La carta, il cuoio e l’acciaio
La caduta dell’URSS attraverso le pagine de «La Gazzetta dello Sport»
Francesco Bacci
Università di Firenze
Abstract: The dissolution of the Soviet Union was an event that had a profound impact on all areas, from politics to the economy, culture and, of course, sport. La Gazzetta dello Sport paid particular attention to the last moments of the Soviet Union’s life, which were important because they could have an impact on certain sporting events that were to take place shortly afterwards, but also because of what the USSR had represented in terms of sport.
Keywords: «La Gazzetta dello Sport», Unione Sovietica, Euro’92, Barcellona’92
La ricerca si pone l’obiettivo di analizzare come «La Gazzetta dello Sport» ha riportato e narrato tra le sue pagine gli avvenimenti cruciali del processo di disgregazione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, alla fine del 1991. Il principale quotidiano sportivo italiano, peculiare lente attraverso la quale leggere il fenomeno storico, offre un punto di vista specifico sull’argomento grazie a un’analisi che non si limita al piano sportivo, evidente negli articoli presi in esame. Il metodo adottato è consistito nell’analisi degli articoli pubblicati nel mese di dicembre 1991, periodo in cui si è formalizzata, attraverso diversi passaggi, la dissoluzione dell’URSS come entità politica. Delle edizioni diffuse tra i giorni immediatamente successivi agli accordi di Belaveža e quelli seguenti il Natale ’91 (quando la bandiera rossa venne ufficialmente ammainata dalle torri del Cremlino), sono stati presi in considerazione tutti gli articoli contenenti commenti sull’evoluzione delle vicende sovietiche, anche non strettamente di ambito sportivo. Particolare attenzione è stata riservata al calcio, inteso come punto di intersezione tra i cambiamenti sociopolitici internazionali e il mondo della stampa sportiva italiana, attraverso cui è stato possibile ricostruire il processo di formazione della Comunità degli Stati Indipendenti, non solo come entità politica ma, soprattutto, come rappresentativa calcistica, fino alla storica partecipazione agli Europei di Svezia ’92. Il titolo richiama i tre pilastri dell’analisi: la carta stampata, il calcio e l’Unione Sovietica (quest’ultima rappresentata simbolicamente dalla resistente lega, in netto contrasto con le reali condizioni in cui la seconda potenza mondiale versava). Lo scenario in cui le vicende si svolsero fu quello originato dalle consistenti mutazioni politiche avvenute nel cosiddetto blocco orientale dopo la caduta del Muro di Berlino; le agitazioni nei Paesi baltici preannunciarono la crisi che portò alla dissoluzione dell’Unione e alla nascita della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). Come noto, il tentativo di riforma del sistema sovietico avviato da Michail Gorbačëv con glasnost’ e perestrojka fallì1, lasciando un vuoto politico2, e una precaria instabilità. Nei mesi successivi il cosiddetto Putsch di agosto, orchestrato da alti funzionari sovietici per fermare l’implosione dell’URSS, trovò la sua complessa genesi e il suo totale fallimento nelle giornate tra il 18 e il 21 agosto 1991.3 Da quel momento la figura di Gorbačëv, già in decadenza, venne definitivamente soppiantata da Boris El’cin, in prima linea nella “resistenza” al controverso golpe. Nei mesi successivi, la maggior parte delle repubbliche sovietiche dichiarò l’indipendenza, sancendo la fine definitiva dell’Unione. L’8 dicembre, El’cin (in quanto presidente della RSFS, poi Federazione Russa), il presidente dell’Ucraina Leonid Kravčuk e il presidente della Bielorussia Stanislaŭ Šuškevič, firmarono il trattato che dette origine alla Comunità degli Stati Indipendenti, un’organizzazione sovranazionale che riunì 11 delle 15 Repubbliche sovietiche (sottoscritto successivamente il 21 dicembre ad Alma-ata, Kazakistan).4
La notizia dalla fine dell’Unione scosse il mondo politico tanto quanto quello sportivo. La nazionale di calcio sovietica, insieme alla Jugoslavia, aveva dominato i gironi di qualificazione all’Europeo di calcio 1992. La dissoluzione dei due Stati, ormai imminente alla fine del 1991, pose alla UEFA il problema di decidere se, e in quale forma, far partecipare le due squadre alla competizione. Per l’Italia, seconda nel girone vinto dall’URSS, si apriva apparentemente la possibilità di un ripescaggio. Il 10 dicembre 1991 «La Gazzetta dello Sport» titolava: L’URSS non c’è più. Italia all’Europeo?5. Erano passati appena due giorni, infatti, dall’Accordo della foresta di Belovež (noto anche come «accordo di Minsk», dell’8 dicembre 1991)6. Da questo momento in poi la rosea propose diversi articoli sulle implicazioni sportive del processo politico in atto. La principale preoccupazione del quotidiano diretto da Candido Cannavò, ultimo dell’era Rizzoli, fu proprio la sorte delle compagini sovietiche nelle due vicine manifestazioni sportive internazionali: l’Europeo di Calcio in Svezia e i Giochi Olimpici di Barcellona, entrambi concentrati nei mesi estivi del 1992.
