Immigrate (spesso) di lusso

Le calciatrici straniere in Italia (1968-1986)

Francesca Tacchi

Università di Firenze



Indice

Dal presente al passato

1968-1972: il boom del calcio femminile

1973-1980: crisi, ma le straniere girano l’Italia

1980-1986: il riconoscimento della FIGC e l’emorragia di straniere



Abstract: The article analyses the changing fortunes of foreign women footballers who moved to Italy between 1968 and 1986, i.e. the period between the organisation of the first Italian women’s football championship by the Federazione Italiana Calcio Femminile and the co-optation of the Federazione Italiana Giuoco Calcio Femminile (name adopted in 1975, after various vicissitudes) into the Federazione Italiana Gioco Calcio, after its recognition in an amateur framework, which was maintained until 2022, when Italian women’s football (A and B series) became professional. In the 1970s, the Italian championship was a much-desired destination for foreign (mainly European) women’s footballers because of its “de facto professionalism”, which guaranteed significant profit margins, even in a panorama marked by the economic crisis that severely affected women’s football system. The dynamics of this ‘immigration’ is traced in its quantitative and qualitative dimensions, using a variety of sources (archival, oral) and, in particular, sports press, which devoted considerable attention to women’s football.

Keywords: calcio femminile, professionismo, dilettantismo, straniere, federazioni calcistiche

Dal presente al passato

Nel campionato italiano di calcio femminile di serie A – a 10 squadre, dopo l’approdo nel 2022 al professionismo – il tesseramento di calciatrici con cittadinanza UE o dell’Area economica europea è libero, mentre per quelle provenienti da altri paesi il limite è di due per squadra. Le calciatrici straniere in Italia sono passate tra il 2018 e il 2022 dal 24,3% al 38,08% del totale1, percentuale analoga a quella del volley femminile ma comunque incomparabile con quella della serie A di calcio maschile (62%)2. L’Italia è tornata oggi a rappresentare, dopo il “boom” degli anni ’70 e ’80 del ’900 e una minore attrattività nei tre decenni successivi, una meta particolarmente ambita per le calciatrici straniere.

Al di là delle ricadute del fenomeno e dei toni allarmistici con cui talvolta si commenta il dato (minori opportunità per le italiane, impoverimento dei vivai, presunta minore competitività della nazionale), da un po’ di anni si verifica anche il fenomeno inverso, la “migrazione” delle calciatrici italiane nei maggiori campionati europei, dove il numero delle straniere, Inghilterra esclusa, è inferiore ma pur sempre in deciso aumento3. Il trasferimento nel 2023 della sedicenne Giulia Dragoni dall’Inter al Barcellona B (con esordio in prima squadra) è uno dei casi più eclatanti, ma era stato preceduto nel 2018 e nel 2020 dall’ingaggio da parte dell’Atletico Madrid, rispettivamente, dei difensori Elena Linari e Alia Guagni, provenienti dalla Fiorentina Women’s: squadra che aveva vinto lo scudetto nel 2017 ma che era inquadrata nella cornice dilettantistica4. Spesso queste “migrazioni” – lette anche come un segnale della crisi del sistema calcistico nostrano5 – sono a carattere temporaneo, e non è un caso che le tre giocatrici ricordate siano tornate a giocare nel campionato di serie A, divenuto nel frattempo professionistico6. Fu invece definitivo il trasferimento, nel 1980, della centrocampista della Lazio e della nazionale Feriana Ferraguzzi, emigrata in Belgio al seguito della famiglia per motivi lavorativi e tesserata per la sezione femminile dello Standard Liegi.7

Questo contributo è dedicato alle calciatrici “immigrate” in Italia nell’arco di tempo compreso tra il 1968 e il 1986, ovvero tra la disputa del primo campionato italiano di calcio femminile e il suo inserimento nella Lega nazionale dilettanti (LND) della FIGC, con cui si aprì una nuova e diversa fase. Negli anni ’70 l’Italia rappresentò per le calciatrici straniere – soprattutto europee, ma non solo – una meta particolarmente ambita, a causa dell’organizzazione – o per meglio dire, disorganizzazione – del calcio femminile nostrano, oscillante tra un dilettantismo di nome e un “professionismo” di fatto. In quegli anni l’UEFA sollecitò a più riprese le federazioni a creare sezioni calcistiche femminili, soprattutto dopo che un’inchiesta del novembre1970 aveva rivelato che dei 33 paesi affiliati solo in 16 si praticava il calcio femminile, riconosciuto appena da 9 federazioni. Lo sviluppo del movimento “esigeva” una razionalizzazione, vale a dire un controllo, da parte delle istituzioni sportive, specialmente per quanto riguardava i confronti internazionali: lo indicò chiaramente la FIFA, negando l’ufficialità ai due “mondiali” femminili del 1970 (Torino) e 1971 (Messico), invitando al contempo le federazioni a non aderire a competizioni non ufficiali8.

Sia pure con tempistiche e modalità diverse, il calcio femminile fu riconosciuto in questi anni in vari paesi – Francia, le due Germanie, Svezia, Svizzera, Inghilterra, Danimarca, Finlandia, Islanda, Scozia: ma le loro calciatrici non smisero per questo di girare l’Europa. Anzi. Proprio la ricerca di campionati e di squadre in grado di garantire contratti da “professioniste” sarebbe stata alla base – ha ipotizzato anni fa Jean Williams – del processo di “globalizzazione” del football femminile9. I paesi di “accoglienza”, in primis l’Italia, garantivano infatti non solo e non tanto prospettive di carriera (visto il livello non eccelso del campionato) quanto di guadagno, configurandosi in alcuni casi, come vedremo, anche come scelte di vita. Quando nel 1986 vi fu il riconoscimento – ovvero la cooptazione – del calcio femminile nella FIGC, le principali calciatrici straniere avevano già lasciato le squadre italiane, che non offrivano più da qualche anno – soprattutto per le difficoltà economiche in cui versavano – ampi margini di guadagno: e il successivo carattere dilettantistico del campionato portò a un suo impoverimento, anche dal punto di vista tecnico. Il ventennio preso in considerazione rappresenta dunque un unicum nella storia del calcio femminile italiano, visto che solo negli anni ’10 del terzo millennio le straniere sono tornate in massa a giocare nel campionato di serie A.

Per ricostruirne le dinamiche – quasi ignorate nei pochi studi a carattere storico sul calcio femminile –, vista la povertà (e talvolta la contraddittorietà) di informazioni, ho deciso di considerare qualità e quantità del fenomeno: non mi concentro pertanto solo sui casi più “famosi” e rappresentativi, per i quali spesso è disponibile un surplus di memoria – a partire dalle interviste, moltiplicatesi grazie al web e ai social media. La stampa, in particolare quella sportiva – che in virtù di specifici accordi riservò negli anni ’70 una più che discreta attenzione al calcio femminile10 – contribuisce a far emergere dall’oblio anche nomi sconosciuti e/o dimenticati (e talvolta nemmeno individuabili con precisione): sono soprattutto questi, a mio parere, a restituire l’ampiezza di un fenomeno che – nell’ambito di questo particolare tipo di migrazione “di lusso” – assunse sfaccettature molteplici.

1968-1972: il boom del calcio femminile

Tra giugno e novembre 1968 si disputò in Italia -durante la sosta di quello maschile – il primo campionato di calcio femminile, diviso in due gironi (Nord e Centro-Sud): fu vinto dal Genova sulla Roma, che si aggiudicò il titolo l’anno successivo prevalendo sulla squadra ligure, in un torneo a girone unico. I campionati erano organizzati dalla Federazione Italiana Calcio Femminile (FICF), costituitasi a Viareggio nell’aprile 1968: due mesi prima la finale del locale torneo internazionale giovanile maschile era stata preceduta dal primo incontro tra la “nazionale” italiana femminile e la forte Cecoslovacchia11. Già l’anno precedente alcune squadre ceche – soprattutto lo Slavia Praga, l’ossatura della nazionale – avevano effettuato varie tournée, anche in Italia12; ma dopo la repressione della Primavera di Praga nel ’68 il fenomeno si allargò a macchia d’olio. Dopo una trasferta in Cecoslovacchia della forte squadra del Boldklubben (BK) Femina di Copenaghen- identificata (impropriamente) con la nazionale danese -, le due calciatrici ceche Jana Mandíková e Marie Ševčíková chiesero e ottennero asilo politico, divenendo cittadine danesi e tesserandosi appunto per il BK Femina13. E della tournée estiva del ’69 dello Slavia Praga in Italia approfittarono il difensore/mediano Helena Jindráčková e la giocatrice-allenatrice Jaroslava Krejčová-Fabozzová, chiedendo asilo politico: dopo 3 mesi nel campo rifugiati di Opicina (TS), si accordarono con la Fiorentina Elettroplaid, ottenendo vitto e alloggio, un discreto ingaggio, un impiego14.

