Sulle tracce del trionfo italiano nella pesistica alle Olimpiadi di Parigi 1924
Gherardo Bonini
Società Italiana di Storia dello Sport
Indice
Pesistica italiana e internazionale: tra eredità del passato e necessaria ricostruzione
Abstract: Weightlifting emerged in Italy during the late 19th century, particularly within the industrial triangle of Turin, Genoa and Milan.On an international level, the sport’s debut occurred at the 1896 Olympic Games in Athens and the 1904 St. Louis Games, in addition to the 1906 Athens ‘Intermediate Games,’ which featured exercises rooted in the French method. Central European countries practised a divergent method, which would soon become known as the continental method. The two methods remained at odds with one another, failing to reach a compromise, until the outbreak of the First World War. However, the 1916 Berlin Olympics had the potential to alter the course of history. Central European lifters had increasingly adopted the French method, and while the opposition remained on the two-handed jerk, a compromise was theoretically reached for Berlin, leaving the athlete free to choose the preferred way of performing the jerk. The Italian contingent, under the patronage of Marquis Monticelli Obizzi, had become versed in both methods, though the French one had gained the upper hand. Following the First World War, and with Austria and Germany excluded from active participation, France proceeded to impose its own method. Later on, it established an international governing body (FIH) at the 1920 Antwerp Olympics, where Italy achieved a noteworthy result. During the four-year Olympic period leading up to Paris 1924, a contentious relationship emerged between the countries that had been excluded from the Olympics and France. France administered the FIH with rigidity, and any attempt to overturn this top-down management was fruitless. Italy, already grappling with a difficult political life and ruled by fascism since 1922, adopted a low profile, avoiding any compromise, partially obtaining recognition for its records and preparing for an unexpected triumph in Paris 1924 thanks to Gabetti, Galimberti and Tonani. The history of this fruitful course has been reconstructed, however, avoiding the track of the official book of the IWF (heir of the FIH), Il passato perduto (The Lost Past), as it omits some important historical issues and is marred by interpretations that are erroneous, incomplete and not adherent to the real connections of the true facts
Keywords: Giochi olimpici di Parigi, Sollevamento pesi, 1WF, Giochi olimpici di Berlino
Alle Olimpiadi di Parigi del 1924, l’Italia della pesistica conquistò tre delle cinque medaglie d’oro in palio, migliorando clamorosamente il buon risultato (un oro e un argento) dell’edizione di Anversa del 1920, e prevalendo, per numero di successi, sulla Francia padrona di casa e nazione guida del movimento pesistico internazionale.
Il presente lavoro ripercorre in maniera critica e puntuale le varie tappe che portarono, all’indomani della Grande guerra e prima della svolta autoritaria fascista, l’Italia dei pesi ad un trionfo mai più sfiorato in seguito. La tradizione pesistica era buona, ma non eccellente. Il movimento giunse al successo parigino, passando indenne tra le complesse vicissitudini politiche e agonistiche che segnarono la disciplina tra il 1919 e il 1924.
La ricostruzione temporale analitica delle vicende esamina fatti ed eventi così come furono conosciuti e considerati all’epoca. La narrazione non ha tenuto conto di alcuni dati coevi, ma conosciuti solo posteriormente1, né dei risultati della riconsiderazione storica attuata dalla federazione internazionale di pesistica alla fine degli anni ’80 del ventesimo secolo, poiché ritenuti fuorvianti alla comprensione del susseguirsi stesso delle vicende durante gli anni in esame2. Il racconto ha utilizzato i resoconti d’epoca dei giornali italiani, francesi e austriaci che seguirono maggiormente gli avvenimenti.
Pesistica italiana e internazionale: tra eredità del passato e necessaria ricostruzione
Al termine del primo conflitto mondiale, al pari delle altre discipline sportive, la pesistica, sia nei paesi di vertice, Francia, Germania e Austria, ma anche all’interno di quelli di buone tradizioni come Italia, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Russia, Svezia, si rimise in moto con fatica durante l’annata 1919, ma con prospettive assai differenziate. I paesi vincitori del conflitto avevano decretato l’esclusione dei perdenti e aggressori. Già dal maggio 1919, il Comitato internazionale olimpico (CIO) rese noto che Germania, Austria, Ungheria, Bulgaria e Turchia sarebbero state assenti alle prime Olimpiadi del dopoguerra da tenersi ad Anversa nell’estate 19203. Inoltre, le varie federazioni internazionali delle singole discipline sportive respinsero le successive richieste di riammissione degli stessi paesi4.
Il percorso storico della pesistica tra il 1919 ed il 1924 si sviluppa nel perimetro sopra delineato. Per una sua migliore comprensione, sembra opportuno presentare sinteticamente quale fosse la situazione internazionale di tale disciplina e, soprattutto, quale fosse l’eredità lasciata dai confronti internazionali effettuati prima della guerra.
Sin dall’ultima decade del diciannovesimo secolo, si erano registrati i primi risultati di valore, controllati e verificati da giurie attente e preparate. Numerosi tornei con intitolazione continentale e mondiale avevano avuto luogo, sia con un programma di esercizi soggiacenti al metodo francese sia con le regole d’esecuzione chiamate tedesche dai francesi e continentali dai britannici, in voga soprattutto in Germania e Austria. Storiograficamente, la dicitura di metodo continentale ha prevalso ed a questa si farà riferimento.
Molte federazioni nazionali, compresa quella italiana sorta nel 1902, governavano l’attività della pesistica assieme a quella della lotta, ma, a differenza di questa, sempre presente nell’arena olimpica dal 1896 al 1912, il torneo dei pesi aveva fatto parte del programma nella prima edizione ateniese del 1896 e a Saint Louis del 1904, nonché, e forse era stata la presenza più qualificata, alle cosiddette Olimpiadi intermedie, non ufficiali, del 1906 a Atene, quando si era adottato il metodo francese, che aveva obbligato gli atleti austriaci e tedeschi a cimentarsi con il fondamentale esercizio di slancio ad una e a due braccia5.
Sulle modalità d’esecuzione di questo esercizio, implicante la portata del peso all’altezza del busto e poi l’alzata violenta verso l’alto, i due metodi si presentavano contrapposti. Il discrimine era rappresentato dalla sosta dell’attrezzo anche all’altezza della vita che caratterizzava il metodo continentale. Tale difformità impediva una solida standardizzazione e la formazione di un governo internazionale dello sport dei pesi. Per quanto riguarda l’esercizio di strappo, che prevedeva un movimento unico da terra all’elevazione finale, entrambe le parti sembravano concordare. Nel terzo grande esercizio fondamentale, la distensione, il sollevamento lento dell’attrezzo dopo la portata del carico all’altezza del busto, le differenze si erano gradatamente appianate, almeno sul versante tedesco, mentre gli austriaci rimanevano arroccati alla tradizione, conservando la tappa dell’arresto all’altezza della vita. Inoltre, i pesisti tedeschi, a differenza dei colleghi austriaci, non indulgevano più nella leggera inclinazione del busto durante il sollevamento finale6.
Per l’esercizio di slancio ad un braccio, i pesisti del centro Europa, ma anche i russi, avevano utilizzato due braccia per portare al petto l’attrezzo per elevarlo poi con un solo arto superiore. Negli ultimi anni prima del conflitto, questa contraddizione sembrava essere stata risolta e nel 1914 l’ostacolo alla presenza della Francia nel rinnovato tentativo di federazione internazionale (IASW) messo in scena a Berlino nel 1913 risiedeva nella compresenza dell’opzione continentale per lo slancio a due braccia7. I sollevatori potevano scegliere l’esecuzione dell’alzata con i due metodi resi entrambi accessibili. La scelta del metodo francese, a parità di chili sollevati da un avversario con il metodo continentale, consentiva all’atleta di incamerare più punti. I fautori del metodo continentale ammettevano tranquillamente la maggiore difficoltà dell’esercizio eseguito con la modalità francese. Il compromesso pareva fattibile.
