Le relazioni sportive italo-ungheresi nella prima fase della guerra fredda (1945-1953)

Lorenzo Venuti

Università di Bologna



Indice

Collaborazione e tensione (1945-1948)

Blocco o flessione dei contatti sportivi? (1949-1951)

Ripresa 1952-1953

Sfruttare al meglio la popolarità dello sport



Abstract: Although cultural relations among the countries belonging to the two blocs diminished considerably during the initial phase of the Cold War, they did not reach a complete impasse. The present study aims to emphasise the continuity of Hungarian-Italian sport relations until their substantial renewal in 1953 through an analysis of the bilateral relationship.

Keywords: Olimpiadi di Helsinki, Guerra fredda, Ungheria, Italia, Calcio

La recente fioritura di studi sulla dimensione culturale della Guerra fredda ha profondamente rinnovato le conoscenze sul periodo, fornendo analisi che, accanto alle tensioni e alla propaganda, evidenziano la continuità e il dialogo fra le due superpotenze e i paesi loro alleati1. Una direzione intrapresa anche da lavori sullo sport durante il periodo che, prima incentrati sulla contrapposizione e lo scontro simbolico inter e infra-blocchi2, sono ora sempre più attenti ai transferts o alla dimensione culturale in senso ampio3.

Se è vero che il successo simbolico di una delle due potenze sull’altra rimase un fattore centrale nella logica bipolare, allargando la nozione di cultura al di là della diplomazia o dalle relazioni fra le amministrazioni sportive4 si può notare come la reciproca attenzione non si esaurì mai del tutto, interessando un mondo composito di giornalisti, atleti, politici e semplici appassionati. Al contrario dell’universo sportivo militare o universitario, che si frazionò in due mondi separati, lo sport federale mantenne una propria unità, offrendo sempre nuove occasioni di frizione, ma anche di collaborazione5.

Sotto questo punto di vista può essere di grande interesse un’analisi dei rapporti sportivi tra Italia e Ungheria, funzionale per evidenziare come la logica della Guerra fredda andò ad intaccare i contatti preesistenti e, specialmente dopo la fondazione della NATO (1949), provocò un sensibile rallentamento delle competizioni6. Allo stesso tempo le relazioni fra i due paesi non vennero mai meno e, dopo l’Olimpiade di Helsinki (1952), furono i successi sportivi magiari a favorire la loro ripresa. Lo studio prenderà le mosse dal dopoguerra, affrontando il periodo di maggior chiusura (1949-1951), e analizzando la ripresa delle relazioni, contestualizzando la partita d’inaugurazione dello stadio Olimpico di Roma (1953) per cui fu invitata proprio la rappresentativa di Budapest.

Collaborazione e tensione (1945-1948)

I comuni interessi antifrancesi e l’affinità a livello politico avevano portato Roma e Budapest ad avere un rapporto privilegiato durante il periodo interbellico, frutto dell’interesse fascista nel ritagliarsi una sfera d’influenza nel bacino danubiano e della volontà ungherese di accrescere le simpatie all’estero nell’ottica di favorire una revisione del trattato di pace del Trianon (1920). Lo sport, in questo caso, aveva servito i governi, divenendo strumento per evidenziare l’amicizia fra i paesi, come nel novembre 1935, quando l’incontro di calcio fra le selezioni nazionali a Milano fu utilizzato dal regime fascista per celebrare il paese danubiano, astenutosi sulle sanzioni votate dalla Società delle Nazioni per l’invasione dell’Etiopia7.

Comprensibilmente, anche dopo la Seconda guerra mondiale i giornali italiani avevano conservato un certo interesse riguardo l’ex alleato8, e non facevano eccezione i fogli sportivi, come «La Gazzetta dello Sport»9, pure dopo il 1945 influenzata dalla curia milanese10.

Il paese danubiano era visto come uno dei possibili partner per una celere ripresa dei contatti sportivi, anche se, in realtà, questa riapertura tardasse ad arrivare: per motivi di burocrazia e logistica11, ma anche di “diplomazia sportiva”. Sul calcio, in particolare, pesava l’attrattività esercitata dal campionato italiano sui calciatori ungheresi, alla base di un’emigrazione di tipo economico profondamente malvista da Budapest12.

Fu solo alla fine del 1946 che l’Újpest effettuò una tournée nella penisola, inaugurando una nuova stagione di relazioni. Paradossalmente, proprio mentre era la situazione politica magiara a scricchiolare: nel febbraio del 1947 il Partito dei piccoli proprietari, vincitore delle elezioni del 1945, fu colpito prima dall’arresto del proprio segretario Béla Kovács, quindi, nell’agosto, dall’esilio forzato del primo ministro Ferenc Nagy, costretto a rimanere fuori dal paese dopo un viaggio in Svizzera13. In questo clima, «La Gazzetta dello Sport» prima celebrò la possibilità di una ripresa della “Coppa Tersztyánszky”14, competizione di scherma italo-magiara poi rimandata a causa dell’eccessiva inferiorità dei tiratori della penisola, quindi l’amichevole di calcio fra le due rappresentative a Torino. Una partita rimasta nella storia per l’eccezionale egemonia del Torino negli Azzurri (10/11), vinta dall’Italia per 3-2. Più che le vicende politiche, la partita si intrecciò però con polemiche sportive: scocciato dal tentativo della Juventus di aggiudicarsi le prestazioni del giovane Ferenc Puskás15, l’allenatore della formazione magiara, Tibor Gallowich, scrisse, al rientro a Budapest, una lettera aperta alla FIGC, pubblicata sul «Népsport»16. L’accusa di rubare i giocatori di talento al paese danubiano, non permettendo alla Válogatott di prepararsi al meglio per la futura Coppa Internazionale, non trovò spazio nei giornali della penisola, ma la selezione di ferrovieri italiani, presente nella capitale magiara per partecipare ai campionati europei di calcio della categoria, reagì vivacemente all’accusa bollandola come ridicola17. Alcune voci, ad ogni modo, finirono per circolare: durante il congresso federale della FIGC, commentando la probabilità dell’aumento del numero di stranieri tesserabili nel paese, Renato Dall’Ara, presidente del Bologna, evidenziò come le frontiere ungheresi fossero ormai chiuse, fatto che avrebbe causato l’esaurimento della «principale fonte europea» del traffico18.

Le polemiche sulla partita del maggio 1947 non si limitarono a questo episodio: sebbene la nazionale di calcio ungherese fosse stata accolta con tutti gli onori all’hotel Suisse, divenuto per l’occasione una «piccola Budapest»19, il ruolo di raccordo ricoperto da Ernő Egri Erbstein su richiesta della FIGC aveva provocato diverse reazioni20. Il tecnico del Torino non solo fu accusato di aver favorito gli avversari dell’Italia – comunicando schemi e tattiche degli Azzurri – ma, durante il ricevimento prepartita aveva avuto un piccolo screzio con il tecnico della nazionale italiana Vittorio Pozzo, che aveva rifiutato di concedere un’intervista al giornalista magiaro János Pálfai21. Un contesto probabilmente influenzato anche dalla collaborazione che l’allenatore aveva avuto, in occasione della partita, con il foglio comunista «l’Unità», per il quale aveva scritto un articolo di presentazione degli avversari22.

Anche la mancata partita fra le selezioni B causò un piccolo incidente: sebbene fosse prassi organizzare un secondo incontro fra le rappresentative minori nella capitale non interessata dalla partita principale, il crollo di una tribuna dello stadio durante la settimana precedente – durante l’incontro Ungheria-Austria – ne aveva comportato l’annullamento23. Ciononostante, erano circolate voci secondo cui la decisione era da ricondurre a presunti rallentamenti nella concessione del visto per gli Azzurri da parte delle autorità sovietiche24.

L’influenza di Mosca fu richiamata nuovamente nel novembre del 1947, quando «La Gazzetta dello Sport» spiegò perché la delegazione magiara sarebbe stata assente alla Coppa del mondo di scherma di Lisbona. Una decisione maturata a causa dell’ostilità delle autorità verso quella che veniva considerata una disciplina idonea per i regimi “reazionari”, spiegava il foglio rosa, e il fatto che lo stesso Portogallo fosse classificato come «semifascista» aveva chiuso qualsiasi possibilità di partecipazione25. Secondo il giornale, tuttavia, la situazione era in lieve miglioramento poiché gli stessi ufficiali russi si erano appassionati alla disciplina, applaudendo in particolare il circolo Barátság di Budapest26.