Al di là di queste migrazioni “politiche” (ma le calciatrici ceche erano comunque al vertice del panorama europeo), alla base dei trasferimenti in Italia vi erano motivazioni tecniche ed economiche. Lo conferma proprio il caso della Ševčíková, che cambiò più volte squadra nel giro di pochi mesi. Nel 1969 il BK Femina incontrò, durante una tournée europea, la nazionale italiana a Torino: il presidente della squadra femminile del Real Torino, Marco Rambaudi – ottenuta una deroga alle norme, vaghe e disattese, della FICF, che prevedevano il tesseramento di sole atlete della regione , mise sotto contratto Ševčíková e il terzino 21enne Birgit Nielsen, già impiegata nella finale di Copenaghen dell’Olivetti. A entrambe offrì un ingaggio di 200.000 lire al mese più bonus, e un lavoro presso un proprio mobilificio15.

Sempre a Torino e sempre nel 1969, in autunno, si disputò la Coppa Europa per nazioni: un quadrangolare sponsorizzato dalla Martini&Rossi e organizzato dalla neonata Federazione Internazionale Europea Football Femminile (FIEFF), presieduta dall’assessore allo sport, il giurista Vittorio Lucci, e composta in gran parte da figure non sempre direttamente riconducibili al mondo del calcio. Dopo il torneo – cui parteciparono Inghilterra, Francia e Danimarca, sconfitta in finale dall’Italia, paragonata dalla stampa agli «azzurri» vittoriosi a Roma ’6816 –, il Real Torino ingaggiò la ventiquattrenne inglese Sue Lopez, capitana del Southampton Ladies e stenodattilografa presso la locale Università, cui offrì 150.000 lire al mese17. A Torino – pure invitata – non si era presentata la Cecoslovacchia per presunti motivi di visto, che non avevano però bloccato, come visto, le tournée dello Slavia Praga.

L’arrivo delle calciatrici straniere fin dagli albori del movimento calcistico italiano ne condizionò gli sviluppi, suscitando varie preoccupazioni. La stampa di sinistra – e l’Unione Italiana Sport Popolare (UISP), che organizzava proprio dal 1968 un proprio campionato – individuò in questo “protoprofessionismo” delle straniere un pericolo per un sistema che avrebbe dovuto invece mantenere la propria natura dilettantistica18. Mentre le frontiere per il calcio maschile erano come noto chiuse, nel campionato femminile si potevano tesserare 4 straniere per squadra, impiegandone in partita 2. L’Italia sembrava davvero «una terra promessa, una landa munifica da scoprire e sfruttare»19; ma investire sulle straniere era – o almeno sembrava – conveniente anche per i proprietari delle squadre femminili, grazie al ritorno in termini di immagine, di competitività, di incassi. Dopo un’iniziale diffidenza, gli spettatori infatti aumentarono, se non altro per soddisfare la curiosità per il «calcio in gonnella», com’era ancora definito in vari resoconti giornalistici, restii ad abbandonare un linguaggio impregnato di stereotipi sessisti20.

Nei confronti della concorrenza “sleale” dell’Italia serpeggiavano – soprattutto nelle federazioni calcistiche europee del nord Europa, da cui provenivano gran parte delle “immigrate” – vari malumori: «the breakthrough» del calcio femminile negli anni ’٧٠ confermava i progressi di questi paesi anche dal punto di vista della parità di genere, ma non sembrava in grado di trattenere in patria le calciatrici, che ricercavano all’estero opportunità di guadagno maggiori21. La questione fu affrontata con estremo realismo da una pioniera del calcio femminile, l’allenatrice Valeria Rocchi: le straniere «hanno elevato il livello tecnico del calcio femminile in Italia. E venendo dall’estero, è pure giusto che prendano un po’ di soldi. Altrimenti chi glielo fa fare: stanno a casa loro»22. Si toccava un tasto cruciale della questione: gli ingaggi delle calciatrici straniere – e in generale di quelle più brave, anche italiane – erano possibili grazie agli abbinamenti commerciali, spesso mascherati visto che le sponsorizzazioni delle squadre (vietate allora nel calcio maschile) erano a carico degli stessi proprietari delle squadre. Sarebbero stati proprio gli abbinamenti commerciali a ostacolare – o comunque a rinviare per quasi un ventennio- il riconoscimento del calcio femminile da parte della FIGC; anche se, va aggiunto, questo fu frenato soprattutto dall’indifferenza (nel migliore dei casi) delle istituzioni e dalla volontà della FIFC, e in generale delle federazioni di calcio femminile, di mantenere la propria autonomia23.

Federazioni al plurale, perché nel 1970 vi fu in seno alla FICF una scissione, che portò alla nascita a Roma della Federazione Femminile Italiana Giuoco Calcio (FFIGC), che organizzò un proprio campionato24 e una propria nazionale. Questa divisione si palesò, assumendo toni piuttosto polemici, in occasione del primo “mondiale” di calcio femminile, organizzato nel luglio di quell’anno a Torino dalla FIEFF, cui la nazionale italiana – composta da giocatrici di squadre affiliate alla FICF – partecipò insieme ad altre 7 (di cui solo una, il Messico, non europea). La finale Italia-Danimarca (0-2) fu seguita sugli spalti da oltre 40.000 spettatori, e i media seguirono con attenzione il mondiale «per signorine»25. La stampa italiana ne seguì infatti tutte le fasi, con accenti profondamente diversi a seconda della federazione di riferimento26.

Il mercato delle calciatrici fu condizionato dalla concorrenza tra le federazioni. Il “trio delle meraviglie” del Real Torino, il Lo-Ni-Se (dalle iniziali dei cognomi), aveva debuttato a fine 1969 in amichevole contro la Snia Ambrosiana27, ma ben presto si era sfaldato. Ševčíková – non avendo trovato un accordo sull’ingaggio – dopo essere tornata al BK Femina e aver disputato il mondiale torinese (vinto anche grazie a un suo gol nella finale), firmò nel 1971 per una squadra della federazione rivale (FFIGC), la Fiorentina Elettroplaid, che ingaggiò anche la connazionale Lone Yvonne Hansen. Ma quando la squadra fiorentina perse l’abbinamento commerciale – fenomeno molto frequente – e retrocesse nella serie interregionale, le due danesi si accordarono nel 1973 con un’altra società della FICF, il Casabella Pontedera28.

Rimaste al Real Torino, Lopez e Nielsen contribuirono nel 1970 alla conquista dello scudetto FICF, insieme all’inglese Dorothy (Dot) Cassel del Southampton e, pare, alla tedesca Müller29. La situazione cambiò però presto: Nielsen si trasferì alla Reggina e Lopez, dopo un soggiorno in Inghilterra, firmò per una squadra della FFIGC, la Roma, contribuendo – insieme all’austriaca Monica Karner e soprattutto a Stefania Medri, il «Sivori in gonnella» – alla vittoria della Coppa Italia contro la Fiorentina nel 197130. Proprio in quell’anno la Football Association inglese revocò il cinquantennale ban del calcio femminile e Lopez, nel timore di perdere il posto in nazionale, fece ritorno in Inghilterra31. Altre inglesi però rimasero, o arrivarono, nella capitale: Cassel si accordò con la Lubiam Lazio, mentre la centrocampista del Queen Parks Rangers Joan Clements giocò per un breve periodo nella Roma. Secondo alcune voci di mercato, la Lazio nel 1971 sarebbe stata sul punto di ingaggiare altre due danesi, fresche vincitrici del secondo mondiale targato FIEFF, disputato in Messico nel 1971: la capitana Inger “Tulle” Pedersen (mediano della prestigiosa squadra dello Stade Reims) e l’ala destra Annette Fredreriksen; nel campionato italiano del 1972 in realtà nessuna delle due figurava nei tabellini, e “Tulle” arrivò l’anno successivo32.

Il mondiale messicano del 1971 – che suscitò molta attenzione e varie polemiche, sia in Italia sia in Messico33 – portò con sé la ricerca della «campionessa “bell’e fatta»34, straniera o italiana che fosse. La carriera della forte centravanti della nazionale Elena Schiavo è da questo punto di vista emblematica; in quel momento era in forze all’Astro Corsetterie di Torino, dopo aver giocato un anno al Real Torino, che a sua volta l’aveva “strappata” alla Roma, garantendole un contratto da professionista: una parte fissa, vitto e alloggio, i premi partita e per le convocazioni in nazionale, le ferie e una copertura assicurativa in caso di infortunio. L’esborso per il Real Torino, una delle poche squadre senza sponsor, era stato molto impegnativo, e non a caso proprio nel 1971 la società finì «malinconicamente» in liquidazione35.

La presenza di uno sponsor era necessaria per consentire l’ingaggio delle migliori calciatrici e anche per organizzare al meglio le tournée all’estero delle squadre più “famose”, per quanto i costi fossero spesso – si presume – a carico degli organizzatori36. La squadra vincitrice nel 1970 del campionato FFIGC, la Gomma Gomma di Milano, allenata da Valeria Rocchi, aveva in organico la diciassettenne regista svizzera Madaleine Boll, acquistata dal Sion (aveva giocato nella squadra maschile juniores, per un errore di tesseramento). Definita – i paragoni con i campioni italiani erano all’ordine del giorno – la «Benetti con la parrucca», Boll seguì, insieme ad altre compagne, la propria allenatrice (licenziata dalla proprietà, trasferitasi a Meda) al Real Juventus: con la squadra torinese vinse il secondo campionato FICF, prima di trasferirsi – dopo il ritiro della squadra – al Milan e poi al Falchi-Astro Montecatini37. Per l’altra squadra chiamata Juventus (affiliata FFIGC, senza sponsor) firmarono invece la francese Elly Reb e una «svizzeretta in gamba», la centravanti Kathrin Moser, messasi in luce al mondiale torinese del 1970: dopo appena due mesi, firmò però con la SNIA Ambrosiana e poi con l’Astro Torino, dove era tesserata anche la tennista Monica Giorgi38. Il panorama delle calciatrici straniere si arricchì, sempre nel 1971, grazie alla capitana della nazionale francese Christine Tschopp, trasferitasi dal Lione alla Juventus, e alla norvegese Sif Kalvø, arrivata alla Lazio per poi trasferirsi alla Roma e al Lecce: nel 1975 avrebbe disputato, sotto falso nome (Silvana Kalvoa), alcune amichevoli di una ufficiosa rappresentativa nazionale39.