La IASW aveva varato cinque categorie di peso, con limiti a 60, 67,5, 75 e 82,5 chili. Purtroppo, tale federazione non sembrava essere una buona governatrice delle entità nazionali che doveva sovraintendere. Sotto la sua egida si erano tenuti tre eventi: i Campionati mondiali di Breslau del 1913, dove l’opzione continentale era stata reintrodotta anche per la distensione, sempre con privilegio di punti per l’alzata francese8; i Campionati europei di Vienna del 1914, dove l’utilizzazione dello slancio comportava non punti, ma un premio di 10 chili extra9; e i Campionati europei di Pilsen del 1914 dove, di fatto, era stato applicato il metodo continentale e i concorrenti erano stati suddivisi in tre sole categorie di peso10.
Un evento che avrebbe potuto essere decisivo per un auspicato confronto tra pesisti francesi e mitteleuropei, sarebbe stato il Campionato mondiale convocato a Lione per l’agosto 1914, sotto la direzione di Alexandre Maspoli, dove il compromesso favoriva ancora di più lo stile francese, obbligatorio sino alla quota importante dei 130 chili11, ma lo scoppio della guerra aveva seppellito questa occasione storica, così come l’evento ancor più cruciale, le Olimpiadi di Berlino del 1916 che avrebbero obbligato la Francia alla partecipazione12.
Insieme ad un altro sollevatore e dirigente di grande caratura, Joseph Duchateau, Maspoli rappresentava la minoranza del movimento francese. Essi rimanevano fautori del metodo francese, ma durante la loro carriera avevano stretto vincoli di amicizia e ammirazione con i loro avversari e contendenti austriaci e tedeschi, dei quali tenevano in conto il reale valore competitivo. Occorreva venire incontro ai rivali. Proprio Duchateau si era relazionato con gli organizzatori di Breslau 1913 per la tutela dello stile francese e il suo punteggio privilegiato. Il campione francese aveva proposto l’applicazione dell’extra di 10 chili, ma gli organizzatori tedeschi avevano preferito l’adozione del punteggio differenziato sopra la quota dei 130 chili. In ogni caso, si era riconosciuto il problema ed era stato trovato un compromesso che avrebbe dovuto essere ripreso a Lione 191413.
Negli ultimi anni prima del conflitto e, sempre più stabilmente alla ripresa dell’attività, i pesisti di scuola mitteleuropea sollevavano in slancio, distensione e strappo con il sistema francese, ma non apparivano, agli occhi degli enti e degli sportivi francesi, credibili, affidabili e corretti. Le origini di tale pregiudizio erano ben radicate. Sin dal 1904 l’Haltérophile Club de France (HCF) aveva inaugurato una tabella di primati mondiali per una decina di esercizi degni di considerazione, fra le quali ovviamente le tre prove fondamentali, ed essa riconosceva le prestazioni debitamente controllate sia per dilettanti che per professionisti14.
I primati omologabili dovevano essere effettuati alla presenza di giudici nominati dall’HCF, dunque anche al di fuori del suolo francese. L’HCF aveva accolto inizialmente anche rappresentanti austriaci, tedeschi e russi, ma i pesisti mitteleuropei non si preoccupavano di convocare tali delegati per sottoporsi alla loro vidimazione, né questi si curavano di segnalarlo, abbandonando di fatto il loro ruolo presso l’HCF15. Fra i sollevatori tedeschi di primo piano, Heinrich Schneidereit, Hermann Gässler, Hermann Görner e Paul Trappen si erano cimentati con lo slancio a due braccia con risultati eccellenti. Karl Mörke, pervicace praticante dello slancio a due braccia continentale, era fortissimo nella distensione a due braccia con puro stile francese.
Allo scoppio della guerra, nell’estate del 1914, solamente i nomi di Schneidereit e Gässler apparivano nelle tabelle ufficiali dell’HCF poiché si erano recati in Francia e là avevano ottenuto pieno riconoscimento. Le tabelle ricomparvero nel 1920, stavolta sotto l’egida della federazione francese di pesistica (FFPH), fondata nel 1914 e guidata da Jules Rosset. Essa aveva ereditato impianti, risorse umane e finanziarie dall’HCF16.
Dal canto loro, già negli anni immediatamente precedenti alla Prima guerra mondiale, tedeschi e austriaci avevano cominciato a riconoscere e a pubblicare autonomamente primati ottenuti con lo stile francese. La comparazione tra le due tradizioni e le loro pubblicazioni facevano emergere disparità evidenti, specialmente agli occhi di esperti appartenenti a paesi, come Svizzera, Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti, dove si praticavano entrambi i metodi e si dava piena affidabilità alle federazioni ratificanti17.
La FFPH riconosceva come primato dello strappo a due braccia i 111,5 chili sollevati da Maspoli, mentre i paesi dell’Europa centrale indicavano i 120 chili alzati da Görner. La distonia più marcata era legata al nome di Gässler, il quale era primatista mondiale dello slancio a due braccia per la FFPH con 151 chili, ma miglior performer tedesco con 157,518.
La guerra dei primati caratterizzò la pesistica europea sino alla conclusione delle Olimpiadi di Parigi del 1924, con la riammissione ufficiale dell’Austria, ma fu chiusa definitivamente con il successivo rientro della Germania nel consesso internazionale nel 1925.
In Italia, il marchese Monticelli Obizzi era stato uno dei più convinti e convincenti promotori del compromesso tra i metodi. Era persuaso della razionalità del metodo francese, ma occorreva portare un movimento di grande consistenza numerica come quello tedesco alle pratiche corrette attraverso compromessi e tappe intermedie. Egli aveva introdotto lo slancio con stile continentale in Italia e i pesisti italiani erano divenuti capaci di buone prestazioni con entrambi i metodi. Nell’autunno 1906 Milano aveva ospitato l’unico Campionato internazionale non ufficiale disputato in Italia negli anni precedenti al conflitto. Dopo il fallimento di una prima federazione internazionale, vigente fra il 1905 e il 1907, il marchese si eclissò, lasciando anche il controllo della federazione italiana (FAI)19. Uscito di scena Monticelli Obizzi, l’Italia rimase assente dall’arena internazionale fino allo scoppio della Prima guerra mondiale, lontana anche dai primi passi dell’IASW.
Senza un solido governo internazionale come riferimento, la FAI pubblicò raramente tabelle di primati. Le poche associazioni facevano capo al triangolo industriale Genova, Milano e Torino. Alcune di esse erano società ginniche e la federazione ginnastica (FGNI) organizzava puntualmente propri Campionati nazionali20. La FAI non accettava i primati FGNI ma, al tempo stesso, non poteva fare torto ad atleti concorrenti su entrambi i versanti. Spesso durante i Campionati FAI si registravano prestazioni che, di fatto, erano primati italiani, ma non venivano ratificati.
Monticelli Obizzi era stato accettato come giudice ufficiale nelle fasi iniziali dell’attività dell’HCF, ma non si prese cura, ad esempio, di proporre alcune prestazioni di Aristide Muggiani e Tullio Camillotti come autentici primati mondiali21. Un elemento che frenava la registrazione permanente e ordinaria dei primati era l’utilizzazione di tipi di bilancieri e pesi diversissimi tra loro, come sfere globulari o trapezoidali, dischi aggiuntivi dei più vari formati. I chili sollevati erano certamente gli stessi, ma la distribuzione del carico sul corpo dell’atleta e il suo conseguente equilibrio erano diversi. Era arduo compararli e trattare le prestazioni in maniera uniforme.
Dalle foto riprodotte nei vari giornali italiani, si può desumere come in Italia, negli anni dopo il conflitto, l’uso delle sfere globulari andasse perdendosi, ma, a differenza dei paesi mitteleuropei, dove alcune ditte si erano specializzate nella costruzione di dischi intercambiabili, avendo di fronte, come ricordato, una grande consistenza di affiliazioni e dunque un più ampio potenziale di acquirenti, i pesi avevano diversi formati, talora anche artigianali, probabilmente non costruiti per l’uso specifico della pesistica22.