Il paese descritto da «La Gazzetta dello Sport» era, in questo momento, sempre affine alla penisola, profondamente legato alle proprie radici contadine. Ad esempio, in un articolo sui preparativi per la spedizione magiara alle Olimpiadi di Londra (1948), i lettori potevano apprendere che per gli atleti era di grande importanza portare pentole, fornelli, uova e latte27. Mentre, nello stesso periodo, il tennista Asboth – invitato a Milano per un torneo – era caratterizzato dalle «…sue parole che avevano il nostalgico accento ungherese, semplicità di costume, sguardo limpido e buono. E quante frasi gentili per gli italiani»28.

La situazione però non era destinata a durare: nel febbraio del 1948 lo svuotamento della democrazia magiara raggiunse un punto di non ritorno con la fusione del partito socialdemocratico e comunista nel Partito dei lavoratori ungherese, preludio della democrazia popolare, seguita, nel marzo, a una prima ristrutturazione della struttura sportiva magiara29.

Nonostante l’aumento degli incontri, una certa tensione traspariva anche dallo sport: dopo le Olimpiadi di Londra, «La Gazzetta dello Sport», diffuse la notizia che numerosi atleti magiari e cechi avevano deciso di rimanere a Londra anche dopo la competizione chiedendo asilo30, riportando pochi mesi dopo le vicende di Imre Csillag, calciatore rientrato dopo aver giocato nel Roubaix, arrestato e condannato da un tribunale per aver trafficato in valute estere e aver favorito il trasferimento di alcuni calciatori31. Anche il caso Mindszenty, cardinale arrestato nel dicembre del 1948 con l’accusa di ordire un complotto contro il governo di Budapest, ebbe conseguenze32. Nel febbraio del 1949, in occasione di un ricevimento tenuto da Monsignor Montini, Gino Bartali regalò una bicicletta, costruita dalla casa dello stesso atleta, con l’intenzione di destinarla ad un missionario ungherese, richiamando evidentemente l’attenzione dell’universo sportivo sulle sofferenze della Chiesa magiara33.

Allo stesso modo anche i fogli ungheresi mostravano preoccupazione per lo scivolamento “reazionario” della democrazia italiana, evidente con particolare forza a Trieste, città contesa – anche attraverso lo sport – da Roma e Belgrado34. Nell’aprile del 1948 la rappresentativa di calcio dei sindacati ungheresi, guidata dal tecnico Gusztáv Sebes, era stata invitata nella città per la “settimana sportiva del primo maggio” ma, a causa dei controlli prolungati alla frontiera era arrivata in ritardo. Dato che il torneo si era già concluso, le autorità locali concordarono un’amichevole fra la selezione ungherese e una compagine composta dai giocatori dell’Amatori Ponziana e dell’Hajduk35 ma, durante il loro soggiorno, gli atleti ungheresi finirono per essere importunati da alcuni “ragazzotti fascisti italiani” spalleggiati dalle forze di polizia36. L’episodio, tuttavia, rimane dubbio: non solo non fu riportato dal locale foglio «Il Lavoratore», ma anche le memorie del tecnico magiaro, Gusztáv Sebes, tacciono su questo, lasciando aperta la possibilità che il «Népsport» esagerasse la portata degli eventi per enfatizzare l’ostilità verso gli atleti danubiani.

Blocco o flessione dei contatti sportivi? (1949-1951)

Una parte centrale del recupero di una dimensione sportiva continentale dopo la Seconda guerra mondiale fu, accanto alla ripresa di accordi bilaterali, anche la ricostruzione di un sistema di competizioni internazionali, con il ripristino dei tornei che avevano unito l’Europa durante il periodo interbellico, oppure inventandone di nuovi. Stando ai giornali ungheresi, trattative per la ripresa delle coppe Mitropa e Internazionale erano iniziate già nel 1945, tuttavia, difficoltà logistiche si accompagnavano a quelle burocratiche, mentre si diffondevano originali e inverosimili voci di allargamento della competizione all’Unione Sovietica37. Fu così che soltanto il congresso di Venezia del 1948 riuscì a sancire almeno la ripresa del torneo per selezioni nazionali38. L’importanza simbolica della partecipazione di Ungheria e Cecoslovacchia non deve essere sottovalutata: nel dicembre del 1946 in un articolo pubblicato sul «Kossuth Népe», il giornalista sportivo László Rejtő, criticava l’operato dei vertici sportivi magiari, interessati nel periodo a guardare a est, con il chiaro intento di ottenere l’inserimento del paese nella Coppa dei Balcani per il 194739. Il baricentro dello sport ungherese, insomma, si stava sincronizzando con l’incipiente Guerra fredda anche se, al tempo, le relazioni con gli stati “imperialisti” non sembravano in discussione40.

Di certo c’era che ormai a Budapest si dava ai rapporti sportivi verso oriente e occidente un valore diverso, come emerge da un documento redatto in vista delle Olimpiadi di Londra del 1948 dal Consiglio dei ministri. Mentre i primi dovevano servire per rafforzare la collaborazione e l’amicizia, i secondi erano, prima di tutto, declinati in una chiave di “contro-propaganda”41. La rinata Coppa Internazionale può in effetti testimoniare che qualcosa era cambiato nelle relazioni fra i due paesi. Nel maggio del 1949 prima si diffusero voci circa forti limitazioni all’ingresso nel paese per i giornalisti, causando forte irritazione in seno alla FIGC42, mentre nel reportage sulla città de «La Gazzetta dello Sport» si sottolineava come la capitale, sebbene «conserva[sse] sempre tutto il suo gran fascino» avesse anche «tutti i ponti caduti in acqua, con i ferri contorti, le molte case che sorgono vicino ancora sbrecciate»43.

Al netto di queste frizioni, l’interesse da parte italiana per i risultati sportivi magiari sembrava invariato. «La Gazzetta dello Sport» non solo riportava regolarmente esiti e classifica del campionato magiaro, ma era pronta ad applaudire le grandi vittorie ungheresi: come quella del Vasas di Budapest, prima formazione calcistica capace di battere una compagine sovietica (la Torpedo di Mosca) in Russia44.

Del resto, per il foglio rosa, l’“apoliticità” dello sport era un vero e proprio pilastro:

In quanto giornale sportivo […] nessuna cortina di ferro è stata creata a precludere i nostri rapporti antagonistici con l’Oriente Europeo. Annualmente squadre nazionali italiane incontrano squadre ceche, ungheresi e jugoslave, né alcuno ci vieta di segnalare le vittorie dello sport sovietico allorché ci sembrino meritevoli di segnalazioni (e il nostro giornale lo fa spesso)45

Dichiarazioni che trovavano riscontro nella controparte magiara: il «Népsport» suggerì di coniare un nuovo termine al posto di “cortina di ferro”, inadatto visto che il paese aveva accolto negli ultimi tempi «tennisti svizzeri, calciatori italiani, pugili cechi, ciclisti austriaci e arbitri inglesi e svedesi»46.

Le maggiori divergenze si erano verificate al di fuori dello sport federale: dopo che nel 1947 una folta delegazione italiana di atletica aveva partecipato al Festival mondiale della gioventù di Praga, nel 1949 l’edizione magiara fu ostacolata dall’annullamento del passaporto collettivo, provocando l’indignazione della stampa di sinistra47.

Tensioni ulteriori si aggiunsero nel 1950, quando il Partito dei lavoratori ungherese stabilì che si potessero effettuare incontri con i paesi “occidentali” solo in caso di (relativa) certezza di vittoria ed esclusivamente nell’ambito di tornei internazionali48. Una misura probabilmente concordata fra le democrazie popolari, dato che un mese prima i vari uffici sportivi – tranne quello sovietico, con cui all’epoca la struttura sportiva magiara aveva contatti limitati49 – si erano incontrati presso Tatranská Lomnica in Polonia50.

Se fino a quel momento Budapest aveva rinunciato a prendere parte alle competizioni solo laddove c’era la seria possibilità di incrociare avversari scomodi, come nel già citato Mondiale di scherma a Lisbona, e in quello successivo in Egitto (dove partecipava la Spagna)51, rischiando il ritiro anche dalla Coppa Davis del 1949 – evitato dalla retromarcia greca52 – da allora la situazione peggiorò. Il paese danubiano si vide prima ritirare il diritto di organizzare i campionati europei di nuoto a vantaggio dell’Austria per via dell’impossibilità di Jugoslavia e Spagna di prendervi parte53 – finendo per allestire un campionato europeo alternativo “dell’Europa orientale”54 – quindi l’organizzazione dei mondiali di scherma a favore della Svezia, secondo «La Gazzetta dello Sport», a causa dell’influenza del Quai d’Orsay francese55.