La divisione del calcio femminile sembrò ricomporsi nel 1972, con la nascita della Federazione Femminile Italiana Unificata Autonoma Gioco Calcio (FFIUAGC), presieduta dall’avvocato Giovanni Trabucco. In realtà vi furono ulteriori scissioni (temporanee), con la nascita di «federazioni-fantasma e federazioni-quattrogatti», così sprezzantemente liquidate dalla «Gazzetta dello sport»: al centro-nord fu operativa, per un breve periodo, la Federazione Italiana Gioco Calcio Femminile (FIGCF), sotto l’egida della Rocchi, che inglobò anche la Federazione Italiana Gioco Calcio Femminile Centro Meridionale di Andrea Patorno40. La FFIUGC (“persa” la A dalla sigla) organizzò tre campionati, vinti nel ١٩٧٢ e ١٩٧٣ dal Gamma ٣ di Padova (quello della FIGCF fu vinto dal Milano) e nel 1974 – rientrate finalmente tutte le scissioni – dal Falchi Astro Montecatini. Finalmente, nel 1975una “nuova” sigla – FIGCF (Federazione Italiana Giuoco Calcio Femminile) – sancì la definitiva ricomposizione del movimento federale femminile, con un unico campionato.

In questo caos organizzativo e di sigle, una delle poche certezze sembrava paradossalmente proprio il calciomercato: al «Gallia delle donne» si concretizzavano infatti i contatti avviati durante le tournée o le competizioni internazionali, come ad esempio la seconda edizione della Coppa Europa per nazioni, organizzata nel 1972 dalla FIEFF: il solito quadrangolare, cui parteciparono oltre all’Italia Inghilterra, Francia e Spagna41.

1973-1980: crisi, ma le straniere girano l’Italia

La crisi economica degli anni ’70 incise pesantemente sul sistema calcio italiano, compreso quello femminile, che si reggeva su basi abbastanza precarie: fallimenti, cambi di proprietà, rinunce ai campionati, fusioni, erano infatti all’ordine del giorno. La “nuova” società Falchi-Astro di Montecatini nel 1974, ad esempio, derivava dalla fusione delle società torinese e vicentina, entrate in crisi: ma dopo la conquista del titolo, fu costretta dopo un anno a rinunciare alla serie A42. Eppure, le straniere continuarono ad arrivare, cambiando semmai spesso squadra. Nel 1973 il Milano tesserò la diciottenne mezzala sinistra Rose Reilly, visionata in una tournée della Scozia: poiché giocava anche nello Stade Reims, Reilly si divise tra le due squadre sia per gli allenamenti sia per le partite. La scozzese contribuì alla conquista degli scudetti del 1973 e del 1975 (il nome era divenuto Milan, dopo l’acquisizione del titolo della Lombarda calcio, a sua volta fusa con la SNIA Ambrosiana), ma nel 1978 firmò per la matricola Jolly Catania, vincendo il titolo prima del fallimento della squadra siciliana nel 1984; Reilly aveva nel frattempo cambiato squadra, giocando dal 1981 nel Lecce e poi nel Trani fino al 1986. Radiata dalla federazione scozzese per professionismo, la scozzese nel 1984 si era vista offrire la maglia della nazionale italiana (di cui divenne capitana, al Mundialito di Jesolo), con la quale giocò 17 incontri amichevoli; ogni anno, priva della cittadinanza italiana, doveva però rinnovare il permesso di soggiorno43.

Sempre nel 1973 arrivarono in Italia l’inglese Janice Lyons – proveniente dalla prestigiosa squadra del Manchester Corinthias Ladies, giocò nella Juventusper due stagioni44 – e la sedicenne Concepción Sánchez (detta Amancio, dal madrilista Amancio Amaro Varela), capitana della nazionale spagnola, che firmò per la squadra campione del Gamma 3 Padova, dove brillava la stella di Betty Vignotto. L’acquisto (pare per 7 milioni di lire) era stato secondo il presidente Paolo Mescalchin un buon affare: «non tanto per aumentare il nostro potenziale, quanto per conferire al football femminile quella nota di interesse e di spettacolarità»45. Il tutto però a caro prezzo: pur rivincendo lo scudetto nel 1974, il Gamma 3 in crisi fu inglobato dal Valdobbiene; qui Sánchez vinse altri due titoli nel 1976-’77, prima della rinuncia al campionato dello sponsor/proprietario Diadora; si trasferì allora al Conegliano, al Gorgonzola e ad altre squadre fino al 1995, «sempre alla ricerca di stimoli nuovi e di ingaggi che le permettano di vivere di calcio»46.

Il “colpo grosso” sul mercato lo realizzò nel 1974 il Bologna Reno, che ingaggiò la rivelazione del mondiale messicano, la danese Susanne Augustesen, autrice in finale, ad appena 15 anni, di una tripletta contro le padrone di casa. Anche in questo caso, la permanenza a Bologna fu breve e la sequenza dei trasferimenti analoga. Il suo «spirito zingaro» la portò infatti – dopo aver giocato nel Gamma 3, la squadra “erede” del Valdobbiadene, e poi nel Conegliano – a Lecce, tesserata con un ingaggio importante per la squadra sponsorizzata dall’Alaska Gelati. Augustesen continuò a girare l’Italia, giocando soprattutto nella Lazio (lasciata una prima volta nel 1982 per il Cagliari, che avrebbe potuto essere la sua prima squadra già nel 1971)47, rappresentando le straniere nella combattiva Associazione italiana giocatrici di calcio (AIGC)48. Al suo ritiro nel 1995, aveva vinto 8 volte il titolo di capocannoniere (andato nel 1978 e nel 1981 alla Reilly, tesserata rispettivamente per Jolly Cataniae Lecce, e nel 1986 a Lone Hansen del Trani, sponsor Despar), prima che si inaugurasse l’era di Carolina Morace, vincitrice per dieci anni consecutivi.49

Non rinunciavano alle straniere neppure le squadre “minori”: nel 1973 il Potenza, matricola in serie A, tesserò «l’inglesina Glenda King, di cui si dice un gran bene», mentre nel 1974 nel Crocetta Carrel (interregionale) figurava la spagnola Gonzales50. Molte europee e quasi nessuna sudamericana: nel campionato italiano non giocavano né argentine (presenti al mondiale ’71) né brasiliane (solo nel 1979 fu abolito il divieto di giocare a calcio, risalente al 1941) né uruguayane (nel 1972 sfumò l’acquisto da parte del Piacenza dell’attaccante Claudina Vidal, ritenuta non all’altezza)51. Riguardo alle forti messicane, alcune voci di mercato – fantasiose, vista la situazione economica della società – avevano ipotizzato l’arrivo al Real Torino della stella Alicia Vargas: la prima calciatrice messicana a giocare in Europa fu in realtà Esther Mora Soto, approdata nel 1975 all’Alaska Lecce, dopo una tournée della nazionale52.

Le calciatrici straniere catalizzarono, in parte, l’attenzione dei media, in genere abbastanza tiepidi nei confronti degli impegni della nazionale italiana – seguita invece dalla TV giapponese – e delle tournée di nazionali straniere, quali Cecoslovacchia, Scozia e Jugoslavia53. Oltre a proporre le sintesi di alcuni incontri come Italia-Resto d’Europa, rappresentativa formata soprattutto da calciatrici del campionato italiano , la Rai a partire dal 1974 seguì con una certa regolarità il campionato italiano, riservandogli uno spazio nella trasmissione «Dribbling», alla quale talvolta partecipavano anche addette/i ai lavori54. La geografia delle “immigrate di lusso” nel frattempo si arricchì di un altro paese: nel 1976 arrivò alla Lubiam Lazio la regista irlandese Ann O’Brien, rimastavi – caso più unico che raro – ben otto anni per poi giocare nel Trani, Reggiana Zambelli, Milan Salvarani (sponsor dal 1978), collezionando scudetti: il calcio, ha ricordato, era stato «uno strumento allettante» per «viaggiare, vedere, conoscere e divertirmi giocando»55.