Nel 1919, la struttura dei Campionati italiani non aveva subito influenze internazionali e le categorie di peso erano tre, minimi, medi e massimi. Il ligure Filippo Emanuele Bottino, trionfatore nei massimi del Campionato nazionale nel 1916 e accreditato di un primato di slancio a due braccia con stile francese di 125,723, si vide riconoscere tale prestazione solo nell’autunno del 1919, assieme alla supremazia in altre tre specialità, incluso lo slancio a due braccia con stile continentale con 145 chili24.
In Europa, l’austriaco Swoboda aveva alzato nel 1911 nello slancio con stile continentale 185,6 chili25, e nel biennio 1919-1920 sollevava ancora con regolarità 150 chili. Il tedesco Mörke era anch’egli continuo tra i 150 e 160 chili, sempre in stile continentale. Sul versante del metodo francese, i 150 chili non erano ancora stati raggiunti. All’inizio del 1920, Pierre Bugnand aveva sollevato 132 chili, lontano dal vecchio primato di Maspoli (141 chili)26. Utilizzando lo stesso metodo, seppur fra la diffidenza e lo scetticismo dei francesi, in Germania, Strassberger e Görner erano capaci di prestazioni frequenti tra 135 e 150 chili.
I cultori della pesistica rimasero assenti dai Giochi Interalleati di Parigi del 1919 e l’ammissione della specialità nell’arena olimpica ad Anversa 1920 pareva difficile. La IASW non era né considerata né menzionata, anche se Praga nel mese di maggio aveva ospitato un’edizione fortemente ridotta dei Campionati europei alla quale parteciparono un paio di atleti svizzeri, oltre ai soli cecoslovacchi27.
Il Comitato olimpico belga si rivolse alla propria federazione che si affidò alla FFPH, carica del suo prestigio e della sua tradizione. Il Presidente Rosset prese in mano la situazione, che era difficile data la cattiva percezione goduta dalla pesistica all’interno del CIO, la quale chiedeva solide garanzie per uno sport autenticamente atletico e corretto.
La delegazione francese non aveva potuto esimersi di partecipare alla riunione d’intenti tenutasi durante le Olimpiadi di Stoccolma del 1912 per aprire la via alla federazione internazionale che si concretizzò a Berlino nel 1913, dove essa sdegnosamente non prese parte. Gli sforzi e gli atti collaborativi di Duchateau e Maspoli non erano certo espressione della posizione ufficiale francese. Dunque, in vista di Anversa, nella comune prospettiva del CIO e della FFPH, una federazione internazionale non esisteva e bisognava farne le veci in attesa di una sua costituzione formale28.
La Francia trovò l’occasione perfetta per imporre definitivamente il metodo francese e approfittò dell’evento olimpico per fondare, proprio ad Anversa, la Fédération internationale de Haltérophilie (FIH). Alcune voci estere attribuirono a Monticelli Obizzi l’elezione alla vicepresidenza, ma l’Italia rimase in realtà fuori dal Comitato direttivo29.
Sul versante agonistico, ad Anversa ogni paese poté schierare al massimo due rappresentanti per ciascuna delle cinque categorie di peso. L’Italia scelse di inviare un solo atleta per categoria e preferì evitare l’organizzazione di un Campionato nazionale. Volendo radunare tutti i possibili potenziali aspiranti per ben figurare, organizzò un torneo pre-olimpico, con qualificazioni regionali e finale nazionale a Genova per eleggere i propri cinque concorrenti, che risultarono essere tutti atleti attivi anche nell’anteguerra, i liguri Luigi Gatti, Giulio Monti, Pietro Bianchi e Bottino, più il piemontese Gino Mattiello30. La «Gazzetta dello Sport», prima dei Giochi, sottolineò l’assenza degli atleti dell’Europa centrale e mostrò di coltivare poche speranze31.
Le gare olimpiche si disputarono a fine agosto nello stadio Beerschot, in un’atmosfera pre-autunnale. La distensione a due braccia fu depennata dal programma poco prima dei Giochi, nel timore di polemiche interpretative, gli esercizi richiesti furono tre: lo strappo ad un braccio, lo slancio con l’altro arto e lo slancio a due braccia32. Fra i membri della giuria figurarono alcuni fedelissimi di Rosset, come Jean François Le Breton e Paul Buisson33.
La Francia ottenne due vittorie, con Gance nei medi e con Cadine nei mediomassimi, il Belgio vinse nei piuma con De Haes, mentre l’estone Neuland prevalse fra i leggeri. Infine, Bottino s’impose nei massimi, riuscendo a precedere il forte lussemburghese Joseph Alzin e il francese Bernot che aveva dovuto rimpiazzare l’infortunato Bugnand. Secondo le fonti più accreditate, Bottino sollevò 70 chili nello strappo a sinistra, 75 nello slancio a destra, 120 nello slancio a due braccia34.
In un ipotetico duello a ranghi completi, chi avrebbe rappresentato Austria e Germania, in particolare nei massimi? Il vecchio Swoboda avrebbe dovuto veramente impegnarsi per vincere i pregiudizi dei giudici, pronti a rilevare le minime scorrettezze. Potenzialmente, egli sarebbe riuscito a sollevare 130 chili nello slancio, ma si sarebbe trovato sicuramente a mal partito negli esercizi corretti ad un braccio. Senza lo stile continentale e con il depennamento della distensione, Mörke non avrebbe impensierito Bottino. Probabilmente, l’unico che avrebbe potuto davvero contendere la vittoria al tenace atleta ligure sarebbe stato Strassberger, ancora non soccombente alla pinguedine.
Un agguerrito gruppo di pesisti rappresentò la piccola Estonia, fresca di indipendenza, che non aveva ancora formalizzato né un Comitato olimpico nazionale né una federazione d’atletica pesante. Tra i piuma, Alfred Schmidt fu preceduto solo da De Haes. Tra i leggeri, Neuland precedette due belgi sconosciuti (agli esperti del settore) Williquet e Rooms. L’Italia ottenne una medaglia d’argento con il sampierdarenese Pietro Bianchi nei medi, dopo barrage con lo svedese Patterson. I due avevano oltrepassato il limite richiesto nello spareggio, successivamente un fortunato lancio della moneta favorì il secondo posto di Bianchi35. Gatti si piazzò quarto nei mosca, dietro lo svizzero Rythèr, che aveva avuto l’ingrato compito di sostituire il connazionale Heinrich Graf, che vantava 110 chili nello slancio a due braccia. Il pur valente De Haes si era imposto alzando 95 chilli.
Vi furono problemi legati alla mancanza di personale di collegamento e assistenza linguistica tra taluni atleti e i giudici. Il finlandese Ekström era assai atteso dai propri connazionali poiché detentore di ottime prestazioni fra i mediomassimi. Purtroppo, non riusciva a capire i motivi dell’annullamento di una sua prova nello slancio e cercò di trovare aiuto per un reclamo. Alla fine, vistosi perduto, si ritirò protestando platealmente36.
I regolamenti di gara erano stati inviati alle federazioni e ai comitati olimpici, ma per diversi atleti, compresi quelli inglesi, abituati da un lato alle categorie di peso con limiti calcolati in libbre, dall’altro a maggiore dimestichezza con altri esercizi, le prove risultarono ardue e alcuni di essi fornirono prestazioni sotto il loro reale potenziale.
Gli atleti italiani si espressero sui loro migliori livelli e si adattarono agevolmente agli esercizi e ai bilancieri con sfere globulari cari ai francesi, poiché da essi ben conosciuti.
Inviperita dall’esclusione consumata ad Anversa, poco rispondente allo spirito olimpico, l’Austria chiamò a raccolta pesisti e lottatori, per una rassegna internazionale dell’atletica pesante, dal 4 all’11 settembre, a Vienna, che «Sport Tagblatt» definì esplicitamente l’Olimpiade degli atleti pesanti, sottintendendo che questa competizione, e non quella di Anversa, sarebbe stata il vero confronto dei migliori atleti mondiali. In aggiunta, fu convocata una riunione dell’IASW, sperando sino all’ultimo nell’appoggio dei paesi neutrali, in primis Svizzera e Svezia. Infine, a somiglianza dei Campionati europei del 1914, la gara dei pesi adottò la norma che consentiva un premio dei 10 chili extra per l’utilizzazione dello stile francese37.