Anche i toni si alzarono: le vittorie dell’URSS ai campionati europei di atletica leggera a Bruxelles (1950), dove partecipavano formazioni di entrambi i blocchi, portarono il «Népsport» a celebrare la diversità che intercorreva fra le diverse nazioni, dividendo nettamente fra stati “imperialisti”, e quelli che facevano parte del “campo della pace”56.

Dopo un inizio promettente anche la concordia fra le federazioni calcistiche mitteleuropee, che aveva permesso la ripresa della Coppa Internazionale, si arenò: le trattative per la nascita della Coppa Latina, competizione per club che legava le squadre dell’Europa occidentale, strideva con i progetti di ripristino della Mitropa, mentre si diffondevano voci dell’imminente esclusione delle squadre di Cecoslovacchia e Ungheria a favore di quelle di altri paesi occidentali o nordici57. Nel febbraio del 1949, in effetti, l’ipotesi sarebbe stata formulata durante un vertice austro-italiano: solo voci secondo Josef Gerö, presidente della federazione di Vienna che, pur dissociandosi da quella che sarebbe stata una “disonestà sportiva”, ricordò come i rifiuti dei due paesi a effettuare incontri all’estero fosse dovuta a motivi che esulavano dallo sport58. Una situazione non semplice, probabilmente aggravata dal ricambio imposto dai nuovi governi comunisti nell’amministrazione sportiva e dalla morte, naturale, di alcuni importanti dirigenti del periodo interbellico59.

In questo clima sembrò persino possibile che la Coppa Internazionale, avviata ormai nel 1948, potesse chiudersi senza un vincitore, dato che persino una semplice riunione fra i delegati risultava difficile da programmare. Nel febbraio del 1951 vista l’assenza dei rappresentanti ungheresi e cecoslovacchi – la prima non preventivata – Giovanni Mauro, presidente del comitato, decise di procedere con la mano pesante, stabilendo che gli assenti avrebbero avuto tre mesi di tempo per chiarire le loro intenzioni circa la conclusione del torneo60.

Non che problemi del genere fossero un’esclusiva degli stati orientali: nel settembre del 1950, la Federazione atletica italiana annullò la propria partecipazione ai campionati ginnici di Budapest, rendendo inutile un volo speciale che era stato pianificato per l’occasione. Apprendendo la notizia, la Legazione in Ungheria arrivò a mettere in dubbio la correttezza dell’informazione pervenuta, chiedendo se non fossero stati i magiari a rinunciare, poiché

Il regime non tollera la possibilità di una sconfitta ad opera di atleti “occidentali” alla stessa stregua che non ammette che atleti sovietici possano venire qui battuti.61

Al netto di questo, per quanto le relazioni fra i paesi fossero difficili, anche in questa fase i contatti non vennero del tutto meno, specie in occasioni particolari, prima di tutto all’interno delle competizioni internazionali che garantivano una certa predominanza alle democrazie popolari, come il ping-pong. Atleti di entrambi i blocchi si incontrarono regolarmente in questo periodo nelle competizioni più importanti della disciplina (Budapest, 1950; Vienna, 1951; Bombay, 1952), e per 5 volte su 6 la vittoria a squadre fu ottenuta da un paese dell’ “oltrecortina”. Si deve però registrare che anche in altre federazioni il dialogo proseguì: non solo i delegati ungheresi parteciparono ad alcuni congressi in Italia – come quello di ginnastica a Firenze del maggio 195162 – ma, sempre nello stesso periodo, i pugili magiari combatterono a Milano per i Campionati Europei di pugilato dilettantistico63. Un evento che rivestì per il CONI «elevata importanza», per cui ottenne anche un piccolo finanziamento da parte del governo italiano per l’acquisto dei premi64.

Allo stesso tempo anche in altre occasioni si registrò una certa collaborazione fra i blocchi: il 4 maggio 1949, data della tragedia di Superga, non solo le società ungheresi – come tutte le altre europee – portarono il proprio cordoglio alla federazione italiana e al Torino65, ma fu lo stesso ufficio sportivo magiaro ad essere toccato nel profondo dall’evento. Come già ricordato il tecnico della formazione granata, Ernő Egri Erbstein, deceduto nell’incidente, aveva mantenuto stretti rapporti con il paese natale, ed era legato da una forte amicizia personale al presidente dell’ufficio sportivo Gyula Hegyi. Non sorprende che lo stesso si mosse affinché il fratello dell’allenatore, Károly Egri, ottenesse il visto per recarsi in Italia per le esequie, a cui partecipò grazie a un permesso speciale di tre giorni66.

Al netto dei pochi contatti sportivi diretti, erano altre le collaborazioni a non essere venute meno, almeno da est verso ovest, come dimostra «La Gazzetta dello Sport», dotata di corrispondenti che scrivevano regolarmente dall’oltrecortina. Per quanto riguarda l’Ungheria, in particolare, il foglio si era avvalso della collaborazione di Kálmán Vándor, redattore del «Népsport», giornalista abile a sfruttare l’occasione per inserire anche messaggi politici nei propri articoli. Ad esempio, nell’agosto del 1949 il giornalista celebrò il successo del triangolare di atletica italo-ceco-magiaro a Budapest, marcando l’accoglienza degli italiani all’hotel Palatinus: «un albergo distrutto dalla guerra, ma ricostruito modernamente»67. O, per celebrare la prima edizione della Coppa Tersztyánszky in Ungheria dalla guerra (1949), evidenziò come gli schermidori magiari si fossero riuniti in una villa «che una volta [era] una pensione per «signori» e che ora è stata messa a disposizione degli sportivi». Senza contare la favorevole inclinazione di alcuni schermidori italiani verso il nuovo corso di Budapest:

Pinton e Darè sono stati a Budapest in altre occasioni e si sono mostrati meravigliati per aver constatato come la città non sia molto cambiata e sorpresi di quanto hanno potuto notare esposto nei negozi cittadini. Darè ha voluto perfino entrare in una chiesta [sic!] per costatare se vi fossero fedeli e la sua curiosità è stata favorevolmente soddisfatta.68

Parole che avevano un significato particolare nel periodo, che avevano la possibilità di smentire le ricostruzioni democristiane circa la sofferenza della Chiesa ungherese. In seguito, lo spazio concesso al giornalista fu ridotto, ma il suo lavoro proseguì grazie a una rubrica dedicata, riportando ai lettori italiani gli sviluppi del campionato di calcio magiaro.

Questa attenzione, tuttavia, era a senso unico: i giornali di Budapest non scrivevano delle competizioni che si svolgevano nei paesi “imperialisti”, anche quando propri atleti partecipavano, e l’ufficio sport era arrivato persino a imporre l’esclusione delle squadre occidentali dalle schedine del Toto69.

Infine, vale la pena ricordare che la collaborazione fra i due paesi non si interruppe in un campo centrale, ma spesso sottovalutato delle relazioni bilaterali: quello della diffusione e vendita degli articoli sportivi. Nel 1951 l’Ungheria partecipò infatti alla Fiera di Milano ricevendo gli elogi per come:

abbia saputo mantenere alto il proprio prestigio internazionale anche e specialmente a opera di quanti si interessano alla fabbricazione degli attrezzi sportivi […] l’Ungheria dimostra oggi di aver raggiunto una invidiabile tecnica e precisione nella confezione di calzature per i vari sport […] è un ciclo perfetto di collaborazione per il bene comune che consente risultati insperati, come lo dimostra la esperienza e le numerose vittorie conseguite nelle ultime olimpiadi nonché la preferenza data agli articoli ungheresi da sportivi nazionali ed esteri70

Ripresa 1952-1953

L’inserimento dell’Unione Sovietica all’interno del circuito sportivo internazionale, prima con l’ammissione del Comitato olimpico sovietico al CIO (1951), quindi con la conferma della sua partecipazione alle Olimpiadi di Helsinki (1952) favorì la ripresa delle competizioni internazionali, dando nuova linfa all’idea che lo sport potesse essere un bacino di “contropropaganda”, utile ad attrarre simpatie verso le democrazie popolari71. Per questo, nei mesi precedenti l’appuntamento olimpico, tutte le legazioni ungheresi in Europa occidentale furono sensibilizzate sull’importanza di allacciare rapporti con i diversi giornali e i principali dirigenti sportivi locali, favorendo la diffusione di materiale propagandistico.