Tutti questi arrivi indussero nel 1977 la federazione ad aumentare il numero delle giocatrici non italiane impiegabili contemporaneamente in campo, che salirono a 3. La «legione straniera»56 contribuì a rivoluzionare, anche nel giro di pochi mesi, gli organici delle squadre. Il contingente più numeroso era quello scozzese: June Hunter, Mary Carie Anderson e Mary Strain giocavano nell’Italinox Gorgonzola, mentre Reilly ed Edna Neillisnel GBC Milan; quest’ultima due anni prima si era meritata l’appellativo di «Pelè blanche» dopo una tournée in Senegal, nell’ambito del gemellaggio Milano-Dakar57. Il Bologna Eurokalor iniziò il 1977 con le danesi Lone Nilsson e Marianne Kamp (tesserata dal 1974) e con 3 jugoslave, assenti però nella rosa ufficiale – Katarina Bozio e le croate Vera Bišćan (ŽNK) e ZlataVargek (Merkur), quest’ultima trasferitasi poi al Ledisan Pordenone (come l’inglese Joyce Assey)58. A fine 1977 nella squadra felsinea figurava invece la Pedersen, proveniente dalla Lubiam Lazio; in quest’ultima giocava, oltre a O’Brien, la «pantera nera» giamaicana Beverly Ranger, la prima professionista del calcio femminile tedesco (proveniente dal Bergish Gladbach) grazie a un contratto con la Puma. Augustesen e Sánchez risultavano allora tesserate per il Valdobbiadene, mentre Karner era sempre alla Roma, sostenuta dal nuovo sponsor Universo Assicurazioni59.

Come visto, anche i campionati delle serie inferiori avevano le loro straniere: a Monza (Fiamma Ceraso Caimex) giocava la scozzese Anne McCallum e a Piacenza (Sisal Moquettes, che aveva rinunciato al ripescaggio in serie A) l’inglese Martine Montague (proveniente dallo Stoke City) e Lena Olovson, la prima calciatrice svedese professionista, che si alternava tra la porta e l’attacco. Un’altra svedese – Ingrid Rosendahl – figurava nel campionato regionale (Eros Caffè Limena di Padova, che aveva rinunciato alla serie B). Nella serie cadetta giocavano anche l’inglese Mary Carr e la scozzese Margaret Wilson (Apulia Bitonto, Bari), Soto (Lecce), mentre due ungheresi – Eva Bartha e Zsuzsa Svitel – erano al Torino, ripartito dopo il fallimento dalla serie B (cui poi rinunciò a fine campionato)60. Infine, la statunitense Vivien Patricia Hughes giocava nel Venturina e la sua connazionale Vivien Daniels nel campionato regionale (Cerbiatte Sarcedo)61.

Questa girandola di trasferimenti, difficile da seguire e probabilmente incompleta, era spesso frutto, come visto, delle rinunce forzate delle squadre a iscriversi ai campionati e/o alle retrocessioni; ne fece le spese anche il Milan, dopo l’abbandono dello sponsor GBC, sotto i colpi della crisi industriale. In cerca di nuovi stimoli e di ingaggi importanti erano ovviamente anche le calciatrici italiane, che ai massimi livelli potevano vantare un discreto potere contrattuale; per quelle di seconda fascia, invece, il vincolo – di durata variabile ma comunque di qualche anno – favoriva la permanenza in squadre vicine al posto di lavoro, impedendo di fatto di cambiare spesso squadra62.

1980-1986: il riconoscimento della FIGC e
l’emorragia di straniere

Nel 1980, dopo un’altalena di promesse e dietro-front, la FIGC si adeguò, almeno in parte, alle direttive UEFA e alle pressioni del CONI, ammettendo la FIGCF come «aderente», in via sperimentale. Il contributo finanziario che ne derivò – non irrisorio, ma comunque ritenuto insufficiente63 – compensò almeno in parte l’esclusione, peraltro scontata, del calcio femminile e di altre discipline dalla legge 91/1981 sul professionismo sportivo. Aderire alla FIGC avrebbe comportato, nel medio termine, anche l’adozione di regole più stringenti in materia di tesseramenti, ma per il momento questa sembrava essere l’ultima delle preoccupazioni. Se nel calcio maschile, riaperte le frontiere, la svolta liberista e la “corsa” ai consumi degli anni ’80 indusse i club di prima e di seconda fascia a intraprendere la «caccia ai calciatori migliori», spesso considerati a torto o a ragione quelli stranieri64, nel calcio femminile si verificò il fenomeno inverso.

Nel campionato di serie A del 1983, a 12 squadre, le straniere erano appena11, di cui quasi il 50% in Puglia. L’Alaska Lecce, vincitrice degli ultimi due titoli, aveva nelle proprie fila Reilly, mentre il Trani 80 (sponsor Gusmai) poteva contare su Sánchez, O’Brien e le scozzesi Helen Harkinson e Marie Blagojevic, difensore/mediano naturalizzata italiana, proveniente dalla Giolli Gelati Roma65. Anche in questo caso, le cose cambiarono piuttosto in fretta. Il Trani – una delle poche squadre con una consistente tifoseria organizzata, che la seguiva anche in trasferta -dopo la fusione nel 1984 con i “cugini” rivali del Lecce dominò i campionati 1984-86 (con sponsor sempre diversi), grazie ad alcune innovazioni tecniche (la zona mista) e soprattutto alle stelle straniere: Reilly, le danesi Augustesen, Hansen (1985-87), Ulla Bastrup (trasferitasi poi al Milan 82), l’inglese Kerry Davis (tra le prime calciatrici di colore della nazionale, proveniente dalla Roi Lazio)66 e soprattutto Carolina Morace. Tutte queste giocatrici però costavano molto e le casse della società si chiusero progressivamente: dopo un campionato deludente (sponsor BKV), il Trani nel 1988 rinunciò all’attività.67

Quattro anni prima una parabola simile l’aveva seguita una squadra della ricca provincia del nord Italia, che nella geografia del calcio femminile poteva spesso concorrere, e talvolta prevalere, sui club delle principali città. Il Gorgonzola del presidente-imprenditore Livio Bolis, sostenuta da sponsor importanti (Norda e Italinox), aveva vinto nel 1980 la Coppa Italia (arrivando seconda in campionato), mantenendosi poi per un paio d’anni ai vertici, grazie anche alle straniere: le scozzesi Anderson, Harkinson e Blagojevic (arrivate dal Trani), Mary Strain (dal Piacenza, sponsor Peugeot Talbot) e la centrocampista spagnola Vicenta Full Pubill. Dopo una prima rinuncia alla serie A nel 1982 e una rapida risalita dalla serie C con tanto di promozione, nel 1984 la società fu però sciolta, e le straniere cercarono nuovi contratti: Anderson approdò al Giugliano, divenendone capitana. In quell’anno la vicentina Sarcedo Amalvic aveva sempre in organico Daniels, mentre in serie B, nel Castrezzano (BS), giocava la tedesca Llona Rummel.68

Il ridimensionamento di molte squadre comportò anche la riduzione degli ingaggi: se «le più ricche guadagnano un milione o due al mese, le altre si accontentano della metà o di rimborsi spese un po’ gonfiati»; le società erano così spesso “costrette” a puntare sui vivai giovanili, per cercare di «allevare in proprio delle fuoriclasse»69. Il fenomeno era peraltro in controtendenza rispetto al basket femminile, che con la chiusura nel 1984 della Women’s American Basketball Association iniziò a importare «i migliori prodotti delle Università americane»70. In due belle inchieste di Rai2 del 1983 – Il boom del calcio girl di Giorgio Martino («Sport 7») e 22 ragazze di serie A di Luca Ajroldi («Reporter») – alcune calciatrici, tra cui Sánchez, Reilly e Vignotto, avevano parlato senza reticenze della crisi del calcio femminile, sia di spettatori sia di strutture – dai campi di calcio in condizioni al limite della praticabilità all’assenza di tutele in caso di infortunio71.

La crisi passava però in secondo piano rispetto alle luci della ribalta mediatica riservate alle manifestazioni organizzate dalla FIGCF, alle partite di qualificazione per il primo campionato europeo di calcio femminile72 e soprattutto al Mundialito, torneo sponsorizzato dalla Martini&Rossi e dalla «Gazzetta dello sport», con un evidente riferimento a quello, a dir poco controverso, omonimo maschile organizzato a Montevideo a cavallo tra 1980 e 1981tra le nazionali vincitrici della Coppa Rimet73. Dopo che la prima edizione del 1981, organizzata in Giappone nell’ambito dell’Esposizione Universale di Kobe, era stata vinta dalle azzurre, Jesolo ospitò le edizioni successive: la finale Italia-Germania Ovest del 27 agosto 1984 fu commentata da Martino e Gianfranco De Laurentiis in diretta su Rai374.

L’adesione «sperimentale» della FIGCF alla FIGC durò sei anni, fino al 1986, quando – dopo l’ultimatum del CONI, che non ammetteva due federazioni a rappresentare lo stesso sport- nacque in seno alla FIGC la Divisione Calcio Femminile, affiliata alla LND: la FIGCF, di conseguenza, si sciolse75 e iniziò il lento declino del calcio femminile. La nazionale rimase in realtà per qualche anno competitiva: nel 1990 a Wembley Morace segnò 4 gol nell’amichevole con l’Inghilterra, antipasto della finale di Charity Shield Liverpool-Manchester United; nel 1991 al primo mondiale riconosciuto dalla FIFA, in Cina, l’Italia raggiunse i quarti di finale76. Il campionato italiano però non attraeva piùle migliori straniere, fatta eccezione per Pia Sundhage, capocannoniere agli Europei 1984, che si divideva tra la Lazio (sponsor Roi) e due squadre svedesi77.