Accanto agli austriaci, accorsero i migliori pesisti tedeschi, un paio di atleti cecoslovacchi e lo svizzero Rythèr, bronzo ad Anversa, e la sua presenza fu ampiamente sottolineata ed apprezzata come segno di autentico spirito olimpico. Nella gara più attesa, i pesi massimi, Mörke sconfisse Swoboda alzando 161,7 chili con lo stile continentale. I tedeschi ottennero altre tre vittorie, mostrando, oltre che un ritrovato valore competitivo, un’eccellente padronanza dello stile francese. Karl Stritesky nei mediomassimi salvò l’onore austriaco. Il giornale viennese «Sport Tagblatt», non senza motivo, parlò di netta vittoria a distanza di Vienna su Anversa, pubblicando una meticolosa tabella di comparazione38.
Poco prima del Campionato viennese, la federazione tedesca aveva approvato l’obbligatorietà dello stile francese per le gare nazionali. Mörke, che aveva votato a favore dello stile continentale, valutò la situazione e passò al professionismo dopo la sua vittoria a Vienna. Un fattore di richiamo per le sue esibizioni risultò essere l’etichetta di “vincitore di Swoboda”39.
A margine della competizione iridata, nominalmente, i delegati di Austria, Germania, Ungheria e Svizzera presenziarono ad una seduta dell’IASW. Gli austriaci sperarono fino all’ultimo momento nella presenza del delegato svedese James Borg, il quale però non giunse a Vienna. La sessione decise di abolire, negli anni a venire, il Campionato europeo40.
Prendendo in esame con circospezione i risultati della lotta, non riferibili a prestazioni calcolabili, il Campionato mondiale di Vienna fu l’evento atletico più significativo organizzato dai paesi esclusi dalle Olimpiadi di Anversa.
All’alba del 1921, la Svizzera, membro FIH e apparentemente anche dell’IASW, era desiderosa di aiutare Germania e Austria a tornare nel consesso internazionale. Gli elvetici lanciarono presso la FIH prima la proposta di un Campionato europeo, poi dopo la sorprendente indizione di un evento continentale alternativo a Offenbach in Germania, proposero un Campionato mondiale ovviamente senza barriere politiche d’appartenenza41.
Come negli anni precedenti alla Grande guerra, l’Italia rimase lontana da questo fiorire di eventi unilateralmente organizzati.
L’organizzazione olimpica e una federazione in tempesta
Gli austriaci boicottarono gli alleati tedeschi non partecipando al Campionato europeo di Offenbach, ligi alla decisione del congresso fantasma dell’IASW. Al solito, solamente alcuni atleti svizzeri presero parte all’evento di Offenbach, oltre agli atleti di casa.
Parallelamente, il Congresso di Losanna del CIO del mese di giugno, passato alle cronache per la sdegnosa reazione italiana al mancato conferimento delle Olimpiadi a Roma per il 192442, segnò un netto successo di Rosset e della FIH che, a fatica, ottennero la presenza, seppur a titolo provvisorio, della pesistica alle Olimpiadi del 1924 assegnate a Parigi43.
Nei mesi di agosto e settembre, la FIH omologò come primati mondiali alcune prestazioni di alto livello di sollevatori di Belgio, Svizzera e al Lussemburgo nella persona del fuoriclasse Alzin. Grazie alla brillante partecipazione ad Anversa, assieme all’Estonia e all’Italia, questi paesi avevano guadagnato credito e fiducia, ed erano attendibili nelle loro richieste di omologazione dei primati. Per la prima volta non erano stati necessari giudici FFPH per tali riconoscimenti, dunque le singole federazioni erano autorizzate alla ratificazione44. In Austria e Germania, alcuni atleti cominciavano a rivendicare, nello stile francese, alcune migliori prestazioni mondiali, ma essi erano fuori dalla FIH e ancora non presumibili di affidabilità.
Il 7 novembre dello stesso anno, a Milano, una rappresentativa ridotta di tre pesisti disputava il primo incontro internazionale della storia italiana contro una squadra svizzera. Come era accaduto ad Anversa, pur essendo un mediomassimo, Hünenberger ottenne migliori prestazioni di quelle di Bottino, il cui mito si incrinò45. Sul versante del dibattito teorico-procedurale, fece sentire la sua voce il marchese Monticelli Obizzi, fuori dai ranghi federali, ma sempre esponente autorevole dal prestigio intatto. Il suo articolo pubblicato su «Lo sport illustrato» aveva fra l’altro l’obiettivo di spronare i vecchi amici tedeschi e austriaci ad abbandonare il metodo continentale. Egli prendeva di mira il Concorso internazionale di Berna effettuato sul finire del 1920. Forse per compiacere gli austriaci, gli svizzeri avevano programmato gare con stile continentale. Occorreva lasciare definitivamente tale strada se si voleva la riunificazione vera del mondo pesistico46.
Lo «Sport Tagblatt» ospitò nel febbraio 1922 un nuovo articolo del marchese che lodò con enfasi la decisione austriaca di premiare non più con 10 chili ma con il 10% extra rispetto alla quota alzata l’esercizio eseguito con il metodo francese47. Era un passo decisivo verso l’autentica standardizzazione mondiale della pesistica.
Verso la fine dell’aprile 1922, Rosset si avvalse dell’alleanza con l’Estonia per organizzare a Tallinn il primo Campionato mondiale ufficiale della FIH, proponendo un programma a cinque prove, strappo ad un braccio con un arto e successivo slancio ad un braccio con utilizzazione dell’altro arto, più i tre classici esercizi a due braccia, strappo, distensione e slancio. Questo avrebbe costituito il canovaccio di gara olimpico48. Era la riprova della forza vera di Rosset e della FIH, vale a dire il legame tra CIO, Comitato olimpico francese, ora organizzatore incaricato per Parigi 1924 e FIH. Per il CIO e per l’amministrazione sportiva francese l’interlocutore per la pesistica era solo la FIH di Rosset.
A Tallinn, l’Estonia ottenne tre vittorie e ulteriori omologazioni di primati. Il francese Roger François, un medio naturale, vinse tra i mediomassimi, mentre lo svizzero Graf s’impose nettamente fra i piuma con altri primati. Come poteva la Svizzera andare contro il suo più forte esponente, tra l’altro a Tallinn attivo dal punto di vista dirigenziale? Occorre notare il fermento in campo elvetico. Era in via di costituzione una vera federazione d’atletica pesante, che voleva togliere l’amministrazione di pesi e lotta alla federazione calcistica.
Va ricordata anche la sosta della delegazione francese e svizzera a Berlino dopo l’evento di Tallinn. Essi ricevettero l’invito ad assistere all’allenamento del club Alt Wedding, ma solo Graf scese in pedana ad esibirsi49.
Nel 1922 anche l’Italia fu tra i protagonisti dello scenario internazionale. In quell’anno a febbraio andarono in scena i Campionati italiani di recupero per il 1921 e ad ottobre quelli ordinari per l’annata. Si affermarono definitivamente Pierino Gabetti, allievo di Bottino a Genova, e il milanese di nascita argentina Carlo Galimberti50.
Soprattutto, il 5 giugno 1922 a Genova, Bottino elevò con stile perfetto in distensione 116 chili. Negli anni precedenti, nel giorno fatale della sua carriera, il 27 settembre 1913 a Genova, in una gara FGNI, Bottino aveva sollevato nello slancio a stile continentale 155 chili e in una distensione proceduralmente rispondente ai canoni francesi 122 chili. Ora, nel 1922, si poteva chiedere ufficialmente l’omologazione del primato e Ugo presentò il referto, avviando le trattative. L’Italia era stata lontana dalle manovre contro Rosset, era dunque affidabile; purtroppo, la procedura incontrò ostacoli. Nel novembre 1922, Alzin elevò nello stesso esercizio 114 chili e alcuni giornali francesi, sicuramente letti anche in Italia, salutarono tale prestazione come primato mondiale51. Probabilmente Ugo reiterò la richiesta e, finalmente, nel gennaio 1923, poté comunicare alla stampa specializzata italiana l’avvenuto riconoscimento del primato52.
