n. 11, https://anopioner.pro/tproduct/535123746-714927778881-lizhebezhtsi-moskovskie-lizhniki-nachala. Con ulteriori specificazioni lessicali, si formano le parole correnti di begolyžnik (sciatore di fondo), e di gonkolyžnik (sciatore alpino).
23 Cfr. О первом кружке любителей лыжного спорта «полярная звезда» в санкт-петербурге, https://vk.com/@-222328116-o-pervom-kruzhke-lubitelei-lyzhnogo-sporta-polyarnaya-zvezda.
24 Cfr.: Obščee sobranie členov Moskovskogo kluba velosipedistov, in «Velosipednyj sport», (1894), nn. 29-30, p. 448, citato in A. Borisovič Sunik, Rossijskij Sport i olimpijskoe dviženie. Na rubeže XIX-XX vekov, Moskva, Sovetskij Sport, 2004, p. 149.
25 Cfr. Morozov, Op. cit.
26 Cfr. ibid.
27 Cfr. Парголово, urly.it/3138bn; Парголово, https://mopargolovo.ru/gerb-i-flag/.
28 Cfr. Kirpičёnok, Op. cit.
29 Cfr. ibidem.
30 Il cognome Gennig appare come una evidente russificazione fonetica di Hennig, cognome di palese ascendenza tedesca.
31 Cfr. A. Kondrašov, День рождения лыжного спорта в России, https://www.skisport.ru/news/cross-country/84151/.
32 Cfr. Morozov, Op. cit.
33 Cfr. Sunik, Op. cit., p. 149.
34 Cfr. 125 лет назад в России состоялись первые соревнования по лыжным гонкам, https://altaisport.ru/post/24691.
35 Secondo la Ramenskaja, la data dell’istituzione del circolo sciistico, nella sua forma rinnovata, fu invece il 16 dicembre (29 dicembre, secondo il calendario gregoriano) del 1895; cfr.: Ramenskaja, Op. cit., p. 19. Concorda con le date indicate dalla Ramenskaja anche il giornalista Andrej Kondrašov, fra i massimi specialisti di sci in Russia; cfr. A. Kondrašov, 2 января 1911 – день рождения первой Всероссийской лыжной организации, https://www.skisport.ru/news/cross-country/108815/. In effetti, il 29 dicembre del 1895 viene considerato convenzionalmente il giorno della nascita dello sci sportivo in Russia.
36 Cfr. Morozov, Op. cit.
37 Cfr. Sunik, Op. cit., pp. 150-151.
38 Cfr. A. Byford, Professional Cross-Dressing: Doctors in Education in Late Imperial Russia (1881-1917), in «The Russian Review», 65 (2006), n. 4, pp. 586-616; P.S.N. Mjagkova, Pamjati P.F. Lesgafta (1837-1909), in «Fizišeskaja kul´tura: vospitanie, obrazovanie, trenirovka», (2010), n. 1, pp. 76-78; P. Francevič Lesgaft, Pamjati Petra Franceviča Lesgafta, Sankt Peterburg, Izdanie Gazety “Škola i Žizn´”, 1912; V.B. Pomelov, P.F: Lesgaft kak vrač, pedagog i organizator vyšego obrazovanija, in «Medicinskoe obrazovanie segodnja», (2018), n. 4, pp. 73-94; J. Riordan, Pyotr Frazevich Lesgaft (1837-1909). The Founder of Russian Physical Education, in «Journal of Sport History», 4 (1977), n. 2, pp. 229-241.