Non a caso nel 1987 le straniere che scesero almeno una volta in campo nelle varie serie del campionato furono appena 10: tra queste, la ventenne Anne Maslovich, arrivata al Derthona Valmacca (Tortona, serie B) dal Millwall Lionesses; le statunitensi April Heinrichs ed Emily Pickering lasciarono addirittura la propria squadra, la Juventus, prima della fine del campionato, dopo la rinuncia dello sponsor Bastino e l’inevitabile retrocessione in serie B78. Tra i pochi arrivi del 1988 vi furono quello della prima olandese, Vera Pauw, al Modena (dove trovò le danesi Augustesene Karseling) e della spagnola Angeles Paejo Jimenez al Torino, presto abbandonato per accasarsi alla Torres, con cui vinse quattro titoli nazionali79. Prima di approdare al Milan, con cui vinse nel 1989 lo scudetto, l’ennesima danese – Bonnie Madsen – aveva giocato nel Lugo di Romagna e nel Pisa Fotoamatore80.

è facile perdersi in questa girandola di nomi e di trasferimenti di queste immigrate più o meno di lusso, ma vale la pena indagare su questo periodo “d’oro” del calcio femminile italiano. Le straniere arrivate in Italia dopo il 1986, infatti – come ricordò nel 2000 Carolina Morace – non avevano più «nulla a che vedere», salvo qualche eccezione, con le stelle del ventennio precedente.81


1 Cfr. S. Pellone, Calcio femminile e straniere, un problema che non c’è e Sono le straniere il problema del calcio femminile in Italia? (No) e vi spieghiamo perché, «mondosportivo.it», 5 marzo 2018 e 16 settembre 2022. Sulle norme di tesseramento cfr. FIGC, Comunicato ufficiale 267/4, 24 maggio 2022 [https://www.figc.it]. Con la riforma del campionato femminile, in vigore dal 2024-’25, le squadre di serie A sono 12 [https://urly.it/3a_t-]. Tutti gli url sono stati controllati, e nel caso abbreviati, il 10 luglio 2024.

2 Nel campionato A1 di volley femminile 2022-’23 le 80 straniere (massimo 4 in campo) erano il 39,6% del totale (Z. Hu, Breve indagine statistica sulla Lega Pallavolo Serie A1 femminile, 20 gennaio 2023 [https://bssportmanegenent.com]. Per i dati sul calcio maschile cfr. A. Molinari, G. Toni, I migranti del pallone. I calciatori stranieri in Italia. Un secolo di storia, Milano, Le Monnier, 2023, passim.

3 Tra 2018 e 2022 le straniere della Women’s Super League inglese (12 squadre) sono passate dal 33,2% al 53,8%; nella Primera División spagnola (16) dal 16,6% al 28,5%; nella Frauen Bundesliga (12) dal 29,9% al 32,8% (Pellone, Sono le straniere il problema del calcio femminile in Italia?, cit.).

4 Il calcio femminile spagnolo, riconosciuto dalla federazione nel 1980, è divenuto professionistico nel 2021. Cfr. V. Ancione, Linari, una dal sangue viola alla corte di Spagna: “Prima di tutto il calcio”, «Corriere dello sport», 18 gennaio 2019; G. Sardelli, Fiorentina, Guagni ci ripensa: no al Real un anno fa, ora se ne va all’Atletico, «Gazzetta dello sport», 6 luglio 2020; M. Mez, Giulia Dragoni, la piccola Messi va a Barcellona: la prima calciatrice straniera alla Cantera, «Il Giorno», 31 gennaio 2023.

5 Cfr. M. Giani, #Ragazze mondiali. Spinte globalizzanti e specificità nazionali nel calcio femminile italiano, «Glocalism. Journal of Culture, Politics and Innovation», 2020, n. 1, p. 31.

6 Dopo sei mesi al Bordeaux, Linari nel 2021 è stata tesserata dalla Roma e nel 2023 è stata premiata come miglior difensore della serie A; Guagni, ingaggiata nel 2022 dal Milan, dopo lo svincolo è passata nell’agosto 2024 al Como. Dragoni, rinnovato il contratto col Barcellona, gioca nel 2024-’25 nella Roma, in prestito.

7 L’azzurra che sa giocare in tutti i ruoli è stata ingaggiata da una squadra belga, «Gazzetta dello sport», 5 settembre 1980. Sullo Standard Liegi femminile, fondato nel 1974, cfr. http://www.standard-femina.be/fr/historique.php.Naturalizzata belga, Ferraguzzi continuò appunto a giocare nella nazionale italiana.

8 Cfr. L’Uefa raccomanda di seguire il calcio femminile, Le donne giocano a calcio in sedici nazioni d’Europa e Congresso per le calciatrici, «Corriere dello sport», 10, 19 e 26 novembre 1970; Il calcio femminile in 16 Paesi, A. Valentini, All’ordine del giorno dell’UEFA! e L’Uefa auspica le sezioni femminili nelle varie federazioni, «Gazzetta dello sport», 8 e 11 novembre 1970 e 28 ottobre 1971. Cfr. J. Williams, R. Hess, Women, Football and History: International Perspectives, «The International Journal of the History of Sport», 32 (2015), n. 18, pp. 2115 e 2120. Sulla politica della FIFA cfr. T. Rabeux, Football féminin: les Coupes du monde officieuses, Indipendent Published, 2019, pp. 5-7, e 100 Years of Football: The Fifa Centennial Book, ed. by P. Lanfranchi, C. Eisenberg, T. Mason, A. Wahl, London, Weidenfeld & Nicolson, 2004.

9 J. Williams, Globalising Women’s Football: Europe, Migration and Professionalization, Bern, Peter Lang, 2013, pp. 6 e passim.

10 Alberto Valentini, ex segretario della FIGC e dirigente di Lazio e Inter, addetto stampa della Federazione Femminile Italiana Gioco Calcio (FFIGC), curò le rubriche sul calcio femminile della «Gazzetta dello sport» e del «Corriere dello sport», proponendo per tutti gli anni ’70 vari articoli di informazione e di approfondimento. I quotidiani pubblicavano regolarmente i tabellini delle partite dei vari campionati.

11 Cfr. A. Billet, Al torneo di Viareggio. K.O. i «viola» coi rigori (6-3), «l’Unità», 23 febbraio 1968 (l’amichevole al femminile fu vinta 2-1 dalla nazionale, mentre il trofeo giovanile andò al Dukla Praga). Presiedeva la FICF trasferitasi poi a Torino il proprietario della Pro Viareggio Giovanni Mazzoni, convice-presidenti Palmira Rosi (Roma) e Giovanni Mazzetti (Giovani Viola). Cfr. F. Tacchi, Calciatrici malgrado tutto. L’altra metà del pallone nell’Italia repubblicana, «Passato e presente», 38 (2020), n. 111, pp. 142-144 e F. Càlzia, Le ragazze del ’68. Come nasce in Italia il calcio femminile, Galata, Genova, 2018, pp. 9-13 e 56-57.

12 Nel 1967 lo Slavia Praga aveva disputato un quadrangolare a Riccione con Giovani Viola, Ambrosiana e Forza Bologna («l’Unità», 2 febbraio 1967), presentato dal «Corriere della sera» come una delle attrattive estive della Riviera, al pari dei concerti di Mina e di Celentano (B. Lucisano, C’è una ragazza che segna più di Mazzola, 31 luglio 1967: si alludeva a Maurizia Ciceri, centravanti dell’Ambrosiana). Nel ’68 vennero in tournée di nuovo Slavia Praga (incontrando il Torino), Spartak Praga (Bologna e Ambrosiana Abano Terme), Rapid Praga (di nuovo Bologna, che incontrò anche Slavia Kaplice): cfr. «Gazzetta dello sport», 29 febbraio, 4 e 11 luglio, 13 agosto, 14 settembre 1968.

13 Cfr. A. Brus, E. Trangbæk, Asserting the right to play. Women’s football in Denmark, «Soccer & Society», 2003, n. 4/2-3, pp. 95-111 e V. Botelho, B. Ovedie Skogvang, The pioneers. Early years of the Scandinavian emigration of women footballers, ivi, 2013, n. 14/6, pp. 799-815.

14 Cfr. Calcio femminile: straniere in arrivo, «l’Unità», 6 novembre 1969 e Due calciatrici di Praga si rifugiano in Italia, «Corriere della sera», 2-3 dicembre 1969: Sulla tournée, che interessò soprattutto la Toscana, con incontri con le rappresentative del centro-nord e del centro-nord, vinte sempre dallo Slavia, cfr. «Gazzetta dello sport», 5, 14 e 17 agosto 1969. Per l’esordio in campionato cfr. ivi, 5 febbraio 1970. Lavorarono nella vetreria Rabatti e in una fabbrica di mobili, acquisendo col matrimonio la cittadinanza italiana [https://urly.it/3a-9-]. Cfr. anche l’intervista a Jindráčková, 17 febbraio 2024 (https://urly.it/3a-b0). Sulla stampa vi sono varie versioni del cognome (Jindackova, Vindackova, Jandakova e, forse, Kindoskava: ivi, 8 maggio 1970).

15 Cfr. J. Leva, Calcio femminile a Torino presente la TV. Italia-Danimarca stasera al Comunale e Il Real Torino acquista due straniere, «Gazzetta dello sport», 17 e 18 luglio 1969 (la TV era quella danese; la partita finì 2-2). Ševčíková aveva lavorato in una fabbrica di aeroplani in Cecoslovacchia e in una di sigari a Copenaghen. Rambaudi contattò anche la svedese Yvonne Steinert, che declinò perché incinta.