L’attenzione, però, fu rivolta principalmente al calcio. I risultati dei gironi di qualificazione di Euro ’92 erano stati eloquenti: solo la Francia, con 16 punti, aveva raccolto più di Jugoslavia (14) e URSS (13); il capocannoniere del torneo era stato Darko Pancev, centravanti macedone dei Plavi, che aeva realizzato 10 gol.7 Le qualificazioni, disputate tra il 1990 e il 1991 avevano mostrato come le due squadre potessero essere considerate delle serie contendenti al titolo; un trofeo, quindi, dal vincitore difficilmente pronosticabile, date le assenze di Spagna e Italia. Lo scenario geopolitico, tuttavia, influenzò pesantemente la manifestazione. La Jugoslavia venne squalificata ufficialmente nel maggio ’92: la FIFA e la UEFA agirono in base alle decisioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sospendendo la FSJ (Fudbalski savez Jugoslavije – Federazione calcistica jugoslava) a tempo indeterminato, cogliendo di sorpresa la stessa spedizione che, privata dei calciatori bosniaci musulmani, ricevette la notizia quando già su suolo svedese8. E l’Unione Sovietica?
Da mesi la rapida disgregazione del gigante socialista interessava anche gli apparati sportivi del paese, in particolare su due aspetti: da un lato, i mutamenti del sistema calcistico sovietico e le sorti dei suoi calciatori, dall’altro, l’eventuale cancellazione della stessa URSS all’Europeo in favore dell’Italia. Quest’ultimo argomento appare tutt’ora di assoluto rilievo osservando le prime edizioni del quotidiano sportivo considerate nella presente ricerca. Gli articoli, all’epoca dei fatti, si concentrarono sulla possibilità di un ripescaggio della nazionale basato sull’ipotesi che la compagine sovietica non potesse partecipare al torneo: vennero riportate le dichiarazioni dei membri degli organi direttivi del football europeo, in alcuni casi contraddittorie, come quelle dei segretari di UEFA e FIFA. Parallelamente, la narrazione evidenziò quanto il crollo dell’URSS fosse un evento sportivo globale: si trattava, in effetti, di una delle nazionali di calcio più importanti a livello europeo e della federazione sportiva più medagliata della storia delle Olimpiadi moderne. Il 10 dicembre Claudio Gregori si interrogava sulle sorti dei calciatori sovietici, ipotizzando un’imminente diaspora nelle varie repubbliche che avrebbero potuto formarsi a seguito della dissoluzione dell’Unione. Il corpo dell’articolo, in cui si elencavano i singoli atleti, era preceduto da un’ampia premessa in cui l’autore commentava gli ultimi sviluppi della situazione politica internazionale: «Il dissolvimento dell’Urss, come sistema politico, sconvolgerà anche il movimento sportivo planetario, già messo sottosopra dalla scomparsa, per la riunificazione tedesca, della Germania Est»; di seguito, «[…] l’Unione Sovietica ha cessato di esistere domenica con il documento firmato a Viskuli dai presidenti delle Repubbliche di Ucraina, Russia e Bielorussia […] Al posto dell’Urss, secondo i firmatari, ci sarà un Commonwealth di stati indipendenti, che sarà aperto a tutte le altre ex repubbliche sovietiche. Le strutture di coordinamento avranno sede a Minsk. L’attività degli organi della vecchia Unione viene così soppressa»; e ancora, «In pratica: l’Urss non esiste più, Gorbaciov non è più presidente e Mosca non è più capitale»9. Accanto al processo di disgregazione politica, diceva Gregori, si era verificato uno «sgretolamento sportivo»10. Ci si chiedeva, a questo punto, in quale nazionale avrebbero giocato calciatori come Sergej Aleinikov e Igor Kolivanov, se le repubbliche che avevano appena fondato la CSI avrebbero partecipato congiunte e quale identità sportiva avrebbe potuto mantenere un’entità politica in frantumi. Sono questi i principali quesiti ai quali si dedicava il resto dell’articolo. In un piccolo riquadro, situato all’interno della disposizione grafica del testo principale, l’autore tracciava i contorni del possibile scenario di Barcellona ’92, aprendo con la domanda «Ora che succederà a Barcellona? L’Ucraina vuole la sua bandiera»11. Gregori trattava un argomento, ovvero la partecipazione o meno delle ex repubbliche alle Olimpiadi come entità separate, che sarebbe rimasto al centro delle discussioni tra i vertici delle organizzazioni sportive internazionali per alcune settimane. Nella stessa pagina, Sergio Di Cesare si occupava dell’eventuale ripescaggio dell’Italia in caso di squalifica dell’URSS: «Ci sarà anche l’Italia