Dato che l’interesse verso il paese danubiano non aveva mai abbandonato la penisola, soddisfare la prima richiesta del Ministero degli Esteri non risultò particolarmente complesso, anche solo sfruttando le occasioni che si presentavano. Nella primavera del 1952 il giornale sportivo romano «Corriere dello Sport» chiese l’intervento della delegazione diplomatica magiara per ottenere la collaborazione di un giornalista ungherese, concludendo nell’ottobre del 1952 un accordo di mutua collaborazione con il «Népsport» di Budapest72. L’accordo reciproco, tuttavia, non vincolava i magiari: mentre sul foglio italiano a partire dal dicembre 1952 comparvero alcune notizie dall’Ungheria, il quotidiano di Budapest non sfruttò la collaborazione73.

La realizzazione di accordi di questo tipo era un grande vantaggio per la Repubblica popolare, ma la preparazione del materiale da trasmettere non era sempre agevole anche per via delle necessità di traduzione. Fra le carte del Ministero degli Esteri ungherese vi è un valido esempio in questo senso: un articolo dell’allenatore di calcio Gyula Mándi intitolato La tattica dei calciatori ungheresi, inviato alla Legazione di Roma per essere inserito all’interno del «Bollettino ungherese» una pubblicazione periodica in italiano gestita dallo stesso corpo diplomatico.

I collaboratori italiani del giornale, tuttavia, criticarono aspramente il lavoro, chiedendo a Budapest di fornire solo articoli tradotti in francese, poiché l’adattamento della versione italiana fornita aveva comportato un notevole dispendio di energie74.

Particolarmente interessante risulta la nota allegata al testo, dove il redattore segnò alcuni appunti. Pur non essendo uno dei peggiori – sostiene – dal punto di vista grammaticale, era lo stesso tema a chiedere una particolare attenzione, poiché:

non trattandosi di argomento poco noto (come potrebbero essere i verbunkes di Bihári o le opere di Ady) ma di questioni di dominio pubblico, è più facile individuare gli errori “di sostanza”. Non sono, ma mentre un errore di interpretazione di un commento su, poniamo, Bihári, potrebbe essere messo in luce soltanto da chi conoscesse bene l’ungherese, l’estetica musicale […] un errore di interpretazione sul sistema viene facilmente rilevato anche dagli orecchianti italiani di tecnica calcistica75

Così, dopo aver evidenziato l’importanza dell’utilizzare lemmi adatti, il redattore si lancia in una precisa disquisizione terminologica del “sistema”, redarguendo il traduttore sull’uso di termini impropri come “conclusore” (attaccante), o “guardiano instaccabile” (marcatore)76, riprendendo con sarcasmo

Altra bella novità, in tema di linguaggio sportivo, è il “centravanti capace di scappare”. Dove? In Argentina, come Boyè del Genoa, oppure in Columbia? Con la cassa della società oppure con la diva del cinema? Nel senso cui vuole alludere il traduttore, esistono centravanti veloci, abili nelle finte, nello smarcamento, nel dribbling, centravanti ubriacanti, scattanti, decisi. Ma centravanti che siano capaci di scappare…77

Anche allacciare rapporti personali con i dirigenti sportivi locali si dimostrò più semplice del previsto grazie al livello sportivo dimostrato dagli ungheresi alle Olimpiadi del 1952. Così, nel febbraio del 1953, la Legazione, sfruttando la comunista UISP (Unione Italiana Sport Popolare), allestì un ricevimento al quale parteciparono circa 200 persone fra dirigenti sportivi, giornalisti e diplomatici “amici”78. Oltre all’interesse suscitato dallo sport ungherese la Legazione era favorita dal fatto di avere a disposizione i locali di Palazzo Falconieri, sede dell’Accademia d’Ungheria in Roma, prestigioso edificio con locali adatti a ospitare proiezioni e conferenze, unico istituito di cultura di una democrazia popolare ad essere rimasto aperto nel periodo79.

Dato che un paio di mesi dopo, il 17 maggio, gli atleti ungheresi sarebbero stati gli avversari dell’Italia inaugurando lo stadio dei Centomila di Roma in occasione della Coppa Interazionale, non sorprende che persino il presidente del CONI, Giulio Onesti, aveva accettato di presenziare, intrattenendosi a discutere con il ministro Plenipotenziario Iván Kálló. In questa sede Onesti sostenne di aver dovuto superare fortissime resistenze da parte del governo per poter organizzare il match, ma di aver voluto con forza che fosse l’Ungheria a inaugurare l’impianto80. Una predilezione dovuta alla sua stima e alla considerazione per lo sport magiaro, comprovata dal fatto che l’avvocato piemontese invitò il diplomatico a visitare il cantiere dello stadio81. Non si deve dimenticare che l’Italia era interessata – al pari dell’Ungheria – a ospitare i Giochi Olimpici del 1960; per il presidente del CONI si trattava, probabilmente, anche di un tentativo di mostrarsi più disponibile verso i paesi d’Oltrecortina.

L’unico punto sul quale le interpretazioni dell’incontro fatte dall’avvocato e dal ministro divergono era quale fosse il partito interessato a sfruttarne le finalità politiche82. Se per Onesti era il Partito comunista a volersene approfittare83, Iván Kálló scriveva a Budapest che:

La partita aveva un importante significato politico, perché tutti i democristiani e i fascisti italiani avrebbero voluto che la nostra squadra fosse sconfitta per poter utilizzare il risultato nella competizione elettorale. In secondo luogo, avrebbero anche voluto prendere contatto con uno o due giocatori, da non far tornare a casa.84

Il diplomatico esagerava probabilmente l’impegno del governo, a suo dire pronto, in caso di vittoria nella partita di Roma, a inondare la capitale con “centinaia di migliaia di volantini”, alcuni dei quali ritraenti atleti magiari in abiti fascisti85 o altri che alludevano al fatto che la sconfitta era dovuta alla peggior alimentazione degli ungheresi, impoveriti dal regime86. Al valore politico intrinseco dell’incontro – l’inaugurazione del grande impianto della capitale – si sommava la tempistica dato che sia le elezioni italiane (8 giugno) che quelle ungheresi (16 maggio) si sarebbero tenute proprio in quei giorni. L’impegno dell’esecutivo, tuttavia, fu più modesto rispetto a quello suggerito da Iván Kálló: papa Pio XII ricevette il giorno prima della partita una delegazione degli Azzurri, accompagnata dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Giulio Andreotti e da Luigi Gedda, presidente del CSI (Centro sportivo italiano), gruppo d’ispirazione cattolica, evidenziando il nesso fra la religione e lo sport87.

La nazionale ungherese, arrivata il 14 maggio a Roma, incrociò comunque nel suo cammino una particolare forma di propaganda, la «Mostra dell’Aldilà», aperta da qualche giorno nei sotterranei della stazione Termini. Quest’ultima era la tappa capitolina di un’esibizione di carattere anticomunista, organizzata informalmente dal governo, che stava attraversando tutta la penisola italiana in vista delle elezioni politiche, cercando di sensibilizzare la popolazione verso il pericolo della vittoria alle urne delle sinistre in Italia. L’idea degli organizzatori era quella di portare l’oltrecortina in tutte le piazze del paese, mostrando ai visitatori un percorso strutturato in quattro fasi: prima le modalità attraverso cui i comunisti prendevano il potere quindi, la sofferenza che il regime causava alla popolazione e alla Chiesa, e infine l’unica arma per difendersi, ovvero il voto (alla democrazia cristiana)88. Un’esperienza rafforzata anche grazie all’utilizzo di suoni e luci volti a creare un senso di inquietudine, mentre pannelli informativi si alternavano a oggetti dell’oltrecortina raccolti dalle varie legazioni italiane in Europa orientale o telefoni attraverso cui era possibile ascoltare le testimonianze di chi era riuscito a fuggire dal blocco.