16 g.m. [G. Mura], L’Italia “europea” di calcio femminile, «Gazzetta dello sport», 3 novembre 1969. Su «La Stampa» Antonio Tavarozzi sottolineò l’avvenenza delle «valchirie», «quasi tutte bionde e con gli occhi azzurri» (Le calciatrici danesi a Tortona, 16 luglio 1969). Vicepresidente della FIEFF il notaio Alberto Zamparelli e tra i consiglieri il fratello del presidente del Real Torino, Domenico Rambaudi: cfr. Rabeux, Football féminin, cit., p. 5 e G. Di Salvo, Azzurre. Storia della nazionale di calcio femminile, Torino, Bradipolibri, 2022.

17 A Tavarozzi, Il football femminile fa sul serio. Tre calciatrici straniere “acquistate” dal Real Torino, «La Stampa», 4 novembre 1969. Per i ricordi di Lopez rinvio al suo Women on the ball. A Guide to Women’s Football, London, Scarlett Press, 1997; per le sue risposte a un questionario UEFA del 2010 sulla professionalizzazione cfr. J. Williams, The History of Women’s Football, Haverton (PA), Pen &Sword Books, 2021, pp. 194-202.

18 Cfr. Le allieve hanno appreso bene la lezione. Il calcio femminile già alla ricerca delle “straniere”!, «Avanti!» e n.p., Calcio femminile: straniere in arrivo, «l’Unità», entrambi 6 novembre 1969. Il primo campionato UISP fu vinto dal Bologna.

19 A. Caroli, La donna nel pallone, Torino, Graphot, 2000, p. 119. Sul blocco temporaneo a nuovi calciatori e allenatori stranieri del 1965, e le varie proroghe nel decennio successivo, cfr. Molinari, Toni, I migranti del pallone, cit., pp. 166-170. Sulla professionalizzazione delle calciatrici di élite cfr. Williams, Globalising Women’s Football, cit., passim.

20 Cfr. ad esempio A. Tavarozzi, Anche un Riva cambia squadra (ma succede solo nel calcio femminile) e Calcio in gonnella. Le donne si mettono d’accordo?, «La Stampa», 11 febbraio 1971 e 8 febbraio 1972.

21 Cfr. H. Larsson, Can gender equality become an encumbrance? The case of sport in the Nordic countries, in Routledge handbook of sport, gender and sexuality, ed. by J. Hargreaves, E. Anderson, London, Routledge, 2014, pp. 227-228.

22 A. Zardin, “Il calcio femminile non fa più curiosità”. Parla Valeria Rocchi, la pioniera «plurisqualificata», «Gazzetta dello sport», 22 giugno 1971; cfr. R. Morino, Il calcio femminile. Quale futuro: grandezza o decadenza, ivi, 31 luglio 1969. Sulle iniziative della Rocchi a Milano nel 1965 e successivamente cfr. Tacchi, Calciatrici malgrado tutto, cit., pp. 144-150.

23 Archivio CONI, Segreteria generale, 1972, b. 9, 6/7, FIGC al CONI, 18 aprile 1972, in cui si ricorda la volontà della FFIGC di mantenere la propria struttura, confermata in un comunicato ufficiale della federazione del 10 dicembre 1976 [http://www.calciodonna.it/ritagli/1980.html].

24 Restarono nella FICF, tra le altre, Real Torino, Parma Vernici Milesi, Verona Olimpia, Viareggio, Genova e Real Juventus, passata poi alla FFIGC, cui erano affiliate Roma, Lazio, Gomma Gomma Milano, Fiorentina Elettroplaid, Napoli, Genova 70, Bologna, Piacenza Brevetti Gabbiani, Cagliari, Reggina, Snia Ambrosiana (1971), San Basilio Roma.

25 Conclusi a Torino i Campionati mondiali di calcio femminile, «Radar», 23 luglio 1970, in Archivio storico Istituto Luce, R036804 [https://urly.it/3aapx]. In altre riprese a colori, forse della TV danese, le nordiche indossano le maglie del Milan, acquistate dopo uno scambio di bagagli in albergo con una squadra russa [https://www.youtube.com/watch?v=Ym4zJkwHixE].

26 I giornali torinesi, in linea con la FIEFF, sostennero la manifestazione: «Tuttosport» presentò la finale Danimarca-Italia come lo scontro tra «biondissime danesi, pallide come chiari di luna» e «scatenatissime gianburrasca» (A. Caroli, Rimet in gonnella, 13 luglio 1970). Assunsero toni piuttosto critici, in virtù della loro vicinanza alla FFIGC, «Corriere dello sport» che attribuì la defezione ceca alla non ufficialità del torneo (A Bologna «forfait» della Cecoslovacchia, 9 luglio 1970) e «Gazzetta dello sport» (Da Roma accusano: il “Mondiale” è un bluff,6 luglio 1970).

27 J. Leva, Real Torino “straniero” contro Snia Ambrosiana, ivi, 8 novembre 1969.

28 «Tuttosport», 11 gennaio 1973. Nel 1974, dopo aver giocato anche a Bologna e al GS Casabella Perignano (PI), Ševčíkovátornò al BKFemina[https://cs.wikipedia.org/wiki/Marie_Ševčíková].

29 Un’altra straniera per il Real Torino, «Gazzetta dello sport», 14 marzo 1970; Cassel fu prestata al Trastevere (ivi, 25 aprile 1970); alcuni suoi ricordi in Williams, The History of Women’s Football, cit., pp. 202-203. Della Müller, che non figura nei tabellini delle partite, parla Elena Schiavo in G. Di Salvo, Intervista a Elena Schiavo; “Per me il calcio era un modo per reclamare i diritti delle donne, «glieroidelcalcio.com», 31 marzo 2022 [https://urly.it/312za2].

30 Cfr. S. Tauceri, Sui campi di gioco ora è il turno delle donne. Il calcio femminile ha le sue Riva e Rivera, «Corriere della sera», 4 maggio 1970. Karner fu tra le prime calciatrici a ricevere un indennizzo per un infortunio, in virtù di un accordo tra FFIGC e una compagnia di assicurazioni (A. Valentini, Calcio femminile, «Gazzetta dello sport», 9 febbraio 1973). Cfr. anche Medri: “Vincere lo scudetto con la Roma nel 1969 è stata una gioia indescrivibile”, intervista di G. Di Salvo, «glieroidelcalcio.com», 3 febbraio 2021 [https://urly.it/312za3].

31 Cfr. Lopez, Women on the ball, cit., pp. 45 ss., in cui esprime giudizi molto positivi nei confronti del calcio e della stampa italiani.

32 Cfr. Due nazionali danesi in forza alla Lubiam, «Corriere dello sport», 26 novembre 1971 e La F.F.I.G.C. “saccheggia” la Danimarca, «Gazzetta dello sport», 25 novembre 1971; sul debutto della Clements cfr. F. Argenti, Campionato femminile F.F.I.G.C., ivi, 21 giugno 1971. Sulla “laziale” Pedersen, che avrebbe guadagnato 60 corone al mese più bonus e che perse la finale di Coppa Italia, cfr. Alle padovane la Coppa Italia, «Avanti!», 24 novembre 1974 e F. Ahlstrøm, Danmarkharmistet en verdensklassespiller i fodbold [https://urly.it/3a-b2]. Sulla squadra francese, fondata nel 1968, cfr. L. Prudhomme-Poncet, Historiedu football fémininau XX siècle, Paris, L’Harmattan, 2003, pp. 190-198.

33 Non è possibile rendere qui conto in dettaglio del mondiale messicano, al quale è stato di recente dedicato il bel documentario Copa 71 di James Erskine e Rachel Ramsay, prodotto nel 2023 da Venus e Serena Williams, presentato in varie città italiane [https://www.cineagenzia.it/film/copa-71/]. «Gazzetta dello sport» e «Corriere dello sport» seguirono l’evento con propri inviati dedicando specifiche rubriche, rispettivamente «Mondiali femminili» e «Calcio-girls». Commentando gli scontri tra calciatrici nella semifinale Messico-Italia il quotidiano romano parlò del mondiale di «pugni e pupe» (23 agosto 1971): cfr. Tacchi, Calciatrici malgrado tutto, cit., pp. 151-152 e, per il punto di vista messicano, B. Elsey, J.H. Nadel, Futbolera. A history of Women and Sports in Latin America, University of Texas Press, Austin 2019, pp. 231-238.

34 C. Marcucci, L’industria fagocita uomini e donne, «Avanti!», 12 settembre 1971.

35 Cfr. Tavarozzi, Anche un Riva cambia squadra, cit. e La Schiavo dal Real Torino all’Astro, «Gazzetta dello sport», 11 febbraio 1971. Schiavo giocò poi nella Falchi Crescentino (VC) dell’ex terzino granata Attilio Farina, Juventus, Valdobbiadene, Gamma 3, Bologna Eurokalor e Gorgonzola. A Torino, ricordò, era passata da 70.000 lire al mese in fabbrica a 200.000 lire: cfr. Caroli, La donna nel pallone, cit., p. 58. Cfr. anche Di Salvo, Intervista a Elena Schiavo, cit., Pellone, Donne azzurre: Elena Schiavo, «www.mondosportivo.it», 15 aprile 2022 [https://urly.it/312zag] e l’intervista di V. Forlin dopo Copa 71, contenente alcune sue testimonianze [https://urly.it/312zaj].