alla fase finale del campionato d’Europa, dal 10 al 26 giugno prossimi in Svezia?». Ci si aspettava una risposta dall’alto: «Il 16 gennaio da Goteborg potrebbe arrivare una sorpresa. Quel giorno si riunirà l’Esecutivo dell’Uefa».12 Sulla scia di questa ipotesi, lo stesso Di Cesare e Alberto Cerruti proseguivano la loro analisi (a pagina 11 dell’edizione del giorno successivo), nell’illusione che sarebbe stata l’Italia del neo-CT Arrigo Sacchi a partecipare a Euro’92. Si iniziavano perciò a enfatizzare alcune dichiarazioni dei massimi rappresentanti del calcio europeo. Mentre il segretario UEFA Gerhard Aigner dichiarava: «Per noi Urss e Jugoslavia non esistono più», veniva riportata anche una frase del segretario FIFA Sepp Blatter (pur essendo soggetto esterno alla UEFA, quindi ininfluente sulle decisioni riguardanti Euro’92): «la Russia garantisce che per qualche tempo ancora avrà gli atleti delle altre repubbliche».13 Le due diverse opinioni, messe in risalto anche nella prima pagina del giornale, riflettevano la confusione che imperava all’interno delle istituzioni sportive internazionali. La fretta, data l’imminenza dei tre eventi cardine dell’anno venturo (Olimpiadi invernali di Albertville, Francia; Olimpiadi estive di Barcellona; Europeo di calcio, Svezia), si sarebbe tradotta in tre diverse soluzioni. Nel frattempo, non si dimenticava di riportare una dichiarazione del capo ufficio stampa della FIGC Antonello Valentini, il quale, parlando del ripescaggio, commentava con un «non vogliamo speculare ma siamo pronti».14
Le autorità sovietiche (definibili tali ancora per poche ore)15 tentarono di rassicurare la UEFA in merito alla partecipazione della nazionale maggiore. La macchina sportiva bolscevica, ben rodata, sembrò proseguire il suo cammino su binari diversi da quelli percorsi dagli organi politici, e i successi della Squadra Unificata a Barcellona’92 lo dimostrarono16. Intanto, nei club della massima divisione sovietica cresceva il malcontento dei calciatori. Nell’edizione della Gazzetta del 13 dicembre un solo articolo si dedicava alle ripercussioni sportive della fine dell’URSS. Giampietro Agus, prima di soffermarsi su un particolare aneddoto, riportava le dichiarazioni del dirigente della Federcalcio sovietica Alexei Paramonov, il quale annunciava che «contrariamente alla selezione olimpica […] non esiste alcun dubbio riguardo alla nostra nazionale maggiore per la sua partecipazione all’Europeo»17. L’articolo verteva poi sulla situazione specifica della Torpedo Mosca, club in difficoltà a causa dalla protesta dei suoi stessi tesserati (14 giocatori, per la precisione) che, in rotta con le modalità di gestione umana e tecnica dell’allenatore Valentin Ivanov, avevano deciso di “ammutinarsi”: «I giocatori […] hanno reso nota questa decisione attraverso una lettera pubblica indirizzata al quotidiano “Sovietski Sport”. In particolare, i giocatori sottolineano come negli ultimi due mesi, senza Ivanov, si fossero “finalmente sentiti degli esseri umani e non dei robot, liverati dalle vessazioni e umiliazioni cui p sottoponeva Ivanov»18. In un riquadro sulla destra si ribadiva la situazione legata all’eventuale ripescaggio dell’Italia ai danni dell’URSS, tema che sarebbe stato discusso al successivo Consiglio Federale.19 Il massimo organo della FIGC si apprestava, quindi, ad affrontare la spinosa questione della qualificazione: il 14 dicembre, infatti, si insisteva ancora sul tema ma con minor ottimismo, a giudicare dalle dichiarazioni del presidente della Uefa Lennart Johansson.20 Sergio Di Cesare descriveva così la situazione degli organi deliberativi: «è imminente la riunione di un “bureau” che dovrà risolvere i casi di URSS e Jugoslavia in vista di Svezia ’92».21 Johansson illustrava le varie opzioni di ripescaggio in caso di squalifica di una o più nazionali, tra cui l’ammissione delle seconde classificate, che avrebbe premiato l’Italia. Oltre alla questione dei ripescaggi iniziavano a trapelare notizie interessanti sulla nuova conformazione degli stati dell’ex Unione: «è difficile che l’Ucraina permetta ai propri giocatori di giocare all’Europeo sotto la denominazione Urss»22; perciò, l’unico modo per partecipare sembrava essere proprio una squadra rappresentante una comunità di Stati indipendenti. La Federcalcio ucraina uscì dal campionato sovietico, rimarcando l’indipendenza delle nuove repubbliche. Il generale processo di disgregazione, in quei giorni, accelerò.