Per Bottino tale conseguimento fu più importante della vittoria olimpica e di maggiore impatto mediatico. Finalmente c’era connessione tra la sua vittoria olimpica e la prestazione assoluta, dunque poteva essere riconosciuto come leader mondiale. Lo sport era importante per l’opinione pubblica italiana, in un momento politicamente difficilissimo. Il primo numero dello «Lo sport illustrato» del 1923 ospitava un elogio all’Ercole italiano, campione olimpico e primatista mondiale53, alfiere dello sport patrio degno dell’élite. L’articolo richiamava come assai rilevanti le prestazioni del 1913, a dimostrazione di come il campione ligure possedesse un valore internazionale riconosciuto già da tempo.
Tuttavia, la gerarchia internazionale era diversa. Nella distensione a due braccia, Swoboda il 18 maggio 1921 aveva sollevato 121,5 chili in quello che «Sport Tagblatt» chiamava ‘perfetto stile francese’54, ma il riconoscimento internazionale risiedeva altrove.
Nel 1922, un evento particolare furono i Deutsche Kampfspiele, la competizione multisportiva lanciata in opposizione all’esclusione olimpica e che offriva la possibilità di un confronto tra gli atleti di lingua tedesca disseminati in Europa. Era una sfida a distanza che tedeschi e austriaci lanciavano agli atleti ammessi alle Olimpiadi. Le gare del sollevamento pesi furono fra le più significative, data la qualità dei partecipanti. Gli atleti si misurarono sulle cinque prove dei campionati francesi, scelte come programma dei Giochi.
Era una novità assoluta. Tedeschi, austriaci, alcuni svizzeri e cecoslovacchi appartenenti alle zone di etnia tedesca si affrontavano tutti soggiacendo allo stile francese, senza alcuna scappatoia o opzione continentale. Ovviamente quasi ignorati dalla stampa specializzata francese55, i risultati furono notevoli e confermavano la presenza inalterata dei pesisti mitteleuropei al vertice delle varie specialità della disciplina dei pesi. La quasi totalità di essi utilizzavano i nuovi bilancieri a dischi intercambiabili, laddove i francesi rimanevano ancorati ai vecchi pesi globulari, pur concedendo l’utilizzazione futura dei moderni attrezzi a Parigi 192456.
Il primo gennaio 1923 a Vienna si disputò un duello tra il peso piuma più acclamato, lo svizzero Graf e l’austriaco emergente Andreas Stadler, che vinse nettamente57. In alcune specialità, le sue prestazioni erano già migliori dei primati FIH, ma erano ovviamente ignorate. L’aspetto più importante fu comunque la presenza a Vienna di Duchateau, debitamente omaggiato dall’intero stato maggiore della pesistica austriaca e dai notabili della città. Dal novembre 1922 Duchateau era in rotta di collisione con Rosset e aveva successivamente fondato una federazione francese scissionista, la FFF, bloccata nell’espansione, poiché le associazioni francesi restarono fedeli a Rosset. Il campione mondiale di Tallinn, François, era schierato con Duchateau58.
All’interno della FIH vi era agitazione, ma l’Italia rimaneva apparentemente in silenzio. L’insoddisfazione cresceva sia a livello nazionale francese che sotto il profilo internazionale. Rosset aveva rimosso Duchateau dalla carica di segretario generale della FIH e il vecchio amico Maspoli, apertamente, si era interrogato su quanto fosse stata legale e corretta tale decisione senza una consultazione degli altri membri FIH59. A livello del Comitato direttivo della FIH, il vicepresidente, l’olandese Linden e il collega belga Panesi rimproveravano a Rosset e alla FFPH una gestione verticistica e non collegiale del consesso internazionale ed erano decisi a trasformare in pratica la loro opposizione. Dopo un intenso scambio epistolare e varie annunciate sedute poi cancellate, i potenziali dissidenti si riunirono a Sciaffusa il primo aprile 1923 e in questo Congresso parteciparono anche delegati austriaci e tedeschi. Nominalmente, il nuovo consesso defenestrò Rosset, eleggendo lo stesso Linden a Presidente e reintegrando a segretario generale Duchateau. Secondo la ricostruzione di Schödl, avvalorata da «Sport Tagblatt», Ugo divenne membro effettivo del Comitato direttivo, ma di fatto non presenziò a Sciaffusa60. I protagonisti di Sciaffusa avanzarono la proposta di un programma olimpico alternativo a tre prove61, ma, nei mesi successivi, si resero conto di non avere nessun peso. La FFF non aveva seguito in Francia, il CIO riconosceva solo la FFPH e la vecchia FIH.
Il 5 maggio 1923 Monticelli Obizzi organizzò a Milano una serata di alto spessore agonistico, ospitando un incontro tra il proprio Club Atletico Milanese e la Société athlétique Montmortroise di Duchateau, forse alla ricerca di un prestigioso sostegno esterno per potere decollare anche a livello nazionale. L’incontro rimase a livello di sfida tra singole associazioni locali, non di rappresentative nazionali, e ciò preservò la federazione italiana da qualsiasi coinvolgimento che potesse essere male interpretato. A margine di tale incontro vi fu il duello tra Bottino e l’austriaco Franz Aigner che vinse con buon margine, alzando fra l’altro 117 chili nella distensione62. Il primato mondiale rimase a Bottino. L’Austria non era membro FIH, il primato personale di Aigner era 119 chili, per gli austriaci il primato mondiale apparteneva a Swoboda con 121,5 chili, dunque non esisteva argomento per rivendicare un primato mondiale. Quando Bottino aveva alzato in distensione 116 chili, «Sport Tagblatt» aveva parlato di nuovo primato italiano63.
Nel mese di luglio, gli stati neutrali invitarono austriaci, ungheresi e tedeschi ai Giochi internazionali di Göteborg. Stati Uniti, Francia e Italia non parteciparono e la Gran Bretagna inviò una rappresentativa poco qualificata64. Nella pesistica, austriaci e tedeschi ottennero brillanti conseguimenti, ma, nonostante la presenza significativa dei migliori campioni estoni65, né il CIO né il Comitato olimpico francese dedussero che i pesisti delle nazioni escluse avrebbero davvero presenziato a Parigi 1924.
Rosset e la FIH godevano di scarso seguito, ma rimanevano i referenti per qualsiasi richiesta di affiliazione o ratificazione di primati. Convinta di appartenere alla federazione guidata da Linden, l’Austria annunciò per settembre i Campionati mondiali, facendo ritirare a Rosset l’indizione dei Campionati mondiali di Parigi, che rischiavano di essere disputati da soli francesi, per di più non tutti i migliori. Forse nemmeno gli estoni avrebbero coperto le spese per la trasferta a Parigi, mentre a Vienna accorsero rappresentanti di Germania, Svizzera, Ungheria, Cecoslovacchia e Lettonia66. Rievocando gli echi dell’evento del 1920, «Sport Tagblatt» descrisse la competizione come la ‘vera Olimpiade della forza’67. La municipalità di Vienna offrì un contributo di un milione di corone per l’evento68.
Una selezione italiana comprendente cinque pesisti, oltre a sei lottatori per il contiguo Torneo della Fiera, era attesa ai mondiali viennesi, ma l’annunciata trasferta non ebbe luogo, cancellata all’ultimo momento. «Sport Tagblatt» attribuì tale forfait alla difficile situazione politica interna69. Dal canto suo, Bourdonnay-Schweich, il braccio destro di Rosset, commentò sarcasticamente l’evento viennese, bollandolo come un atto solipsistico di scarso valore70. La FIH aveva in mano la carta vincente rappresentata dall’organizzazione della pesistica olimpica. L’Austria era stata invitata ufficialmente ai Giochi e avrebbe partecipato, ma era ancora fuori dalla FIH, dunque il torneo mondiale non fu registrato ed i primati dei suoi atleti ignorati.