36 Tra le tournée del 1970-71 ricordo: Roma in Turchia; Sanyo Milano in Svizzera; Real Torino in Argentina, ospite del Boca Juniors; Bologna al torneo di Praga e ancora in Cecoslovacchia nel 1971; Fiorentina Elettroplaid al torneo Città di Lione; Lubiam Lazio in Indonesia («Gazzetta dello sport», 11 agosto e 22 ottobre 1969, 14 gennaio, 24 aprile, 5 maggio, 24 luglio 1970, 9 ottobre 1971, 4 gennaio 1972). Molto dettagliati sul «Corriere dello sport» i resoconti delle tournée della Roma a New York (accolta dalla comunità italo-americana) contro le campionesse del Parigi (1970) e di nuovo nel 1971, e in Thailandia, dove giocò (nonostante il divieto della FFIGC) contro rappresentative giovanili maschili (g.b., Il calcio-girl alla conquista dell’America e La regina di Thailandia invita la Roma a Bangkok, 14 luglio 1970 e 25 novembre 1971).

37 G. Mura, I “campioni” del calcio femminile. Madeleine Boll “montagna bionda”, «Gazzetta dello sport», 20 novembre 1970. Cfr. Il pallone d’oro. Prima enciclopedia storica del calcio mondiale, v. 7, Dizionario biografico, Milano, Perna, 1969-70, p. 2034 (dove si parla anche della portiera di riserva jugoslava Perovic). Boll tornò in Svizzera nel 1975.

38 Cfr. A. Car., Nelly Reb attrazione al Ruffini e Juventus-Gamma 3 per una fetta di scudetto, «Tuttosport», 23 luglio 1970 e 7 ottobre 1972. Assente al mondiale FIEFF 1970, la Francia incontrò in amichevole la nazionale FFIGC (a Reims la TV francese trasmise la partita in differita: «Gazzetta dello sport», 16 settembre 1970) e con la Juventus, prestando anche due calciatrici (Nicole Mangas e Nadine Juillard) alla Roma per un’amichevole con la Snia Ambrosiana (ivi, 30 luglio 1970). Se Maryse Lesieurr rifiutò un’offerta del Genoa, «Gibus» firmò per la Lazio («Corriere dello sport», 13 luglio 1970). Cfr. X. Breuil, Femme, culture et politique: histoire du football féminin en Europe de la Grande Guerre jusqu’à nos jours, t. 1, Thèse de doctorat, Université de Metz, 2007, p. 206.

39 Cfr. «Gazzetta dello sport», aprile 1971 (tabellini delle partite) e a.v. [A. Valentini], Calcio femminile, ivi, 5 luglio 1974. Cfr. Les pionnières du foot féminin, CNEWS, 28 giugno 2019 [https://www.dailymotion.com/video/x7c32po]. Su Kalvøcfr. Botelho, OvedieSkogvang, The pioneers, cit., pp. 803-813 e https://no.wikipedia.org/wiki/Sif_Kalvø.

40 A. Valentini, Federazione femminile verso il riconoscimento, «Gazzetta dello sport», 5 ottobre 1972. Cfr. G. Di Salvo, Quando le ballerine danzavano col pallone. La storia del calcio femminile con particolare riferimento a quello siciliano, Empoli, Geo, 2014, pp. 22-27.

41 Cfr. «Gazzetta dello sport», 9 aprile 1971, «La Stampa», 10 aprile 1971 e Molti affari al Gallia delle donne, ivi, 25 febbraio 1972. Cfr. anche La Coppa Europa si giocherà in Italia, ivi, 22 luglio 1973. La federazione della Rocchi aveva organizzato un Campionato europeo per società, disputato dalla lombarda OLAC, Milan e Casabella Pontedera (ivi, 27 luglio 1972).

42 Ivi, 24 marzo 1973 (secondo «Tuttosport» era imminente l’arrivo al Falchi di Katry Helena dall’Helsinki: J. Leva, Una svedese per la Falchi, 13 gennaio 1973); N. Galligani, La capitale del calcio “rosa”. L’impresa della Astro Falchi e il mito di Elena Schiavo, «La Nazione», 17 aprile 2024 [https://urly.it/312zav].

43 Cfr. G. Clark, Rose Reilly: The Scottish footballer who won the World Cup as Italy captain, «The Guardian», 17 luglio 2017 [https://urly.it/312zay], Williams, The History of Women’s Football, cit., pp. 203-207 e G. Di Salvo, Intervista a Rose Reilly; “Scelsi l’Italia… in quegli anni era considerato il miglior campionato a livello europeo”, «glieroidelcalcio.com», 13 maggio 2021 [https://urly.it/312zaz]. Reilly giocò anche nel Napoli, Oltrarno Firenze, Prato, Bari, Agliana.

44 [https://urly.it/3a_t3]. Sulla squadra di Manchester, fondata nel 1941, cfr. Williams, The history of women’s football, cit., p. 65.

45 e.l., Femminile: al Gamma 3 una fuoriclasse spagnola, «Gazzetta dello sport», 14 aprile 1973.

46 P. Debbi, Calcio femminile, in Dizionario del calcio italiano, a cura di M. Sappino, Milano, Dalai, 2000, p. 688. Sánchez giocò poi a Torino, Cagliari due volte, Trani, Lazio in tre periodi diversi vincendo 2 scudetti, Verona, Giugliano Campania (campione nel 1989), Prato. Dopo un anno all’Arsenal e al Brighton, si ritirò (cfr. M. Pozzoli, Da Augustesen a Clelland: le straniere che hanno lasciato il segno in Serie A, «lfootball.it», 28 novembre 2023, pagina Facebook: https://urly.it/312-00).

47 Cfr. a.v., Calcio femminile, cit. Il Cagliari le aveva proposto un ingaggio dopo le amichevoli della nazionale danese contro la squadra sarda e l’Italia («Gazzetta dello sport», 9 novembre e 30 dicembre 1971). Cfr. R. Marani, È ancora disoccupata l’attaccante che in due anni ha segnato 70 gol e F. Daniele, Alla Lazio lo scudetto del campionato femminile, ivi, 19 aprile 1979 e 5 ottobre 1980; all’Alaska Lecce aveva chiesto, pare, 30-35 milioni (ivi, 12 febbraio 1983), prima di trasferirsi a Cagliari (D. Guenza, Augustesen la “stella” di Cagliari, «Calciodonne», Roma, 1982, n. 4, p. 1). Iscritta alle liste di collocamento di Conegliano come collaboratrice domestica per ottenere il permesso di soggiorno, la domenica giocava anche a pallamano, a Vittorio Veneto (Sabato calcio, domenica pallamano, «Gol-Lei», mensile FIGCF, aprile 1983, p. 14).

48 Sull’AIGC cfr. F. Tacchi, Contro il potere. La parabola dell’Associazione italiana giocatrici di calcio (1978-1993), in Visioni di gioco. Calcio e società da una prospettiva interdisciplinare, a cura di M. Lupo, A. Emina e I. Benati, vol. 3, Bologna, il Mulino, 2024, pp. 355-368.

49 I dati sulle cannoniere in Annuario del calcio femminile 1998/99, a cura di L. Barboni, G. Cecchi, Fornacette (PI), Mariposa, 1998, p. 42.

50 Il Potenza in serie A, «Gazzetta dello sport», 27 aprile 1973; su Gonzales cfr. a.v., Calcio femminile, cit., dove si parla anche di tre francesi nella serie interregionale: Maurrò e Rossing (Intemelio Vallecrosia, IM) e Chiappello (Sampierdarenese).

51 Cfr. Il calcio femminile in Italia e nel mondo, in Tutto il calcio minuto per minuto. Nuova enciclopedia del calcio italiano, vol. 6, Milano, European book, 1974, p. 190. Sulle tormentate vicende del calcio femminile in Brasile cfr. Elsey, Nadel, Futbolera, cit. pp. 127-135.

52 Dopo aver contribuito alla promozione in serie A (1979), tornò in Messico [https://es.wikipedia.org/wiki/Esther_Mora]. Per le voci di mercato su Vargas: Tra Italia e Messico un posto per la finale, «Gazzetta dello sport», 29 agosto 1971.

53 L’Italia contro il Resto d’Europa, ivi, 18 luglio 1974. Sulle riprese della TV giapponese (Italia-Jugoslavia), della Rai (Italia-Scozia a San Siro) e di Tele Capodistria cfr. ivi, 7 maggio e 3 ottobre 1974, 31 gennaio 1976.

54 Nel 1981 «Dribbling» (Rai 2) ospitò in studio il presidente della FFIGC Trabucco, il portiere della nazionale Daniela Sogliani e la giornalista de «la Repubblica» Anna Maria Mori per commentare il servizio Il calcio femminile in Italia e nel mondo («Gazzetta dello sport», 31 ottobre 1981).

55 Intervista a Caroli, La donna nel pallone, cit., pp. 119-120; Debbi, Calcio femminile, cit., p. 673. O’Brien allenò anche le squadre giovanili femminili di Milan (mentre giocava), Lazio e Civitavecchia.