Il 18 dicembre 1991 la decisione fu presa: l’URSS avrebbe cessato di esistere entro la fine dell’anno. Nel frattempo, la struttura statuale e la rispettiva nazionale di calcio assunsero conformazioni diverse, creando i particolari presupposti di questa vicenda. Le ragioni di questa scelta furono legate al tentativo di risolvere la controversia relativa alla qualificazione al torneo: pur frantumandosi in un gruppo di Stati indipendenti, l’URSS si era qualificata come nazionale comprensiva di tutte le repubbliche; in base alla decisione dei vertici calcistici europei, solo un’entità che avesse rappresentato una continuità con l’Unione avrebbe potuto partecipare a Euro’92. Lo stesso 18 dicembre sulla «Gazzetta» si approfondiva la questione dal punto di vista politico e sportivo. In primo luogo, il quotidiano sceglieva di aggiornare i lettori sulla situazione orientale parlando della “resa” di Gorbačëv nei confronti di Eltsin, fatto che, sommato alla fine imminente dell’URSS, assumeva un contenuto sia concreto che simbolico: Salvatore Lo Presti (giornalista e saggista tra i massimi esperti di calcio in Italia, penna dei principali quotidiani sportivi italiani, fondatore dell’Annuario del calcio mondiale) scriveva che «la bandiera rossa con la falce e martello, voluta da Lenin per lo Stato nato dalla Rivoluzione d’ottobre» sarebbe stata ammainata a capodanno.23 In questo articolo si raccontava inoltre di un Gorbačëv decadente, sconfitto dal confronto col rivale, che avrebbe tentato di mantenere l’URSS, riformata ma unita24. Lo Presti concludeva:
Così al Cremlino Gorbaciov prendeva atto della sconfitta del suo sogno di un’Urss rinnovata ma unita e riconosceva la vittoria del suo grande rivale e del suo progetto di costruire una Comunità di Stati Indipendenti, che nel giro di pochi giorni esproprierà di ogni parvenza di potere l’uomo che per sei anni ha retto il timone della seconda superpotenza mondiale25.
L’ipotesi ripescaggio di lì a poco tramontò ma riuscì comunque a catalizzare le maggiori attenzioni; la narrazione sportiva, tuttavia, si intersecò spesso con la cronaca della politica internazionale.
L’edizione del 19 dicembre 1991 forniva una grande densità di contenuti sul tema, la più ricca tra quelle uscite nell’arco temporale preso in esame. Innanzitutto, un trafiletto in prima pagina riassumeva brevemente le notizie del giorno precedente in merito alla dissoluzione ufficiale dell’Unione e annunciava approfondimenti nelle pagine interne (pagina 3 e pagina 4 in particolare).26 Ormai metabolizzata la notizia della fine dell’URSS, ci si soffermava sulle ripercussioni sull’intero movimento sportivo, non solo calcistico. D’indubbio impatto appariva la terza pagina che rifletteva in modo evidente l’interesse del giornale in relazione a eventi dalla portata epocale. Dopo aver ribadito le tre date “scottanti” della stagione sportiva, la narrazione virava verso la nostalgia, nella consapevolezza delle sorti un mondo in via di dissoluzione. A tutta pagina, il vicedirettore Elio Trifari osservava:
L’URSS chiude, sport sconvolto. Scompare l’Impero, Jugoslavia smembrata: Giochi invernali nel caos. Sulla Piazza Rossa sventolano per gli ultimi giorni le bandiere rosse di un’entità politica formidabile, che fra dodici giorni verranno ammainate assieme alle stelle di Lenin sui grandi edifici di Mosca27
La terza pagina risultava centrale dato che (come evidente dal precedente articolo e da quello successivo) si affrontava il tema della caduta del colosso orientale principalmente dal punto di vista politico, rispetto a quello sportivo. Al di là della cronaca, venivano utilizzate espressioni nette (come «entità politica formidabile»), dal respiro malinconico, per una realtà che cessava di esistere, forse inaspettatamente: «Dicono che sulla Piazza Rossa, in queste ore, la stella di Lenin e le bandiere rosse con falce e martello vadano tutte a ruba fra i turisti»; poi, «Tutto passa, certo, ma è difficile che il mondo s’abitui d’un colpo alla prospettiva della scomparsa dell’Unione Sovietica».28 È utile tener conto del fatto che la maggioranza dei lettori nel 1991 erano nati con un’Unione