Il 16 maggio gli atleti dell’Aranycsapat (Squadra d’oro) ne fecero esperienza in prima persona, accompagnati dal proprio allenatore, Gusztáv Sebes nei locali dei sotterranei della stazione centrale di Roma. Sulla paternità dell’iniziativa, ci sono due versioni divergenti: da un lato Iván Kálló sostenne di aver voluto che la squadra visitasse la Mostra “con lo scopo che anche loro vedessero quale bugie si dicono sull’Ungheria nella locale campagna elettorale”89, mentre dall’altra lo stesso Sebes avrebbe deciso di sfruttare l’occasione per mostrare ai propri giocatori come l’Ungheria veniva raccontata nei paesi occidentali, allo scopo di caricarli in vista del grande incontro. Una versione, quest’ultima, compatibile anche con i ricordi del radiocronista magiaro György Szepesi90.

Se quello era lo scopo della visita, in effetti funzionò: il 17 maggio 1953 i magiari scesero in campo nello stadio dei Centomila davanti a circa 90.000 spettatori, compreso il presidente della Repubblica italiana Luigi Einaudi, non lasciando scampo agli Azzurri con un 3-0 che, qualche anno più tardi, ebbe modo di descrivere il direttore della rubrica sportiva del foglio «Paese Sera», Antionio Ghirelli:

Gli azzurri escono dal campo a testa bassa, sotto un uragano di fischi. Il nuovo, monumentale Stadio Olimpico della capitale è stato inaugurato con un rovescio catastrofico: 0-3 contro i magiari, una lezione di gioco brutale e minuziosa come una tortura.91

Il fallimento degli Azzurri si sommava a quello della Mostra dell’Aldilà, travolta da un grande scandalo. Il 14 maggio, prima della visita dei magiari, uscì infatti sul foglio comunista «l’Unità», la denuncia di due persone, Alfredo Nardecchia e Dionigi Judicone, che si erano riconosciute protagoniste di alcuni fotomontaggi posti a introduzione dell’esibizione vera e propria: in questi si potevano vedere a figura intera, avvolti dal filo spinato e con la didascalia «fra i 90 milioni di schiavi socialisti»92. La denuncia compromise la credibilità della Mostra, e la titubanza da parte degli organizzatori – che prima tolsero e poi rimisero i fotomontaggi, pitturandoli di nero e con la scritta “censurata dal PCI” – completò il lavoro.

I fogli ungheresi ebbero così buon gioco a contrappore la “falsa propaganda” democristiana allo spettacolo offerto dalla domenica calcistica:

A chi ha letto fino alla fine il comunicato [riguardo alla Mostra dell’Aldilà], tornerà in mente senza dubbio quello che ha ascoltato domenica alla radio, e cosa ha letto dal resoconto della partita fra Italia e Ungheria: le simpatie, lo stupore, il grande ringraziamento del pubblico italiano verso la squadra ungherese. Il comportamento sportivo della nostra nazionale, il suo gioco meraviglioso ha saputo ribaltare la disposizione del pubblico italiano […] Sappiamo bene che i tifosi italiani non sono soliti guardare le partite internazionali con tranquillità, ma invece spesso con grande foga tifano per la loro squadra […] e cosa è successo nel secondo tempo? Il pubblico, che si aspettava la vittoria della propria squadra, estasiato dalla formazione magiara, l’ha iniziata ad applaudire e festeggiare…La grande nazionale magiara non ha battuto solo la squadra italiana, ma ha anche conquistato l’enorme folla. È stata la degna rappresentate della nostra squadra patria che costruisce il socialismo […] Evidentemente c’erano anche quelli che avevano visto la mostra [dell’Aldilà] organizzata da Froggio e dai suoi compagni. La nebbia delle fetide bugie è stata spazzata via dal vento pulito della verità, dal brillante trionfo dello sport ungherese e dall’esempio splendente della cultura fisica ungherese […] Anche questa è stata propaganda. La vera propaganda. La propaganda della pace e dei popoli amici di essa. E i sentimenti del semplice popolo italiano non hanno celato che credono nella verità.93

Anche «l’Unità» non si lasciò sfuggire l’occasione di ricollegare il fiasco sportivo a quello dell’esibizione, evidenziando come non si dovessero porre limiti alle relazioni sportive con le democrazie popolari:

ha detto Barassi ai suoi due nostalgici amici, «chissà se durerà ancora, la Coppa. È andata troppo per le lunghe. Ci hanno fatto troppe difficoltà organizzative i Paesi d’oltrecortina». Ma guarda guarda! Allora è proprio vero che chi va con il Tupini [organizzatore della Mostra dell’Aldilà] impara a tupinare» Lo ing. Barassi, che è tanto amico del «sottosegretario dell’al di là» on .Giorgetto, è convito anche lui che gli italiani siano tutti fessi […] Anche nel campo dello sport i democristiani sono riusciti a distruggere, a rovinare a corrompere. E i risultati p vediamo, p vedono tutti. E vediamo anche che la dove il popolo ha preso il potere nelle sue mani lo sport avanza imperiosamente.94

Dopodiché gli atleti di Sebes furono assorbiti dai restanti impegni nella capitale: dato che la squadra aveva già visitato la sede de «l’Unità» prima dell’incontro95, nel pomeriggio del 18 maggio la formazione magiara fu ospite prima di Giuseppe Di Vittorio alla sede del sindacato CGIL, quindi in quella del Partito comunista, dove, accolti da Pietro Secchia, gli atleti brindarono ai nuovi successi dello sport magiaro e alla salute del segretario del Partito dei Lavoratori Mátyás Rákosi96.

Sfruttare al meglio la popolarità dello sport

La partita del 17 maggio offrì alle Legazione una grande opportunità, da utilizzare attraverso la distribuzione di materiale diverso da articoli e foto. Un’opportunità di propaganda evidente secondo il Ministero degli Esteri, che sulla base della rassegna stampa ricevuta celebrò la grande popolarità degli atleti di Budapest97. Il corpo diplomatico attuò un progetto ambizioso, quello di pubblicare veri e propri libri dedicati alle ragioni e allo sviluppo del calcio e dello sport magiaro.

In questo campo il corpo diplomatico poteva contare già una certa esperienza. Già prima delle Olimpiadi aveva infatti dato alle stampe un volume, Lo sport in Ungheria, diffuso supplemento per il “Bollettino ungherese” traduzione italiana di Sport Magyarországon agile opuscolo diffuso anche in Finlandia per rendere maggiormente popolari gli atleti magiari. Il testo, tuttavia, tradiva un evidente fine politico: aperto dalla citazione di Mátyás Rákosi in prima pagina «La nostra meta consiste nel far sì che lo sport diventi accessibile alle larghe masse popolari», proseguiva mettendo in primissimo piano l’importanza del ruolo statale nello sport e dell’impegno politico degli atleti all’interno delle organizzazioni sportive e nella “lotta per la pace”98. A questo era seguito un secondo tentativo, Helsinki, opuscolo che esaltava le vittorie olimpiche della spedizione magiara ai recenti giochi nel paese scandinavo, ma in questo caso la collaborazione fra Legazione e Budapest era stata disastrosa. Nonostante avesse ricevuto un primo esemplare in russo, e un secondo multilingue – con il solo scopo di facilitare la traduzione – il corpo diplomatico non comprese di doverne realizzarne una versione italiana ed elaborò un nuovo volume in più lingue. Una vera e propria perdita di tempo secondo il Ministero degli Esteri, che accusò il corpo diplomatico di non aver saputo gestire i materiali inviati99.

Dopo la partita del maggio 1953 le cose cambiarono, anche grazie ai maggiori rapporti intessuti dopo le Olimpiadi: a seguito della vittoria sull’Italia, l’Associazione Italia-Ungheria fornì come supplemento a «Pattuglia», rivista giovanile del Partito comunista, un breve testo dal titolo Lo Sport Ungherese. Le differenze rispetto ai volumi del 1952 sono evidenti, a partire dall’impaginazione, ricca di immagini ed evidentemente pensata per un pubblico giovanile, interessato per lo più al calcio. I messaggi politici, sempre presenti, erano allora inseriti all’interno di una cornice più ampia, come per esempio l’intervista a Ferenc Puskás, dove l’atleta ricorda l’aiuto del partito per perfezionare e migliorare la propria tecnica contrapponendo la sua figura a quella del padre che invece non aveva avuto queste possibilità prima della guerra100.