56 La legione straniera, «Gazzetta dello sport», 13 novembre 1977, da cui traggo le informazioni nel testo relative ai campionati 1977, integrate con altri dati e soprattutto con Serie A. Sfida a 12 per lo scudetto, «Calciodonne» (rivista FIGCF), aprile 1977, pp. 28-29 e 48-50.

57 Cfr. A. Valentini, Calcio femminile in assemblea e Id., Assemblea della Federazione femminile. Unanimità per Trabucco, «Gazzetta dello sport», 14 e 21 febbraio 1975, dove si rende conto della tournée della Lombarda calcio (nome provvisorio prima di divenire Milan), che – si dice – attenderebbe anche «due francesi». Squalificata come Reilly dalla federazione scozzese, Neillis giocò anche a Piacenza, Foggia e San Pietro in Lama, tornando in Scozia nel 1990 [https://it.wikipedia.org/wiki/Edna_Neillis].

58 L’esperienza italiana di Vargek non è ricordata nel portale https://nogomet.lzmk.hr/clanak/vargek-zlata.

59 La legione straniera, cit.; Serie A. Sfida a 12 per lo scudetto, cit.

60 Svitel ha raccontato la propria esperienza da calciatrice omosessuale nel monologo A világtermészetesdolgai [Le cose naturali del mondo], «Replika. Journal of Social Sciences», 1999, n. 36 (https://replika.hu/en/).

61 Daniels dovrebbe essere arrivata con la US Soccer Federation per il Trofeo L’Inglesina Baby: Quando gli States vennero a Vicenza per “studiare” calcio, «ilgiornaledivicenza.it», 7 luglio 2019 [https://urly.it/3a_sv].

62 Cfr. A. Valentini, Momento difficile per il calcio femminile, «Gazzetta dello sport», 11 marzo 1978. Vignotto e Schiavo avviarono un contezioso economico col Padova, ritenendolo inadempiente (ivi, 30 marzo 1978). La durata del vincolo, più volte modificata, era nel 1983 di 3 anni: cfr. Tacchi, Contro il potere, cit., p. 360.

63 FIGCF, Comunicato ufficiale n. 23, 6 novembre 1980 [http://www.calciodonna.it/ritagli/1980.html]; Archivio CONI, Segreteria generale, 1981, 6/7, b. 11, FIGC femminile, estratto Giunta esecutiva, del. 415/5598, 20 gennaio 1981. Il primo contributo di 55 milioni fu raddoppiato due anni dopo (ivi, 1983, 6/7, s.n., Coni a FIGCF, 19 dicembre 1983).

64 Molinari, Toni, I migranti del pallone, cit., pp. 180-184: nel 1984 ¼ della cifra sborsata nella compravendita dei calciatori (200 miliardi di lire) era per l’acquisto degli stranieri.

65 G. Lo Giudice, Scatta oggi il campionato femminile. In undici vanno all’assalto del Lecce, «Gazzetta dello sport», 12 febbraio 1983. Blagojevic giocò anche a Foggia, nel Siderno Siarc e nel Giugliano [https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Blagojevic]. Su Harkinson: https://urly.it/3a_sr.

66 Messasi in luce al Mundialito italiano del 1985, Davis dopo una deludente stagione al Napoli «Dopo la fuga del presidente è stata parcheggiata in casa di un consigliere» (E. Audisio, Il calcio delle donne resta a porte chiuse, «la Repubblica», 12 febbraio 1986) tornò in Inghilterra. Cfr. Anche J. Williams, Legendary Lionesses. The England Women’s Football Team, 1972-2002, Cham, Palgrave Macmillan, 2024, pp. 99-101; [https://en.wikipedia.org/wiki/Kerry_Davis] e K. Davis, The state of Women’s football in Jamaica, «Jamaica Observer», 20 December 2014 [https://web.archive.org]. Bastrup giocò anche nel Fiamma Monza e nel Delfino, allenando dopo il ritiro nel 1994 alcune società lombarde (Debbi, Calcio femminile, cit., p. 679).

67 Cfr. P. Montefusco, Trani, ovvero calcio al femminile. Tutti i segreti del Despar e delle sue campionesse europee, «l’Unità», 20 marzo 1985 e A. Locatelli, Trani! Ti aspettiamo risorto!, «calcioatlete», maggio 1988 (bimestrale AIGD) [www.calciodonna.it/varieta/calcioatlete.htm]. Non ho reperito Un calcio ai ricordi ... in rosa. Storia del calcio femminile a Trani, a cura di F. Caffarella, N. Losito, A. Rutigliano, Trani, Gradavant Consulting, 2015, ampiamente citato, insieme alla «Gazzetta del Mezzogiorno» [https://it.wikipedia.org/wiki/Associazione_Calcio_Femminile_Trani_80].

68 Lo Giudice, Scatta oggi il campionato femminile, cit. Pubill proveniva dalla cantera del Barcellona [https://urly.it/3a-b5].

69 E. Audisio, Quel gol di Betty profuma di mundial, «la Repubblica», 28 agosto 1984; N. Pennati, Scatta il campionato femminile. Ecco le novità e le stelle del torneo, «Gazzetta dello sport», 4 febbraio 1984.

70 E. Campana, Un’occasione da non sprecare, ivi, 5 ottobre 1984.

71 «TG2-Reporter», 12 febbraio 1983 [https://www.youtube.com/watch?v=gAX0F9VeOnw]; «Tg2-Sport7», 1983 [https://www.youtube.com/watch?v=pWVcuevGeu0].

72 Nel 1983 «Il processo del lunedì» di Aldo Biscardi si collegò col «Gala» della FIGCF, presentato da Sandro Ciotti («Gazzetta dello sport», 22 marzo 1983). Del Campionato europeo (di cui le prime 3 edizioni – 1984, 1987, 1989 – non erano state organizzate dall’UEFA), la RAI trasmise sintesi delle qualificazioni alla radio (Italia-Francia a Vicenza, 24 aprile 1983) e in tarda serata su Rai2 a «Domenica sprint» (Portogallo-Italia a Oporto, 24 giugno 1983; Italia-Svezia a Roma, 8 aprile 1984, che costò alle azzurre l’eliminazione; la Svezia vinse poi il campionato nella doppia sfida con l’Inghilterra).

73 Sul Mundialito cfr. Rabeux, Football féminin, cit., pp. 37-47 e Tacchi, Calciatrici malgrado tutto, cit., p. 155.

74 [https://www.youtube.com/watch?v=sULQxZN3FiU].

75 Sulle ripetute pressioni del CONI e l’inserimento nella FIGC cfr. E. Luzzi, “Anno storico”, «gol-Lei» (mensile FIGCF), aprile 1983, p. 3 e Le donne fanno gol, «la Repubblica», 9 aprile 1986.

76 Cfr. T. Bottazzo, La Morace ciclone a Wembley, «Gazzetta dello sport» e P. Filo della Torre, Dentro Wembley Italia color rosa, «la Repubblica», 19 agosto 1990. Prima del 1991 era fallito per mancanza di adesioni il progetto di una terza edizione dei mondiali (nel 1972) nella Spagna franchista (I “mondiali” 1972 in Spagna?, «Gazzetta dello sport», 14 gennaio 1971). Dissoltasi la FIEFF, dopo il rifiuto della FIFA della proposta dell’Asian Football Ladies Confederation di organizzare nel 1976 un mondiale a Hong Kong, nel 1978, 1981 e 1984 e 1988la federazione cinese organizzò a Taiwan vari tornei «a invito» (col beneplacito FIFA), cui parteciparono squadre di club e nazionali: i primi due furono vinti, rispettivamente, da HJK Helsinki e Stade de Reims ex aequo e dalla Germania Ovest; a quello del 1985, vinto dalla squadra Usa dello Sting FC, partecipò anche l’Italia; nel 1988, sotto l’egida FIFA e della Confederazione asiatica, si tenne un torneo internazionale, vinto dalla Norvegia: cfr. Rabeux, Football féminin, cit., pp. 23-35 e 49-85.

77 [https://en.wikipedia.org/wiki/Pia_Sundhage].

78 Cfr. G. Binda, La Juve non va più in campo. Punita con la radiazione?, «La Stampa», 21 aprile 1987. Heinrichs, ritiratasi dopo i mondiali del 1991 e allenatrice della nazionale Usa, aveva giocato anche nel Prato Wonder (Williams, The History of Women’s Football, cit., pp. 212-213). Per un elenco delle calciatrici del campionato, italiane e straniere, cfr. Soltanto 33 le fedelissime, «Gol-Lei», settembre 1983, p. 9.

79 Cfr. Pozzoli, Da Augustesen a Clelland, cit. Jimenez giocò anche nella Reggiana. Da Modena era passata anche Lone Nilsson, che nel 1986, «convinta dal presidente a trasferirsi a Roma [Lazio, ndr] previa assicurazione di un lavoro, ha dovuto fare le valigie e tornarsene in patria» (Audisio, Il calcio delle donne resta a porte chiuse, cit.). Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Lone_Nilsson.

80 Su Madsen, di madre nigeriana, cfr. Debbi, Calcio femminile, cit., pp. 680-681.

81 Caroli, La donna nel pallone, cit., p. 114 (intervista a Morace).