Sin dal 1922, la FIH aveva reso note le prime liste dei primati mondiali riconosciuti71. I giornali stranieri, non solo austriaci e tedeschi, pubblicarono liste diverse che comprendevano prestazioni ritenute affidabili e includenti perfino quelle del sovietico Sparre, ma non riconosciute dalla FIH. Esse erano state effettuate in osservanza al metodo francese ed erano oramai divenute patrimonio di tradizioni non francesi, anche se la FIH non lo ammetteva 72.
L’Italia, defilata a livello internazionale, rimaneva concentrata sull’obiettivo olimpico. Nei Campionati italiani del novembre 1923, Gabetti e Galimberti ottennero due primati di specialità migliori di quelli riconosciuti dalla FIH e gli organi di stampa lo rilevarono dimostrando finalmente conoscenza del quadro internazionale73, ma la FAI non avviò le procedure per l’omologazione, forse cosciente di potersi giocare a Parigi le proprie possibilità con sicurezza o forse per evitare di entrare in noiose polemiche.
I giornali italiani sembravano meglio informati che in passato e capaci di definire quale fosse il valore italiano e le possibilità olimpiche. «La Stampa sportiva» del 3 febbraio 1924 pubblicò un articolo sugli Ercoli italiani, certificando che, oltre a Gabetti e Galimberti, l’Italia poteva contare, nei massimi, sull’emergente Giuseppe Tonani, del quale non era menzionata la sua appartenenza all’Associazione proletaria di educazione fisica (APEF), e che aveva sopravanzato un ancora valido Bottino74.
Le forze scissioniste all’interno della FIH erano state battute di fatto. Per la FIH l’unico ostacolo era svincolare François dall’influenza di Duchateau. Le selezioni olimpiche rimasero aperte sino alla fine di giugno, anche per i non affiliati alla FFPH, così che François non lasciò ufficialmente Duchateau, ma ottenne l’ammissione ai Giochi75. La Francia si preparava alla sfida parigina avendo trovato un nuovo talento straordinario in Rigoulot e, nei massimi, Dannoux che finalmente aveva valicato la quota dei 140 chili nello slancio, che, in Germania, Strassberger e il riqualificato dilettante Trappen avevano più volte oltrepassato. Per i francesi, la squadra austriaca era la più temibile76, l’Italia appariva meno pericolosa.
I Giochi di Parigi furono i primi che gli atleti italiani disputarono sotto il fascismo, in un clima avvelenato dall’uccisione del deputato socialista Matteotti. Il regime non aveva ancora occupato tutti gli spazi politici, logistici e organizzativi, ma fece sentire la sua influenza, anche a livello di intensità giornalistica77. Le competizioni di pesistica andarono in scena al famoso Vel d’Hiv, all’indomani del clamoroso ritiro degli schermidori italiani in seguito alla squalifica del focoso Oreste Puliti78.
Nelle competizioni di pesistica orfane ancora della Germania, né i vecchi avversari di Rosset, Linden e Panesi, né rappresentanti austriaci comparvero nella giuria79. In questa disciplina, l’Austria ottenne tutte e quattro le medaglie della sua spedizione olimpica, ma furono tre argenti e un bronzo. Fra i piuma, Stadler cedette a Gabetti e nei massimi un maldestro Aigner, accusato di sciatteria per scarpe non appropriate che lo fecero scivolare sulla pedana, fu battuto da Tonani. Galimberti stravinse nei medi, stabilendo due primati mondiali ora, fortunatamente, passibili di riconoscimento. I tre italiani vittoriosi erano alla prima esperienza internazionale fuori dai propri confini, a differenza dei migliori austriaci, estoni e francesi. La Francia s’aggiudicò due titoli, grazie a Decottignies nei leggeri e al fenomeno emergente Rigoulot nei mediomassimi. Un vecchio collaboratore di Monticelli Obizzi, l’ingegnere piemontese Silvio Brigatti, consegnò agli atleti le medaglie olimpiche80.
Tonani era membro dell’APEF, organizzazione di chiaro orientamento socialista, ma non ancora sciolta dal regime. La sua vittoria nella massima categoria fu esaltata con dovuto rilievo, ma l’attenzione e l’ammirazione furono spostate sulla vittoria italiana complessiva e sull’eccezionalità di Galimberti, vero atleta principe81. Il 19 gennaio 1926 la federazione italiana decise di azzerare i primati, lamentando confusione nelle procedure e nell’interpretazione dei referti. Nei massimi, i primati di Tonani non apparirono degni di credibilità, perfino i 132,5 chili nello slancio ottenuti per vincere a Parigi82.
Nella prova a squadre, ancora nel 1926 l’Austria rivendicava i premi della vittoria83 poiché, come riportato nei resoconti coevi alle gare, la formula prevedeva di conteggiare il totale di tutti i pesisti schierati. Solo Austria, Italia e Francia avevano schierato 15 pesisti, vale a dire tre per ciascuna categoria84. In opposizione a questo assunto, nel 1922, commentando un non identificato giornale francese, «Sport Tagblatt» aveva invece affermato che la classifica a squadre sarebbe stata determinata dai risultati dei primi due classificati per nazione85. Al termine delle gare, a fine luglio, il Congresso della FIH riammise ufficialmente l’Austria e Luigi Silvio Ugo fu finalmente eletto vicepresidente86.
Pochi giorni dopo, Mannheim ospitò i Campionati tedeschi disputati sulle cinque prove olimpiche. Diverse prestazioni superarono in valore quelle di Parigi. Nei massimi, Strassberger precedette di soli 2,5 chili nel totale Trappen ed entrambi, a distanza, superarono Tonani. Anche il totale di Wölpert nei piuma fu migliore di quello di Gabetti, ma va notato che, in aperto dissidio con la FIH, la federazione tedesca aveva introdotto due categorie di peso ulteriori, mosca e gallo, ai limiti rispettivi dei 54 e 58 chili e dunque considerava i pesisti concorrenti fra i piuma a partire da 62 e non da 60 chili. Nei medi, Zinner era rimasto ben al di sotto del totale di Galimberti, ma aveva utilizzato in maniera assai dinamica la tecnica, introdotta da Graf, dell’accovacciamento del corpo per la portata al busto87, bollata come acrobatica e circense da Rosset88, ma in seguito omologata e adottata da molti sollevatori, incluso Galimberti.
Qualche settimana più tardi ancora, in Neunkirchen nella Saar, dove ancora vi era un presidio dell’esercito francese e dove svolgeva alcune funzioni amministrative Duchateau89, ebbe luogo un Campionato europeo, per il quale ad alcuni tedeschi, compreso Strassberger, fu negato il visto90. Da notare ancora l’atteggiamento austriaco che, saputo dell’indizione del Campionato europeo da parte tedesca, fissò deliberatamente nello stesso periodo la disputa dei Campionati della Fiera di Vienna, un appuntamento abituale per gli austriaci91.
Nonostante l’agitato quadro internazionale, denso di iniziative da parte dei paesi vincitori, soprattutto la Francia determinata a imporre un nuovo governo internazionalmente riconosciuto, e, dall’altro lato, da parte dei paesi sconfitti, talvolta in contrasto tra loro, per richiamare una tradizione internazionale esistente prima del conflitto mondiale, l’Italia seppe trovare una propria via, scegliendo un disimpegno proficuo, nella percezione che qualsiasi presa di posizione sarebbe stata foriera di inconvenienti.
La tradizione italiana era buona, considerando la paucità del movimento. Pur non avendo quasi mai partecipato a eventi fuori dai confini, i pesisti italiani erano corretti interpreti degli stili più conosciuti e si adattarono con relativa facilità alle modalità logistiche e attrezzistiche imposte dalla scuola francese. Acquisito lungo il cammino lo straordinario talento di Galimberti, l’Italia sfruttò qualche errore degli avversari e approfittò di talune assenze, ottenendo un trionfo insperato, ma autentico. Ancora oggi esso rappresenta oltre la metà dei successi ottenuti in sede olimpica.