Il salto di qualità rispetto ai lavori precedenti al 1953 risulta ancora più evidente se si prende in esame un testo edito qualche mese dopo, con la collaborazione diretta del giornalista Antonio Ghirelli: La partita del secolo: Ungheria-Inghilterra 6-3. La pubblicazione, acquistabile direttamente presso le maggiori sedi dell’Associazione di Amicizia Italia-Ungheria, era una celebrazione della grande vittoria raccolta dalla formazione magiara a Wembley contro i maestri inglesi, battuti per la prima volta in casa da una compagine continentale. Come riferiva il testo nell’introduzione:

Offrendo agli sportivi italiani una cronaca viva e palpitante del grande incontro di Wembley, noi ci proponiamo non solo di far rivivere nel nostro pubblico le meravigliose gesta di quella giornata indimenticabile, ma di mostrare anche per quale strada gli ungheresi sono arrivati alla strepitosa vittoria di Wembley […] Lo sport e la cultura fisica hanno raggiunto nella repubblica popolare magiara un così alto grado di perfezione e di sviluppo da suscitare ammirato interesse ovunque. Ci auguriamo che questa nostra pubblicazione serva, almeno in parte, a soddisfare il desiderio di sapere e di conoscere del mondo sportivo italiano.101

Al netto delle offerte informative della Legazione e dei giornali, erano gli stessi risultati dello sport ungherese ad attrarre l’attenzione del pubblico italiano. Così, dopo le Olimpiadi di Helsinki le richieste di incontri da parte della penisola si erano moltiplicate. Una delle più interessanti fu senz’altro quella della commissione organizzatrice della Coppa Carnevale di Viareggio, un torneo internazionale dedicato ai giovani calciatori. Fu lo stesso Torquato Bresciani, uno dei fondatori della competizione e membro della UISP locale, a contattare il corpo diplomatico, invitando il “Ferencváros” per l’edizione 1953. Nella missiva il dirigente ricordò la caratura internazionale dell’evento chiarendo che la formazione avrebbe goduto di buona compagnia, incrociando squadre come il Partizan di Belgrado, il Racing di Parigi, l’Austria Vienna, l’Hajduk Spalato, il Barcellona, l’“Atene” e l’Arsenal102. Tuttavia, dopo aver ricevuto la missiva Budapest espresse dubbi circa l’opportunità: prima di tutto lamentando la scarsa conoscenza di Bresciani riguardo l’universo calcistico magiaro – il Ferencváros si era fuso con il sindacato dei lavoratori alimentari diventando ÉDOSz, dato noto anche nella penisola103 – senza contare che la prospettiva lasciava aperto il problema della legittimità di gareggiare con jugoslavi, spagnoli e greci104. A sostegno di Bresciani, tuttavia, si mosse la UISP, che suggeriva come fosse necessario accettare l’invito per far si che venissero coinvolte il maggior numero possibile di rappresentative delle democrazie popolari, eliminando invece le squadre provenienti da stati “fascisti”105. Il rifiuto dell’ufficio sportivo di Budapest – reiterato anche per il 1954106 – era probabilmente dovuto sia alla lentezza della burocrazia magiara, che imponeva a ogni richiesta di passare prima dal Ministero degli Esteri, quindi dall’Ufficio sportivo, ma probabilmente anche alla scarsità di fondi. In una situazione analoga, nell’agosto del 1954, la OTSB comunicò al Ministero degli Esteri di non poter accettare la proposta pervenuta dalla Carlin’s Cup di Sanremo – un altro torneo calcistico giovanile – proprio per problemi finanziari, ma di giustificare il rifiuto con la rappresentanza diplomatica addicendo altre motivazioni107.

In altri casi, invece, le trattive diedero esito migliore, specie se intervenivano personalità che potevano mediare fra le parti. Nel dicembre del 1953 il tecnico magiaro degli Azzurri Lajos Czeizler, ottenne che la formazione giovanile della Válogatott, effettuasse un’amichevole a Firenze in occasione della settimana di amicizia italo-ungherese fiorentina del 1954, ricevendo l’abbraccio di oltre 30.000 spettatori108. Certo, non tutte le settimane di amicizia potevano ambire a ospitare un evento simile ma, dove non fu possibile si cercò di proiettare le partite più importanti della nazionale magiara, come a Milano, dove 1.000 persone videro il film della partita fra Ungheria e Inghilterra presso il cinema Anteo109.

Fra questi, diversi erano giovanissimi: in un contesto politico internazionale di grande tensione lo sport rimase così uno dei più importanti strumenti di dialogo interblocchi, capace di stimolare, accanto al suo uso propagandistico, anche il dialogo e la circolazione di prodotti culturali.


1 Cfr. ad. es. Divided Dreamworlds? The Cultural Cold War in East and West, ed. by P. Romijn, G. Scott, S.-J. Segal, Amsterdam UP, Amsterdam, 2012; Un Européen malgré tout. Contacts et réseaux culturels, intellectuels et scientifiques entre Européens dans la guerre froide, sous la direction de A. Fleury, L. Jilek, Bruxelles, Peter Lang, 2009.

2 Cfr. ad es. T.C. Rider, Cold War Games. Propaganda, the Olympics, and U.S. Foreign Policy, Urbana-Chicago-Springfield, Illinois UP, 2016; V. Peppard, J. Riordan, Playing Politics. Soviet Sport Diplomacy to 1992, Greenwhich-London, Jai Press, 1993; M. Prozumenschikov, Sport as a Mirror of Eastern Europe’s Crises, in «Russian Studies in History» 49 (2012), 2, pp. 51-93; F. Archambault, Football in Trieste from 1945 to 1954. An Affair of States, in «Vingtième Siècle. Revue d’histoire» 111 (2011), 3, pp. 49-58 ; Id., Le contrôle du ballon : les catholiques, les communistes et le football en Italie ; de 1943 au tournant des années 1980, Rome, Ecole Française de Rome, 2012.

3 Cfr. Beyond Boycotts. Sport during the Cold War in Europe, ed. by P. Vonnard, N. Sbetti, G. Quin, Berlin-Boston, De Gruyter, 2018.

4 E. Costantini, O. Dubrovina, S. Pisu, M. Zinni, Introduzione, in «Mondo Contemporaneo», (2020), nn. 2-3, p. 9.

5 N. Sbetti, Giochi diplomatici. Sport e politica estera nell’Italia del secondo dopoguerra, Fondazione Treviso-Roma, Benetton-Viella, 2020, p. 48.

6 Ivi, p. 304.

7 Gli ospiti graditi, in «La Gazzetta dello Sport», 23 novembre 1935.

8 Cfr. ad. es. G. Lami, L’Ungheria nel “Corriere della Sera”.1946-1955, in Italia e Ungheria tra pace e guerra fredda (1945-1955), a cura di F. Guida, Z. Turgonyi, Budapest, Centro di ricerche di Scienze umanistiche, 2020, pp. 77-89.

9 Panorama Danubiano, in «Gazzetta dello Sport», 7 marzo 1946 e A. Barberis, Le solite vittorie austriache nell’ «ultima» di Davos, ivi, 27 gennaio 1947.

10 Archambault, Le contrôle du ballon, cit., pp. 312-313.

11 Sbetti, Op. cit., p. 189.

12 P. Bus Fekete, Járay operaénekes úr Olaszország csábítja Sárosi III-on kívül Szuszát, Deákot és Markusovszkyt (Járay, il cantante lirico, vuole contrabbandare in Italia oltre a Sárosi III anche Szusza, Deák e Markosovszky), in «Népsport», 5 luglio 1946. Su questo cfr. G. Andreides, T. Dénes, Weisz és a többiek. Magyarok az olasz fociban, 1920-1960 (Weisz e gli altri. Ungheresi nel calcio italiano, 1920-1960), Budapest, Jaffa Kiadó, 2018, pp. 158-162.

13 Cfr. I. Romsics, Hungary in Twentieth Century, Budapest, Osiris, 1999, pp. 233-234.

14 A Budapest non sarà possibile vincere, in «La Gazzetta dello Sport», 2 aprile 1947.

15 Intervista a Ferenc Puskás (Budapest, fra il 1993 e il 1996), cit. da, R. Taylor, K. Jamrich, Puskas on Puskas: the Life and the Times of a Footballing Legend, London, Robson Books, 1997, p. 33.

16 T. Gallowich, Mint kétszeres világbajnokhoz illik…(Si addice ai due volte campioni del mondo…), in «Népsport», 25 luglio 1947. Per la Coppa Internazionale: Qua e là nel mondo della palla rotonda, in «Gazzetta dello Sport», 14 aprile 1947.

17 K. Vándor, Nekünk nem kellenek magyar játékosok! (Noi non abbiamo bisogno dei giocatori ungheresi!), in «Népsport», 27 luglio 1947.