Sovietica già costituita come entità politica, molti l’avevano vista vincere la Seconda guerra mondiale e divenire una delle due super-potenze mondiali; per alcuni rappresentava una prospettiva politica, per altri un nemico o un’entità da avversare, ma comunque un soggetto costantemente presente. Nella pagina in questione, oltre al titolo, alla foto in stile Pravda e al triste necrologio sopracitato, erano presenti due interessanti riquadri contenenti l’elenco degli eventi che avevano appena portato alla dissoluzione di URSS e Jugoslavia. Tutta questa sezione del giornale era divisa idealmente e graficamente tra le due entità politiche. Due cartine politiche raffiguranti i due paesi, contornate da elenchi di avvenimenti ordinati cronologicamente: uno scenario che oggi apparirebbe più simile a una pagina di «Limes», piuttosto che a quella di un quotidiano sportivo. La prima si occupava della Jugoslavia, con un breve cappello introduttivo: «è la cronistoria della frantumazione di uno stato, ma soprattutto una brutta storia di guerra civile», scriveva Trifari; le questioni etniche «contano sino ad un certo punto»29, si aggiungeva, dando fattualmente un commento parziale e soggettivo sulla situazione geopolitica corrente. Di seguito, si proponeva l’effettiva cronistoria del processo di disgregazione, premettendo di aver omesso le date di scontri e massacri di civili per concentrarsi sulle decisioni ufficiali (ad esempio: «8-7-91: A Brioni davanti alla troika della CEE, Serbia, Croazia e Slovenia raggiungono un accordo di massima. L’Europa riconosce la Slovenia e pone una scadenza di 3 mesi per sancirne l’autonomia. Riconosciuta anche l’autodeterminazione dei popoli, venendo incontro a Belgrado che vuole tutelare la minoranza serba in Croazia. La tregua sarà breve»)30. La seconda cartina riguardava l’Unione Sovietica, stavolta priva di commenti: in sequenza cronologica si elencavano gli eventi ritenuti principali nel processo di dissoluzione, partendo dall’11 marzo ’90 (giorno della dichiarazione d’indipendenza lituana) fino all’accordo El’cin-Gorbačëv del 17 dicembre, passando attraverso gli avvenimenti cardine del processo, tra cui il Putsch di agosto («19-8-91: Colpo di Stato conservatore, alla vigilia della firma sul nuovo Trattato dell’Unione. Gorbaciov, arrestato in Crimea, è deposto. Il vicepresidente Janaev assume il potere con l’appoggio del Pcus, Kgb e militari»; «21-8-91: Il colpo di Stato fallisce. Gorbaciov torna a Mosca»)31. Queste modalità narrative possono apparire come tentativi di fare-informazione-politica che, pur non rappresentando una novità nella storia dei quotidiani sportivi, risultano delle piccole “invasioni di campo”.
Dalla quarta pagina la dimensione sportiva tornava centrale. Nel primo dei due articoli tratti da questa sezione venivano esplorati gli sport di rilievo in URSS e Jugoslavia (calcio escluso) indicando gli atleti più celebri, raggruppati per nazioni, secondo l’ipotetico nuovo assetto che sarebbe andato creandosi: nel caso dell’hockey su ghiaccio, ad esempio, si evidenziava il fatto che la nazionale jugoslava era composta prettamente da sloveni; nel basket, sport in cui entrambe le nazionali avevano una tradizione consolidata e vincente, si affermava che la potenza dell’URSS sarebbe stata messa in discussione dall’addio dei cestisti baltici (Lituania su tutti con il celebre Arvydas Sabonis); la Jugoslavia avrebbe prodotto, d’altro canto, un gruppo di nazionali cestisticamente competitive anche da indipendenti.32 Il secondo articolo di Lo Presti, invece, riapriva la parentesi calcistica. Si iniziava a immaginare che la conformazione della nazionale della Comunità degli Stati Indipendenti avrebbe ricalcato essenzialmente l’ex nazionale sovietica: l’Armata rossa calcistica era formata da soli cittadini delle ex repubbliche facenti parte della nuova CSI; nessuna variazione sostanziale rispetto a quella sovietica (principalmente rappresentata da russi e ucraini, con l’eccezione del georgiano K’akhaber Tskhadadze e del bielorusso Sergej Aleinikov).33 Da questo momento in poi è possibile parlare concretamente della “nazionale della CSI”.