39 Cfr. Ходынское поле, urly.it/3138bp. La prima menzione della località risale al 1389, allorquando il Gran Principe Dmitrij Donskoj – il primo vincitore contro l’Orda d’Oro, capace di dare avvio alla lunga opera di allontanamento dei Tataro-Mongoli dal suolo della Rus´ - donò questo immenso spazio prativo al figlio, Jurij Dmitrievič. Diversi secoli dopo, quest’area verde, collocata al tempo ai margini del nucleo urbano di Mosca, ospitò la grandiosa parata in onore della vittoria di Caterina II contro gli Ottomani, siglata nel 1774 con il Trattato di Küçük Kaynarca. Di lì in avanti, il Chodynskoe Pole (o Chodynka) prese ad ospitare numerose grandi parate dell’epoca zarista, e si avviò anche ad essere un luogo di svago e di attività ginnico-ricreative. Nel 1834 Chodynskoe Pole ospitò l’ippodromo di Mosca, e acquisì anche l’aspetto di un’area militarizzata, allorquando Nicola I decise di crearvi delle caserme. Tuttavia, quest’area tanto amplia fu destinata a diversi usi, tanto che, nel 1882, vi furono costruiti dei padiglioni per l’istallazione della grandiosa XV Esposizione Artistica e Industriale Panrussa: Всероссийская художественно-промышленная выставка 1882 года, urly.it/3138bq; Царский павильон на Ходынке: история и архитектура, https://dzen.ru/a/ZHl3j886Xzg02Pnc. Ancora, nel 1892, vi fu costruito anche il monastero ligneo dedicato a San Sergio di Radonež, uno fra i santi più venerati della tradizione ortodossa russa. Chodynka fu anche teatro di una delle più gravi tragedie dell’epoca prerivoluzionaria: salito al trono da quasi due anni, Nicola II, l’ultimo Imperatore, fu incoronato nel maggio del 1896 al Cremlino. Le celebrazioni prevedevano anche l’acclamazione popolare: fu deciso che i festeggiamenti del popolo si sarebbero dovuti svolgere per l’appunto a Chodynskoe Pole. La folla in tripudio fece crollare le tribune: morirono, secondo i dati ufficiali, quasi 1400 persone, segno infausto che accompagnerà il regno di Nicola. Infine, come ultimo evento significativo dell’età tardo-zarista, a partire dall’inizio del XX secolo trovò ospitalità in questi spazi la società aeronautica, le cui attività culminarono con la fondazione di uno dei primi aerodromi di Mosca, inaugurato nel 1910, e rimasto in vita nella prima età sovietica, allorquando fu ribattezzato con il nome del rivoluzionario Frunze.
40 Cfr. Kondrašov, День рождения cit.
41 L’articolo riporta le iniziali R.A. per nome e patronimico, dati che non coincidono con le informazioni in nostro possesso su Peters, di cui la maggior parte delle fonti riposta il nome Karl. Probabilmente, ciò va imputato alla scara accuratezza delle fonti coeve per questi dettagli.
42 Cfr. Лыжебежцы, https://history.pfc-cska.com/history/lyzhebezhtsy.
43 Cfr. Петровский парк, Петровский парк (Москва) — Википедия (wikipedia.org). Il Park imeni Petrovskij (Parco Petrovskij) era anch’esso stato costruito in seguito alla vittoria di Caterina II contro il Turco ottomano (Trattato di Küçük Kaynarca, 1774), allorquando l’Imperatrice commissionò al principale realizzatore dei suoi progetti urbanistici, l’architetto Matvej Kazakov, di costruire un palazzo in stile turco, attorniato da un parco, similmente a quanto lei stessa aveva ammirato a Chodynskoe Pole. Era molto diffusa la prassi degli aristocratici di fare grandi passeggiate a cavallo, su carrozza o su slitta, negli spazi di questo parco.
44 Cfr. Kondrašov, День рождения cit.
45 Ibidem.
46 Cfr. Morozov, Op. cit.
47 Altre fonti forniscono delle informazioni che si discostano da quanto detto qui sopra: secondo Morozov, Rosljakov sarebbe stato Presidente del MKL dal 1899 al 1904 seguito, dal 1904 al 1908, da Timofeev, e poi da Ščeglov, dal 1908 sino allo scoppio delle Rivoluzioni.
48 Cfr. ibidem.
49 Cfr. Лыжебежцы, cit.
50 Cfr. о первом кружке cit.
51 Cfr. ibidem.
52 Cfr.: S. Babyničev, A. Lomonosov, OLLS – CSKA: put´ dlinoj v 100 let, in «Sovetskij Sport», 18 giugno 2001.
53 Al vincitore spettava il titolo di “Primo Sciatore della Città di Mosca”; cfr. ibidem.
54 Cfr. Общество любителей лыжного спорта, urly.it/3138bs.
55 Cfr.: 125 лет назад в России состоялись первые соревнования по лыжным гонкам, https://altaisport.ru/post/24691.
56 Cfr.: Kondrašov, Op. cit.
57 Sui tentativi di riforma agraria e sulla volontà di dare impulso ad una borghesia economicamente florida, cfr.: D. Tabačnik, V. Voronin, Pёtr Stolypin. Krestnyj put´ reformatora, Moskva, Molodaja Gvardija, 2012, pp. 134-173.