18 Il caldo non ha ucciso il calcio, in «Corriere dello Sport», 6 agosto 1947.

19 Quello che i settantamila hanno visto e sentito, ivi, 13 maggio 1947.

20 D. Bliss, Ernő Egri Erbstein. Trionfo e tragedia dell’artefice del Grande Torino, Milano, Cairo, 2019 (ed. or. 2014), pp. 225-226 e E. Egri Erbstein, Non sono un agente segreto, in S. Egri, Articoli, documenti, fotografie dall’archivio di Susanna Egri, raccolta inedita, p. 10.

21 Egri Erbstein, Non sono un agente segreto, cit.

22 Id., Erbstein vi presenta lo squadrone magiaro, in «l’Unità», 10 maggio 1947.

23 La squadra nazionale ungherese nel giudizio dell’ex giocatore Boros, in «Corriere dello Sport», 9 maggio 1947.

24 Difficoltà per la partita della Nazionale B in Ungheria, ivi, 4 maggio 1947; La “B” non andrà a Budapest, in «La Gazzetta dello Sport», 8 maggio 1947.

25 Vincenzo Cuccia, Gli schermidori magiari non disarmano, ivi, 13 novembre 1947.

26 Ibidem; sui circoli Barátság cfr. K. Szikora, Sport and the Olympic Movement in Hungary, in M. Waic (et al.), In the Shadow of Totalitarianism. Sport and the Olympic Movement in the Visegrád Countries 1945-1989, Prague, Karolinum Press, 2014, pp. 131-132.

27 Pentole e fornelli dall’Ungheria a Londra per gli atleti magiari, in «La Gazzetta dello Sport», 1 gennaio 1948.

28 Asboth e Drobny, ivi, 10 aprile 1948.

29 J. Földes, L. Kun, L. Kutassi, A magyar testnevelés és sport története (Storia dell’educazione fisica e dello sport ungherese), Budapest, Sport, 1977, p. 386.

30 Vogliono stare a Londra ungheresi e cechi, in «La Gazzetta dello Sport», 10 agosto 1948.

31 È finito in prigione, ivi, 27 maggio 1949.

32 Cfr. L. Venuti, Propaganda filo- e anti-comunista nell’Italia della Guerra Fredda: l’eco del processo Mindszenty (1949-1953), in Italia e Ungheria, cit., pp. 215-228.

33 Bartali in Vaticano con le primizie della sua Casa, in «La Gazzetta dello Sport», 15 febbraio 1949.

34 Cfr. Archambault, Le football à Trieste cit., pp. 49-58; Sbetti, Op. cit., pp. 331-368.

35 I calciatori ungheresi allo stadio contro l’Hajduk – A. Ponziana, in «Il Lavoratore», 26 aprile 1948.

36 V. J., Felháborító fasiszta orvtámadás Triesztben a magyar szakszervezeti csapat ellen (Scandalosa aggressione fascista a Trieste contro la squadra del sindacato), in «Népsport», 29 aprile 1948.

37 Budapesten lesz a KK-és az EK-értekezlet, a Szovjetunió is részt vesz rajta (L’incontro per le coppe Mitropa e Internazionale e Mitropa sarà a Budapest, e vi prenderà parte anche l’URSS), ivi, 30 gennaio 1946.

38 Rinascono: la Coppa Internazionale (Mauro Presidente) e la Coppa Europa Centrale, in «La Gazzetta dello Sport», 9 aprile 1947 e Lavori e ricevimenti nella prima giornata, ivi, 14 marzo 1948.

39 L. Rejtő, Mit keres Magyarország a balkáni olimpiai versenyeken (Cosa cerca l’Ungheria alle competizioni delle Olimpiadi dei Balcani), in «Kossuth Népe», 23 dicembre 1946.

40 Cfr. L. Venuti, Hungary as a Superpower. Football and Politics from Horty to Kádár (1924-1960), Odenbourg, De Gruyter, 2024, pp. 148-159.

41 Magyar Nemzeti Levéltár (Archivio nazionale ungherese, MNL), Országos Levéltára (Archivio dello stato, OL), XIX (Az államigazgatás felsőbb szervei, Organi maggiori dell’amministrazione statale), V. osztály (Sezione V), J (Külügy 1862-1995, Affari esteri), 1 (Külügyminisztérium, Ministero degli Affari Esteri), 1945-1964, Vegyes (Misto), sc. 99, fasc. 15/i, Lettera dal Consiglio dei ministri al KÜM, 29 febbraio 1948, pp. 1-2.

42 Andranno a Budapest gli azzurri il 12 giugno?, in «La Gazzetta dello Sport», 25 maggio 1949.

43 N. Oppio, Lo spirito di bandiera e l’estero degli azzurri contro l’agguerrita squadra magiara, ivi, 12 giugno 1949.

44 Gli ungheresi del Vasas battuti per 2-0 a Leningrado, in «La Gazzetta dello Sport», 9 settembre 1949 e Il diario di un tifoso, ivi, 25 settembre 1949.

45 Alfa non omega, ivi, 15 novembre 1949.

46 A “vasfüggöny” (La “cortina di ferro”), in «Népsport», 13 giugno 1949.

47 B. Di Monte, S. Giuntini, I. Maiorella, Di sport, raccontiamo un’altra storia. Sessant’anni di sport sociale in Italia attraverso la storia dell’UISP, Molfetta, La Meridiana, 2008, p. 92 e I. Calvino, Una grandiosa sfilata di giovani inaugura il Festival di Budapest, in «l’Unità», 17 agosto 1949.

48 T. Takács, Büntető terület. Futball és hatalom a szocialista korszakban (Campo di penalità. Calcio e potere nel periodo socialista), Jaffa Kiadó, Budapest 2018, p. 70.

49 L. Venuti, Non così vicini. Guerra fredda e sport di massa nei rapporti Urss-Ungheria (1945-1953), in «Passato e presente», 38 (2020), 3, pp. 125-131.

50 P. Malonyai, Aranykór (Morbo d’oro), Budapest, Novotrade, pp. 93-94.

51 V. Cuccia, “Al Cairo bisogna cancellare del tutto il ricordo di Lisbona”, in «La Gazzetta dello Sport», 7 aprile 1949.

52 MNL OL, XIX-I (Kultúra 1945-2003, Cultura),14 (Országos Testnevelési és Sporthivatal 1948-1986, Ufficio sportivo nazionale e di educazione fisica), B (Elnöki iratok, Documenti presidenziali), sc. 13, Dalla Federazione magiara di tennis all’Ufficio sportivo nazionale, 2 marzo 1949, p. 1 e Sei incontri facili, due difficili fra cui Italia Sud-Africa a Milano, in «La Gazzetta dello Sport», 9 maggio 1949.

53 I campionati europei nel 1950 in Italia?, ivi, 14 settembre 1950.

54 Niente Ungheria ai campionati europei, ivi, 6 aprile 1950 e Lo scisma ungherese è fatto, ivi, 26 aprile 1950. Cfr. anche Sbetti, Op. cit.., pp. 305-306.

55 Assegnati alla Svezia i campionati del mondo 1951, in «La Gazzetta dello Sport», 26 marzo 1950.

56 Győzelem a békéért (Vittoria per la pace), in «Népsport», 1 settembre 1950.

57 Svédország vesz részt Csehszlovákia (és Magyarország?) helyett a Középeuropai Kupában? (La Svezia prende parte al posto della Cecoslovacchia (e dell’Ungheria), nella Coppa Mitropa?, in «Magyar Nemzet», 13 gennaio 1949 e Sport-revű (Rubrica sportiva), ivi, 27 gennaio 1949.

58 Gustavo Moncherio, Mentre il campionato e in vacanza, in «La Gazzetta dello Sport», 5 febbraio 1949.

59 MNL OL, M (Az 1945 utáni munkáspártok iratai, Scritti dei partiti dei lavoratori dopo il 1945), 283 (Szociáldemokrata Párt iratai, Scritti del Partito socialdemocratico) – 25 (Sportosztály 1945-1948, Ufficio sport), fasc. 49 (A két munkáspárt sportosztályainak együttműködésére vonatkozó iratok 1945-1948, Scritti degli uffici sportivi dei due partiti dei lavoratori relativi alla loro collaborazione), Risoluzioni della commissione centrale per l’unificazione, 27 aprile 1948, pp. 2-3 e Cambio di guardia alla federazione ungherese, in «La Gazzetta dello Sport», 6 ottobre 1950 e Venuti, Hungary as a sport, cit., p. 159.