Tuttavia, non è così che venne definita tra i fogli del «Corriere della Sera» del giorno successivo. Il 20 dicembre, alla pagina 43 del quotidiano, si trovava un approfondimento analogo a quello apparso sulla «Gazzetta» il giorno precedente, in cui si descriveva «disciplina per disciplina»34 la diaspora degli atleti sovietici. Nelle righe che toccavano il tema calcistico ci si riferiva alla nazionale che avrebbe partecipato all’Europeo ancora con il nome «URSS». Di seguito, venivano riportate le dichiarazioni del primo segretario della Federcalcio sovietica, il quale accusava la UEFA di aver «esacerbato le passioni»35 in merito alla questione dell’eventuale non partecipazione dell’URSS a Euro’92 e del conseguente ripescaggio dell’Italia. Altrettanto interessante, sempre nell’articolo, è il modo con cui ci si riferiva alla spedizione sovietica pronta a partire per le Olimpiadi di Barcellona: si utilizzava il termine «Unione Slava».36
Parallelamente, sulla «Gazzetta», il direttore Candido Cannavò pubblicava due articoli: il primo era un’intervista al Presidente del CIO Juan Antonio Samaranch (ex ambasciatore spagnolo in URSS) dove veniva affrontato il tema della partecipazione delle 12 repubbliche ex sovietiche e della Jugoslavia alle Olimpiadi, in cui si predicava cautela nelle decisioni da prendere in un periodo di mutamenti così delicati e si ribadiva l’intento di far partecipare in maniera unitaria le entità che si erano qualificate sotto una determinata forma; il secondo era un breve testo che affrontava il tema dei simboli e dei nomi che le nuove squadre partorite dalla diaspora sovietica avrebbero assunto. In quest’ultimo si avanzavano ipotesi sulla nuova bandiera e sul nuovo simbolo che sarebbe comparso sulle casacche: «Niente bandiera rossa con falce e martello e niente inno sovietico ai Giochi di Albertville e Barcellona»; «un nuovo simbolo […] ha la forma di un boomerang rosso, di una fiamma stilizzata, oppure di una coda di cometa secondo i suoi promotori, con al centro una stella a cinque punte appoggiata sui cerchi olimpici e non avrà alcuna sigla».37 Cannavò, inoltre, ricordava come la Federcalcio sovietica stesse da un lato continuando a trasmettere sicurezza alle autorità competenti in merito alla sua partecipazione a Euro’92, mentre dall’altro le sorti della spedizione olimpica apparissero più fumose38. Sappiamo oggi che l’esito delle decisioni di quei giorni si sarebbe tradotto in una non-squadra, imposta dall’alto come soluzione per partecipare a Barcellona ’92, un «Unified Team» che avrebbe vissuto un’Olimpiade a metà, sotto molte bandiere ma sotto nessuna allo stesso tempo (seppur vincente, come da tradizione): l’olimpiade della Squadra Unificata39 fu di enorme successo, dato che dominò il medagliere con 112 podi (e 45 medaglie d’oro, 38 d’argento e 29 di bronzo)40.
La «Gazzetta» del 27 dicembre 1991 si dimostra significativa per alcuni elementi presenti al suo interno: in primo luogo veniva smentita la notizia secondo cui la bandiera rossa avrebbe dovuto essere ammainata dal pennone del Cremlino alla mezzanotte del 31 dicembre 1991 (mentre, come noto, questo avvenne la notte di Natale dopo il discorso di Gorbačëv). Dalla penna di Alfio Caruso, in prima pagina, compariva il titolo: «Gorby e Urss addio insieme – nella sera di Natale s’è dimesso Mikhail Gorbaciov e sul Cremlino dopo 74 anni non sventola più la bandiera rossa ma quella bianca azzurra e rossa della Russia»41. L’Unione fondata il 30 dicembre del ’22 ormai non esisteva più. Dopo il compianto, avanzavano le ipotesi, sempre mantenendo un certo qual rispetto nei confronti di un «Gigante d’oro»42 che cessava di esistere. Si ricordava, infatti, quanto l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche avesse raccolto a livello di onorificenze sportive (nella pagina era presente una tabella con un medagliere che riportava il numero di decorazioni raccolte nelle olimpiadi invernali ed estive); in un riquadro Caruso si soffermava sul tema, già affrontato dalla stampa nelle settimane precedenti, della distribuzione degli atleti nelle varie repubbliche d’appartenenza: «E adesso abituiamoci in fretta – Bubka ucraino, Konichev russo», si scriveva.43 Il giorno successivo Claudio Gregori riportava un curioso aneddoto: un incontro all’aeroporto di Palermo tra i giocatori e lo staff di Milan, Juve e i campioni sovietici del CSKA Mosca (club definito il «re di un campionato che non c’è più»44). Nel testo si citavano le parole di alcuni giocatori russi, intervistati sul posto. Si dimostrano degne di nota le parole dell’allenatore dei moscoviti, Pavel Sadryn (che sarebbe diventato anche primo allenatore della nazionale russa, a