Il testo ufficiale della federazione internazionale The Lost Past dà una versione apparentemente dettagliata ed esaustiva degli avvenimenti. Dopo di esso, nessun altro lavoro storico si è dedicato a sceverare la storia della pesistica con simile profondità e ambizione. In realtà, tale narrazione omette alcuni punti importanti per la comprensione della storia del movimento pesistico, come i tentativi falliti di compromesso tra i metodi di Monticelli Obizzi, i premi di punteggio sullo slancio, il mancato appuntamento di Lione 1914 e il ruolo dei Giochi di Göteborg. È una ricostruzione non falsa, ma incompleta, con inesattezze e forzature interpretative. Significativo il titolo del paragrafo Correction of the History che giustifica la voluta alterazione della Commissione storica sulla storia federale, sui primati e sulla classificazione degli eventi92. Inoltre The Lost Past non esplicita quasi mai le referenze delle fonti archivistiche e bibliografiche utilizzate. Sono riportati con dovizia testi di lettere e resoconti di riunioni, ma senza indicazione d’origine.
The Lost Past ha giustificato un’unità federale internazionale dal 1905 al 1920 di fatto inesistente, accorpando artificialmente i due periodi effimeri 1905-1907 e 1913-1914, e recuperando l’era IASW del 1920 congiungendola con la fondazione effettiva affidata dal CIO alla Francia. Il testo ha conferito ufficialità indiscriminata agli eventi non ufficiali pre-bellici e a quelli fuori dai confini federali degli anni ’20, nonché ad una catena di primati assolutamente priva di fondamento storico, fatta iniziare nel 1907 e includente prestazioni del 1917 e 1918, effettuate nell’Unione Sovietica, all’epoca esclusa dal movimento sportivo internazionale93.
La tradizione storiografica italiana ha respinto tale ricostruzione posticcia e riconosce validità ai campionati europei dal 1929 e mondiali dal 1937, di una federazione realmente sorta nel 192094. Qualsiasi considerazione non toglie valore al successo italiano di Parigi 1924.
1 Il riferimento riguarda il tedesco Hermann Görner, per il quale furono rivendicate sin dal 1926 alcune prestazioni apparentemente effettuate nel 1920, sconosciute alla circolazione delle notizie dell’epoca. Ne parla E. Müller, Goerner the Mighty, Leeds, Vulcan Publishing, 1951. Le prestazioni di un altro campione tedesco, Karl Mörke, sono anch’esse legate a tale ricostruzione posteriore.
2 In virtù di tale riconsiderazione storico-statistica, la federazione internazionale di pesistica ha curato il testo storico ufficiale del Presidente G. Schödl, The Lost Past. Concealed or Forgotten? Budapest, IWF, 1992.
3 K. Lennartz, R. Reinhardt, R. Schlüter, Die Spiele der VII. Olympiade 1920 in Antwerpen, Kassel, AGON, 2013, p. 138.
4 P. Arnaud, French sport and the emergence of authoritarian regimes, 1919-1939 in Sport and International Politics, a cura di P. Arnaud, J. Riordan, Londra-New York, E & FN Spon, 1998, p. 123.
5 G. Bonini, Weightlifting in Routledge Handbook of Global Sport, edited by J. Nauright, S. Zipp, Abingdon/New York, Routledge, 2020, in particolare pp. 395-397.
6 G. Bonini, The Continental Press in «Milo. The Journal of Serious Strength Athletes» (d’ora in poi semplicemente Milo) Nevada City, IronMind Enterprises, Settembre 2011, pp. 73-75.
7 G. Schödl, Op. Cit., pp. 69-71.
8 «Athletik», 21 agosto 1913, p. 546.
9 «Allgemeine Sport Zeitung», 6 giugno 1914, p. 563.
10 «Athletik», 9 luglio 1914, p. 666.
11 «Athletik», 2 luglio 1914, p. 643.
12 G. Schödl, Op. cit., p. 73.
13 «Athletik», 12 giugno 1913, p. 386
14 Registrati dalla rivista «La Culture physique» curata da Edmond Desbonnet sin dall’edizione mensile del maggio 1904.
15 E. Desbonnet, Traité de l’athlétisme, Paris, Berger & Levrault, 1901, pp. 54-55.
16 G. Schödl, Op. cit., p. 75.
17 Ad esempio in AA. VV. Almanacco Bemporad, Firenze, Bemporad, 1914, pp. 338-341, anche lo statunitense Alan Calvert, attento osservatore della pesistica europea, in «Strength Magazine», maggio 1920.
18 Lo rileva l’almanacco svizzero «Sport Kalender» nella rubrica Schwerathletik sin dall’edizione del 1923/1924 e l’esperto austriaco F. X. Markones, Schwerathletik Österreichs, Vienna, Sportverlag, 1920, p. 54.
19 G. Bonini, The Father of Italian and International Weightlifting in «Milo», Marzo 2001, pp. 77-79.
20 L. Toschi, La meravigliosa avventura della pesistica italiana. Bilancieri azzurri: 1897-2007, Roma, FIPCF, 2007, pp. 31-40.
21 S. Brigatti, La federazione atletica italiana e i suoi prossimi Campionati, in «La Stampa Sportiva», 6 dicembre 1903, p. 4, presentò i primati italiani riconosciuti, ma il Marchese non inviò alcun referto all’HCF.
22 Prendendo in esame le foto dei principali giornali sportivi negli anni in esame, si è notato come le riviste mitteleuropee erano piene di annunci di ditte specializzate e relative agli attrezzi.
23 Il primato era stato ufficialmente omologato durante il Criterium nazionale del 1915, come riportato in Criterium atletico nazionale, in «Gazzetta dello Sport», 14 maggio 1915, pp. 4-5.
24 Ne dà menzione «Il Caffaro», 28 novembre 1919, p. 5.
25 Per gli austriaci, tale primato conferiva la supremazia assoluta nella pesistica, G. Bonini, The classic figure of Austrian weightlifting: Karl Swoboda in «Milo», Marzo 2004, pp. 56-57.
26 «Sport Tagblatt», 20 febbraio 1920, p. 2. Le vicende della pesistica furono puntualmente monitorate da Markones nella rubrica Schwerathletik del principale giornale sportivo viennese.
27 «Sportovni Svet», 11 maggio 1920, pp. 281-282. La competizione è stata ignorata dalla storiografia ufficiale.
28 H. Groenen, Les hommes forts à Paris : lutte, poids et haltères in Les paris des Jeux Olympiques de 1924, sous la direction de T. Terret, Paris, Atlantica, 2009, Volume 2, p. 606.
29 Ciò è ricostruito perfettamente in G. Schödl, Op. cit., pp. 75-76.
30 I vincitori dei sollevamenti pesi, in «Italia Sportiva», 19 luglio 1920, p. 32.
31 A. Balestrieri, L’Italia alla VIIa Olimpiade. Lottatori, pesisti e funisti, in «Gazzetta dello Sport», ١٠ agosto ١٩٢٠, p. ١.
32 B. Mallon, T. Bijkerk, The 1920 Olympic Games. Results for all Competitors in All Events, with Commentary, Jefferson-London, McFarland Press, 2003, pp. 303-308.
33 K. Lennartz, W. Reinhardt, R. Schlüter, Op. cit., p. 137.
34 All’epoca, alcune fonti scandinave riportarono una sequenza d’alzate in chili 65, 85 e 115 come sottolineato da B. Mallon, T. Bijkerk, Op. cit, p. 308.
35 Lo ricorda anche L. Toschi, La meravigliosa avventura, cit., p. 43.
36 Informazioni comunicate dallo storico finlandese Mikko Korhonen.
37 Articoli in prima e terza pagina in «Sport Tagblatt», 4, 7 e 11 settembre 1920.
38 Antwerpen und Wien, in «Sport Tagblatt», 18 ottobre 1920, p. 4.
39 «Athletik», 2 novembre 1920, p. 5.