60 E. De Polo, Per la Coppa d’Europa 1951 forse torneo a Vienna, ivi, 18 febbraio 1951.

61 Archivio storico diplomatico del Ministero degli Affari Esteri (ASDMAE), Rappresentanza diplomatica d’Italia in Budapest 1944-1966, b. 31, fasc. 3: Manifestazioni sportive, Lettera dalla Legazione d’Italia a Budapest al MAE, 21 settembre 1950, p. 1.

62 Il congresso internazionale aperto a Firenze, in «La Gazzetta dello Sport», 29 maggio 1951.

63 Tutta Europa ai campionati di boxe, ivi, 18 aprile 1951.

64 Archivio centrale dello Stato (ACS, Roma), Presidenza del Consiglio dei ministri, Gabinetto (1868-1987), Affari generali, Fascicoli per categorie, 1951-1954, f. 14.4.48052, Lettera del CONI alla Presidenza del Consiglio dei ministri, 20 febbraio 1951.

65 U. Maggioli, A Torino il cuore dolente di tutto il mondo sportivo, in «La Gazzetta dello Sport», 6 maggio 1949; Iniziative spontanee a Milano e in tutta Italia, ibidem.

66 MNL OL, XIX-I-14-B, sc. 1, Richiesta di Gyula Hegyi all’ufficio passaporti della Pubblica sicurezza, 5 maggio 1949, p. 1. La presenza di Károly alle esequie è stata confermata dalla figlia di Ernő Egri Erbstein, Susanna nel corso di un’intervista rilasciata all’A. il 24 settembre 2021.

67 Sul Danubio gli atleti azzurri pronti all’incontro con Ungheria e Cecoslovacchia, in «La Gazzetta dello Sport», 29 agosto 1949.

68 Kalman Vandor, Con gli schermidori italiani alla vigilia della “Tersztianszky”, ivi, 18 dicembre 1949.

69 MNL OL, XIX-I-14-B, sc. 1, Lettera dall’ufficio di gestione del Toto a G. Hegyi, 20 ottobre 1949, p. 1 e Lettera da G. Hegyi all’ufficio di gestione del Toto, 2 novembre 1949, p. 1.

70 Articoli sportivi al padiglione ungherese della Fiera di Milano, in «La Gazzetta dello Sport», 28 aprile 1951.

71 Sui giochi di Helsinki cfr. N.C. Niggli, Diplomatie sportive et relations internationales : Helsinki 1952, les « Jeux olympiques de la Guerre froide » ?, in «Relations internationales», (2002), n. 112, pp. 467-485.

72 MNL OL, XIX-J-1-K, 1945-1964, Italia, sc. 18, fasc. 15/i, Lettera dalla Legazione di Roma al Ministero degli Esteri (KÜM), 31 ottobre 1952, p. 1.

73 Ancora in forse Italia-Ungheria?, in «Corriere dello Sport», 17 dicembre 1952.

74 MNL OL, XIX-J-1-K, 1945-1964, Italia, sc. 18, fasc. 15/i, sc. 13, fasc. 15/b, Lettera dalla Legazione di Roma al KÜM, 23 gennaio 1953.

75 Ivi, sc. 13, fasc. 15/b, Nota sulla traduzione de “La tattica dei calciatori ungheresi”, p. 1.

76 Ivi, pp. 2-3.

77 Ivi, p. 5.

78 Ivi, sc. 18, fasc. 15/i, Lettera dal KÜM alla Legazione di Roma, 26 novembre 1952, p. 1.

79 Su questo cfr. L. Medici, Dalla propaganda alla cooperazione. La diplomazia culturale italiana nel secondo dopoguerra (1944-1950), Milano, CEDAM, 2009, p. 174.

80 Ivi, Lettera dalla Legazione di Roma al KÜM, 12 marzo 1953, p. 1. Sul dibattito pubblico attorno all’incontro cfr. Archambault, Le contrôle du ballon, cit., pp. 249-250.

81 MNL OL, XIX-J-1-K, 1945-1964, Italia, sc. 18, fasc. 15/i, Lettera, cit., (12 marzo 1953), p. 2.

82 Sulle polemiche riguardo la partita cfr. A. Molinari, 1953: calcio e politica nell’anno della “legge truffa”, in «Bibliomanie», 52 (2021), 8, pp. 3-6.

83 MNL OL, XIX-J-1-K, 1945-1964, Italia, sc. 18, fasc. 15/i, Lettera, cit., (12 marzo 1953), p. 1.

84 Ivi, Dalla Legazione di Roma al KÜM, 21 maggio 1953, p. 1.

85 MNL OL, XIX-J-1-K, 1945-1964, Italia, sc. 18, fasc. 15/i, Lettera dalla Legazione di Roma al KÜM, 23 maggio 1953, p. 1.

86 Ibidem.

87 Eletta rappresentanza dello sport italiano ricevuta ieri in udienza dal Santo Padre, in «Il Popolo», 17 maggio 1953.

88 Sulla Mostra dell’Aldilà cfr. L. Venuti, Linguaggi dell’anticomunismo nell’Italia della Guerra Fredda. La Democrazia Cristiana e la “Mostra dell’Aldilà”, in «Memoria e Ricerca», 61 (2019), 2, pp. 327-348.

89 MNL OL, XIX-J-1-K, 1945-1964, Italia, sc. 18, fasc. 15/i, Lettera, cit. (21 maggio 1953), p. 1.

90 Gusztáv Sebes, Örömök és csalódások. Egy sportvezető emlékei (Gioie e delusioni. Ricordi di un dirigente sportivo), Budapest, Gondolat, 1981, p. 198 e Malonyai, Op.. cit., p. 181.

91 Antonio Ghirelli, Storia del calcio in Italia, Torino, Einaudi 1972 (ed. or. 1954), pp. 212-213.

92 Venuti, Linguaggi dell’anticomunismo, cit., p. 342.

93 Propaganda Rómában (Propaganda a Roma), in «Népsport», 19 maggio 1953.

94 Carlo Giorni, Solo nella lista d.c. poteva finire Barassi!, in «l’Unità», 18 maggio 1953.

95 I calciatori ungheresi in visita al nostro giornale, ivi, 17 maggio 1953.

96 MNL OL, XIX-J-1-K, 1945-1964, Italia, sc. 18, fasc. 15/i, Lettera, cit. (21 maggio 1953), pp. 2-3.

97 Ivi, Lettera dal KÜM alla Legazione di Roma, 2 ottobre 1952.

98 Lo sport in Ungheria, Roma, La Stampa Moderna, 1952, p. 3; pp. 15-16; 44-45.

99 MNL OL, XIX-J-1-K, 1945-1964, Italia, sc. 18, fasc. 15/i, Lettera dal KÜM alla Legazione di Roma, 2 ottobre 1952, p. 1.

100 F. Puskás, Una vita libera e felice, in Lo sport ungherese, Roma, Novagrafia, 1953, p. 8.

101 La partita del secolo: Ungheria – Inghilterra 6-3, Roma, La Stampa Moderna, 1954, p. 2.

102 MNL OL, XIX-J-1-K, 1945-1964, Italia, sc. 18, fasc. 15/i, Lettera dal G. S. Centro giovani calciatori Viareggio alla Legazione di Roma, 11 ottobre 1953 [data sbagliata], p. 1.

103 Ripresa del campionato ungherese con l’avvento della primavera, in «La Gazzetta dello Sport», 31 marzo 1950.

104 MNL OL, XIX-J-1-K, 1945-1964, Italia, sc. 18, fasc. 15/i, Lettera dal KÜM alla Legazione di Roma, 11 novembre 1952, p. 1.

105 Ivi, Lettera dalla Legazione di Roma al KÜM, 25 novembre 1952, p. 1.

106 Ivi, Dal KÜM all’Ufficio sportivo nazionale, 8 gennaio 1954, p. 1 e Lettera dall’Ufficio sportivo nazionale al KÜM, 29 gennaio 1954, p. 1.

107 Ivi, Lettera dall’Ufficio sportivo nazionale al KÜM, 9 agosto 1954, p. 1.

108 Ivi, Lettera, cit. (30 dicembre 1953), p. 2.

109 Ivi, Invito e programma alla settimana dell’Amicizia contenuto nel fasc. 0033/8, 22 luglio 1954 e Ivi, Lettera dalla Legazione di Roma al KÜM, 28 aprile 1954, pp. 1-2.

2009, pp. 10-11 e 96.