USA’94), dalle quali traspariva ottimismo per la nazionale della CSI che avrebbe partecipato a Euro’92. L’intervistato percepiva la compagine non come una nuova nazionale ma come la naturale continuazione dell’URSS: «la squadra del nostro paese […] siamo rimasti un grande paese. Solo il nome cambierà».45 È interessante come l’autore sia riuscito a strappare anche un virgolettato a sfondo politico: il CT, infatti, si riferiva a Gorbačëv come a un «grande politico» pur prevedendo un nuovo corso «decisionista» nella politica russa, in senso positivo.46 Sulla scia di tali dichiarazioni appariva la successiva intervista a Sergej Aleinikov, centrocampista ex Dinamo Minsk e Juve in forza al Lecce. L’intervista risulta di assoluto rilievo per le modalità e la varietà delle tematiche trattate: Aleinikov raccontava il suo rapporto con l’Italia ma soprattutto commentava la situazione politico-sociale del suo paese. Parlava delle sia difficoltà economiche che aveva vissuto sulla propria pelle sia di ciò che i suoi parenti gli raccontavano da Minsk. Si diceva preoccupato per la situazione politica: “ringraziando” Gorbačëv e “sperando” in Eltsin, glissando con un «se non ci riesce nemmeno lui finiamo davvero male», citando i fatti relativi al Putsch di agosto. 47 Aleinikov esplicitava inoltre la volontà di vedere un paese plasmato sul modello statunitense, una federazione di Stati indipendenti con un governo centrale, che avrebbe potuto contribuire alla pace nel mondo.48 Il calciatore, che qui si esponeva in maniera piuttosto inconsueta, avrebbe fatto parte della spedizione CSI, considerata anche dal suo punto di vista (come nel caso di Pavel Sadryn) la naturale continuazione dell’URSS.49
L’Unione Sovietica cessò di esistere definitivamente il 31 dicembre 1991. Con la sua fine si chiuse il “Secolo breve” e si aprirono le porte del XXI secolo, con una piccola appendice sportiva, quella della Comunità degli Stati Indipendenti. La “nazionale senza nazione” collezionò nella sua breve storia solo dieci partite ufficiali, amichevoli comprese (tra le quali, una vittoria contro gli Stati Uniti per 0-1 a Miami, il 25 gennaio 1992), e l’avventura a Euro’92 fu tutt’altro che indimenticabile, almeno sul campo: tre partite nel girone, due pareggi, una sconfitta, un solo gol segnato, due punti conquistati (uno di questi nella partita contro la Germania appena unificata)50. Fu tuttavia storica sotto ogni altro punto di vista: grazie a questi fatti è possibile post-datare di qualche mese, dal punto di vista sportivo, la fine dell’Unione Sovietica.
L’analisi degli articoli presi in esame offre una prospettiva duplice sulla «Gazzetta» che, pur muovendosi su binari paralleli, conduce a riflessioni su ambiti distinti. Da un lato, lo sport viene vagliato in tutti i suoi aspetti, tecnico, organizzativo e burocratico, con particolare attenzione alle trasformazioni dell’assetto europeo a seguito del crollo del blocco orientale. Dall’altro, emerge una dimensione politica internazionale che, in vari casi, trascende decisamente l’ambito sportivo, come parte di una narrazione più ampia e interdisciplinare. Questa peculiarità riflette la natura del quotidiano, che, pur essendo dedito principalmente al mondo sportivo, si rivela capace di affrontare temi che spaziano oltre i confini di tale settore. L’impatto della caduta dell’URSS emerge così non solo come un evento epocale per il contesto politico, ma anche come un fenomeno profondamente influente per il tessuto sociale e culturale occidentale, capace di suscitare incertezza e reazioni in ogni ramo della società.
1 Cfr. Silvio Pons, La rivoluzione globale. Storia del comunismo internazionale. 1917-1991, Torino, Einaudi, 2012.
2 Cfr. Andrea Borelli, Gorbačëv e la riunificazione della Germania, Roma, Viella, 2021.
3 Cfr. Andrea Graziosi, L’Unione Sovietica 1914-1991, Bologna, il Mulino, 2011.
4 Il libro di Svetlana Aleksievič offre un punto di vista interessante sulla caduta dell’Unione Sovietica, riportando testimonianze dirette raccolte tra la popolazione civile; nelle ultime pagine il testo offre un dettagliato elenco cronologico degli eventi più significativi, tra cui l’Accordo della foresta di Belovež e i Trattati di Alma-ata: cfr. S. Aleksievič, Tempo di seconda mano, Milano, Bompiani, 2015.
5 S. Di Cesare, L’URSS non c’è più. Italia all’Europeo?, «La Gazzetta dello Sport», 10 dicembre 1991.
6 Cfr. Biblioteca del Senato della Repubblica «Giovanni Spadolini», Osservatorio internazionale. Le Repubbliche ex sovietiche: 4) la Comunità degli Stati Indipendenti, https://www.senato.it/3182?newsletter_item=1290&newsletter_numero=121 (tutti gli url sono stati controllati il 07/08/2024).