40 «Sport Tagblatt», 30 settembre 1920, p. 3.
41 Schaffung eines neuen internationalen Schwerathletik-Verbandes, in «Sport Tagblatt», 3 febbraio 1921, p. 3.
42 A. Lombardo, L’Italia e le Olimpiadi moderne 1894-1924, Roma, Nuova cultura, 2009, pp. 189-192.
43 H. Groenen, Op. cit., p. 610.
44 «Echo des Sports», 11 settembre 1922, p. 5. Nel periodo in esame, André Bourdonnay-Schweich curò la rubrica dedicata alla pesistica nel giornale francese.
45 L. Toschi, La meravigliosa avventura, cit., p. 45.
46 L. Monticelli, Un grande atleta di ieri per l’atletica di domani, in «Lo Sport illustrato», 1921, pp. 563-564.
47 L. Monticelli, Die Übungen des Stemmens, in «Sport Tagblatt», 20 febbraio 1922, pp. 4-5.
48 Roger François remporte à Reval un titre mondial, in «Echo des Sports», 2 maggio 1922, p. 1, ribadito poi definitivamente in «Echo des Sports», 5 ottobre 1922, p. 5.
49 Franzosen in Berlin, in «Sport Tagblatt», 11 maggio 1922, p. 55.
50 L. Toschi, Filpjk. I nostri primi cinquant’anni 1902-1952, Roma, Filpjk, 1999, pp. 216-217.
51 «Echo des Sports», 17 ottobre 1922, p. 4 pubblicò una lista di primati mondiali comprendente la prestazione di Alzin, mentre «L’Auto» salutò tale conseguimento come nuovo limite assoluto, 10 novembre 1922, p. 1.
52 L. Toschi, La meravigliosa avventura, cit. p. 111 riporta la comunicazione della «Gazzetta dello Sport» del ٤ gennaio ١٩٢٣
53 A. Balestrieri, L’Ercole mondiale in «Lo Sport illustrato», 21 gennaio 1923, p. 43.
54 (…) Swoboda schäfft einen Weltrekord in Drücken, in «Sport Tagblatt», 23 maggio 1921, p. 5.
55 «Echo des Sports», 7 novembre 1922, p. 1 pubblicò una foto di Strassberger, definendolo come grande pesista non appartenente alla FIH.
56 Un espoir olympique, in «Echo des Sports», 19 ottobre 1922, p. 4.
57 Internationaler Wettstreit. Stadler schlägt Graf Bern, in «Sport Tagblatt», 2 gennaio 1923, p. 5.
58 A la recherche des champions nationaux, in «Echo des Sports», 3 marzo 1923, p. 4.
59 «L’Auto», 10 ottobre 1922, p. 5.
60 G. Schödl, Op. cit., pp. 82 e 167. Indi, «Sport Tagblatt», 13 aprile 1924, p. 6. A tale riguardo, ironico il titolo di Bourdonnay-Schweich, Une exécution aux chutes du Rhin, in «Echo des Sports», 11 aprile 1923, p. 3.
61 Nochmals Schaffhausen, in «Sport Tagblatt», ١١ giugno 1923, p. 5.
62 Ovviamente diversi i toni sui giornali. La sconfitta di Bottino non è evidenziata, Gli italiani vincono i francesi nell’incontro pesistico di ieri sera in «Corriere della Sera», 6 maggio 1923, p. 5, mentre il giornale austriaco la enfatizza Aigner schlägt Bottino, in «Sport Tagblatt», 9 maggio 1923, p. 5.
63 «Sport Tagblatt», 1 novembre 1922, p. 5.
64 Gabriel Hanot, La France songe-t-elle aux Jeux Olympiques de 1924?, in «Miroir des Sports», 12 luglio 1923, p. 18.
65 «Sport Tagblatt», 20 luglio 1923, p. 5.
66 Weltmeisterschaftsmeeting, in «Sport Tagblatt», 10 settembre 1923, p. 7.
67 Ein Fest des Kraftsports, in «Sport Tagblatt», 7 settembre 1923, p. 4.
68 Nella rubrica di nuova inserzione Schwerathletik, in «Arbeiter Zeitung», 16 settembre 1923, p. 10.
69 Die Weltmeisterschaft in Stemmen, in «Sport Tagblatt», 11 settembre 1923, p. 4.
70 L’Autriche a proclamé des champions mondiaux, «Echo des Sports», 14 settembre 1923, p. 4.
71 Ce que sont les records mondiaux des amateurs, in «Echo des Sports», 8 giugno 1922, p. 3.
72 Weltrekorde im Gewichtheben, in «Sport Tagblatt», 7 marzo 1922, pp. 4-5.
73 La solenne adunata degli alzatori italiani a Genova, in «Lo Sport Illustrato», 25-30 novembre 1923, p. 758.
74 A. Balestrieri, Gli Ercoli d’Italia, in «La Stampa Sportiva», 3 febbraio 1924, p. 13.
75 Les sélectionnés olympiques, in «Echo des Sports», 30 giugno 1924, p. 5.
76 Voici le team autrichien pour les Jeux Olympiques, in «Echo des Sports», 3 luglio 1924, p. 5.
77 N. Sbetti, Giochi di potere. Olimpiadi e politica da Atene a Londra 1896-2012, Firenze, Le Monnier, 2012, pp. 79-80.
78 A. Lombardo, Op. cit., p. 244.
79 W. Reinhardt, R. Schlüter, Die Spiele der VIII. Olympiade 1924 in Paris und die I. Olympischen Winterspielen in Chamonix 1924, Kassel, AGON, 2016, p. 174.
80 Die Preisverteilung im Stemmen, in «Sport Tagblatt», 30 luglio 1924, p. 1.
81 M. Q., Sollevamento pesi. Trionfi ed allori all’VIII Olimpiade, in «Tutti gli sports», 1924, n. 9, p. 5. Galimberti sarebbe divenuto il primo pesista della storia conquistare tre medaglie olimpiche consecutive.
82 Sezione Pesistica, Statistiche, S. Jacomuzzi, Enciclopedia degli Sport, Torino, Jacomuzzi, 1964-1966.
83 Die Olympische Medaille unsrer Stemmer, in «Sport Tagblatt», 8 aprile 1926, p. 5.
84 Il titolo del paragrafo di «Sport Tagblatt», 28 luglio 1924, p. 1, Österreich hat den Pokal der Nationen gewonnen è inequivocabile. Secondo H. Groenen, Op. cit., p. 627, l’Italia s’aggiudicò la prova a squadre.
85 In Das Stemmen auf der Olympiade 1924, in «Sport Tagblatt», 25 ottobre 1922, p. 4. Anche secondo questo parametro la vittoria spetta all’Austria.
86 W. Reinhardt, R. Schlüter, Die Spiele der VIII. Olympiade 1924, cit., p. 174.
87 J. Wagner, G. Eichenberger, Die Olympische Spiele Paris 1924, Berlino/Zurigo, Wagner, 1924, p. 55.
88 J. Rosset, Poids et Haltères - Rapport officiel des Jeux Olympiques de Paris 1924, pp. 506-507. Esso è visibile sul sito della Los Angeles Foundation, www.la84.org (visione del 20 giugno 2024).
89 «Echo des Sports», 8 febbraio 1924, p. 4.
90 H. Porsch, Deutsche Meisterschaften in Rasenkraftsport 1913-1999, Deggendorf, Bayerische Rasenkraftsport- und Tauzieh Verband, 1999, p.15
91 Europa-Meisterschaften, in «Sport Tagblatt», 12 settembre 1924, p. 5.
92 G. Schödl, Op. cit, pp. 151-152.
93 Ivi, p. 236 (primati del 1907) e pp. 210-211 (prestazioni sovietiche).
94 L. Toschi, M. Ercolani Casadei, European Weightlifting history. The European Weightlifting has an ancient heart, Zurich, EWF, 2009, pp. 10-11 e 96.