58 Cfr. J. Riordan, Sport in Soviet Society. Development of Sport and Physical Education in Russia and the USSR, Cambridge-London-New York-New Rochelle-Melbourne-Sydney, Cambridge UP, 2010 [or.: 1977], p. 13.
59 Cfr. Развитие лыжного спорта в России, Развитие лыжного спорта в России (fizsport.ru).
60 Cfr. Morozov, Op. cit.
61 Cfr. Andrej Kondrašov, Op. cit.
62 Cfr. Ramenskaja, Op. cit., p. 20. In epoca sovietica, specie dopo il secondo dopoguerra, l’hockey su ghiaccio insidierà la supremazia del calcio come sport più amato.
63 Cfr. Он основал футбол в России, но в СССР сделали всё, чтобы его могилу никогда не нашли. История Георгия Дюперрона, https://www.fontanka.ru/2021/06/04/69951773/; Георгий Дюперрон – основатель российского футбола, https://stoneforest.ru/event/persons/georgij-dyuperron/; https://dzen.ru/a/Yg9Vvuz6SBvDHTrj; Основоположника российского футбола Георгия Дюперрона хоронили дважды, https://adressamoskvy.ru/category/founders-gallery/georgiy-dyuperron-sterzhen-rossiyskoy-sportivnoy-zhizni/. Anche Djuperron proveniva dalla buona società tedesco-baltica di San Pietroburgo, benché di chiara ascendenza francese.
64 Cfr.: Kondrašov, Op. cit.
65 Cfr. ivi.
66 Cfr. Ramenskaja Op. cit., p. 21.
67 Cfr. Ruslan Karmanov, Portret Lyežbežca Byčkova, in «Sovetskij Sport», 8 febbraio 2010.
68 Cfr. Первый чемпион России по лыжным гонкам — из Сурского края, https://dzen.ru/a/ZcOMqW_TfjPyt9yS.
69 Cfr. Ramenskaja, Op. cit., p. 22.
70 Cfr. Jeux nordiques, https://it.frwiki.wiki/wiki/Jeux_nordiques .
71 Cfr. Viktor Balck https://it.frwiki.wiki/wiki/Viktor_Balck .
72 Cfr. R. Edgeworth, The Nordic Games and the Origins of the Olympic Winter Games, in «Journal of Olympic History», (2009), p. 30.
73 Cfr. Å. Jönsson, The Nordic Games: Precursor to the Olympic Winter Games, in «Revue Olympique» 27 (2002), n. 43, pp. 64-68.
74 Cfr. Edgeworth, Op. cit., pp. 29.
75 Cfr. E. John B. Allen, The Culture and Sport of Skiing. From Antiquity to World War II, Amherst, University of Massachusetts Press, 2007, p. 183.
76 Cfr. J. Ljunggren, L. Yttergren, The Nordic Games: Vision of Olympic Winter Games or a National Festival?, presented at the ISHPES Seminar in Lillehammer, 25-30 January 1993, p. 103; S. Jacomuzzi, G.Viberti, P.
Viberti, Storia delle Olimpiadi. Gli ultimi immortali, Torino, Internazionale, 2011, pp. 31-32.
77 Di fronte al tentativo del CIO di includere nel proprio programma i Giochi Nordici – avanzato intorno al 1911, e avvertito dai vertici dello sport scandinavo quale una minaccia alle proprie alterità e specificità, Balck affermò: “Organizationally, the Nordic Games is and must remain a Nordic affair”, citato in Jönsson, Op. cit., p. 66. La posizione e il prestigio acquisiti dallo sport svedese derivava anche dal fatto che le Olimpiadi del 1912 erano state assegnate a Stoccolma, che a quel punto si proponeva quale una delle capitali dello sport europeo; cfr.: Allen, Op. cit., p. 183.
78 Cfr. ivi, p. 107.
79 Cfr. Jönsson, Op. cit., p. 66.
80 Cfr. Ramenskaja, Op. cit., p. 22.
81 Cfr. William D. Frank, Mud in the Tracks and Soviet Wax, in «Journal of Sport History», 44 (2017), n. 3, pp. 421-437.