7 Qualificazioni al campionato europeo di calcio 1992 (risultati), https://it.uefa.com/uefaeuro/history/seasons/1992/groups/.
8 Cfr. R. Mills, The politics of football in Yugoslavia. Sport, Nationalism and the State, London-New York, I.B.Tauris, 2018, cit. pp. 348,349.
9 C. Gregori, Una nazionale che va a pezzi, «La Gazzetta dello Sport», 10 dicembre 1991.
10 Ibidem.
11 Ibidem.
12 S. Di Cesare, E l’Italia si ritrova in corsa per la Svezia, ivi, 10 dicembre 1991.
13 A. Cerruti, S. Di Cesare, L’Uefa è azzurra, ivi, 11 dicembre 1991.
14 Ibidem.
15 Cfr. S. Hylton Akyildiz, Sport in Central Asia under Gorbachev: Uzbekistan from 1985 to 1991, in «Vakanuvis-International Journal of Historical Researches», 6 (2021), n. 1, pp. 1-35.
16 Cfr. M. Zeller, Sports and society in the Soviet Union. The Politics of Football after Stalin, London, Bloomsbury, 2018.
17 G. Agus, La Torpedo conferma il tecnico, la squadra si ammutina, in «La Gazzetta dello Sport», 13 dicembre 1991.
18 Ibidem.
19 Ibidem.
20 S. Di Cesare, Europeo: Italia già in panchina, ivi, 14 dicembre 1991.
21 Ibidem.
22 Ibidem.
23 S. Lo Presti, Il 31 dicembre muore l’Urss: l’Uefa ha deciso per gli Europei, in «La Gazzetta dello Sport», 18 dicembre 1991.
24 Oggi sappiamo come questa prospettiva fosse già ampiamente tramontata; come il gruppo dirigente gorbačëviano avesse preso atto della fine del comunismo internazionale, avvenuta da tempo, e constatasse che l’idea di un comunismo riformato fosse incompatibile con quella stessa nozione: cfr. Pons, Op. cit., p. 440.
25 Lo Presti, Il 31 dicembre muore l’Urss cit.
26 Cfr. E. Trifari, S. Lo Presti, L’Urss chiude, sport sconvolto, in «La Gazzetta dello Sport», 19 dicembre 1991.
27 Ibidem.
28 E. Trifari, Jugoslavia, breve agonia. Comincia nel marzo del ’90 la fine dell’Urss, cartine di Jugoslavia e URSS a cura di Alvise Norfo, «La Gazzetta dello Sport», 19 dicembre 1991.
29 Ibidem.
30 Ibidem.
31 Ibidem.
32 I risultati ottenuti dalle nazionali emerse dalla disgregazione della Jugoslavia sono comunque notevoli: tre Campionati Europei e due Mondiali per la RF Jugoslavia/Serbia e Montenegro, un Campionato Europeo per la Slovenia e una medaglia d’argento alle olimpiadi per la Croazia, nel 1992: cfr. Ecco le nazionali che non vedremo più, in «La Gazzetta dello Sport», 19 dicembre 1991.
33 S. Lo Presti, Russi con ucraini e bielorussi. Ecco la squadra di Bishovets, in «La Gazzetta dello Sport», 19 dicembre 1991.
34 Cfr. L’Urss finisce, lo sport ricomincia, in «Il Corriere della Sera», 20 dicembre 1991.
35 Ibidem.
36 Ibidem.
37 C. Cannavò, Urss, la ricetta Samaranch, in «La Gazzetta dello Sport», 20 dicembre 1991.
38 Ibidem.
39 Secondo Nicola Sbetti ci si riferisce alla spedizione olimpica ex-sovietica formalmente con il termine “Squadra Unificata” e informalmente con “CSI”: N. Sbetti, Giochi di potere. Olimpiadi e politica da Atene a Londra. 1896-2012, Firenze, Le Monnier, 2012, pp. 185, 197.
40 Cfr. Medagliere ufficiale di Barcellona 1992, in «Olympics», https://olympics.com/it/olympic-games/barcelona-1992/medals.
41 A. Caruso, Gorby e Urss addio insieme, «La Gazzetta dello Sport», 27 dicembre 1991.
42 Id., Urss, addio gigante d‘oro, ivi, 27 dicembre 1991.
43 Ibidem.
44 C. Gregori, Ecco il Cska, re di un campionato che non c’è più, ivi, 28 dicembre 1991.
45 Ibidem.
46 Ibidem.
47 T. Gentile, Aleinikov in ansia: «Se Eltsin fallisce, è la fine», ivi, 28 dicembre 1991.
48 Ibidem.
49 Ibidem.
50 Risultati del campionato europeo di calcio 1992, https://it.uefa.com/uefaeuro/history/seasons/1992/groups/.