Recensione

Erminio FONZO, Sport e migrazioni. Storia dell’Afro-Napoli United , Aracne, Roma, 2019, 188 pp.

Matteo Monaco

(Società Italiana di Storia dello Sport)

Vale la pena seguire le pagine di questo libro non per scoprire una storia edificante, ma per arricchire lo spettro delle conoscenze sul fenomeno dell’immigrazione e delle sue forme di integrazione attraverso l’osservazione di un microcosmo sportivo (Guido Panico, cit. da p. 13)

Il lavoro di Erminio Fonzo, assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Salerno e autore di numerosi saggi di storia sociale sul tema dell’associazionismo e del movimento operaio e recentemente dedicatosi agli studi di storia dello sport, si colloca, come sostiene Guido Panico nella prefazione del libro,

sulla scia di una tradizione italiana, oltre che internazionale, ormai più che trentennale che ha cercato nella storia delle esperienze agonistiche […] per dare sostanza a una famosa affermazione di Lucien Febvre, di quasi cento anni fa, sul compito dello storico di rendere complesse le cose apparentemente semplici, introducendo ogni aspetto possibile della vicenda umana e delle scienze che la interpretano . (p. 13)

Il contesto storiografico, dunque, è chiaro: i lavori pionieristici di Ghirelli, Panico e Papa con lo sguardo rivolto verso le più recenti pubblicazioni internazionali sul tema calcistico (Brizzi-Sbetti, 2018). A questa premessa storica, Fonzo aggiunge uno studio sociologico del fenomeno razzista e migratorio nella società italiana.

Storicamente interessanti sono soprattutto i primi due capitoli, necessario cappello introduttivo al racconto dell’Afro-Napoli United. Nel primo Fonzo mostra, attraverso alcuni casi esemplificativi e sostenuto da robusta letteratura, il ruolo che lo sport ebbe nel XX secolo per i migranti italiani (citando i casi statunitense e francese) creando un parallelismo con le recenti normative europee che assegnano allo sport “il compito di facilitare l’integrazione nella società dei migranti e delle persone d’origine straniera, e sostenere il dialogo interculturale. Lo sport promuove un senso comune di appartenenza e partecipazione e può quindi essere anche un importante strumento d’integrazione degli immigrati” (p. 34).

Il secondo capitolo è incentrato sul focus calcio e razzismo  all’interno del quadro dell’evoluzione storica e sociale del post-colonialismo. In questo caso Fonzo, descrive i differenti casi di razzismo calcistico in Italia e nel mondo con un excursus  che parte dalla convocazione nella nazionale britannica di Andrew Watson negli anni Ottanta del XIX secolo e arriva ai casi più recenti di Michael Ferrer, olandese nero, contestato dalla tifoseria dell’Hellas Verona per il colore della sua pelle. Nel mezzo, sono inseriti concetti fondamentali per la comprensione del fenomeno Afro-Napoli United, come quello di bonding  (il rafforzamento della coesione etnica attraverso lo sport) e bridging  (lo sviluppo del dialogo interculturale).

Questa doverosa premessa consente all’autore di entrare nel vivo del suo discorso con la nascita della società calcistica napoletana nel complesso contesto della crisi economica mondiale: dalla nascita nel 2009 e la partecipazione ai campionati calcistici amatoriali (con incresciose vicende di razzismo e di scontri in diverse partite) fino all’iscrizione alla Figc nel campionato di Terza categoria nel settembre del 2013. La squadra napoletana diviene così «una metafora della società italiana. Quando gli italiani non bastano più, è necessaria la presenza dei migranti» (p. 65) nonché cartina al tornasole dei processi migratori della Penisola. La squadra, infatti, non è composta più in prevalenza da migranti centroafricani bensì dai nuovi migranti costretti dalle primavere arabe  alla ricerca di nuovi orizzonti.

L’evoluzione sportiva della squadra, che in pochi anni scalerà le categorie inferiori del calcio italiano raggiungendo l’Eccellenza, è il racconto dell’evoluzione che, negli ultimi cinque anni, la società italiana ha avuto nei confronti del diverso e dei migranti, evoluzione che ha portato a evidenti tensioni razziste.

Le conclusioni sono altrettanto interessanti: partendo dai reali e concreti risultati e vantaggi ottenuti dalla squadra in termini di risultati sportivi e marketing, espone come sia impossibile eliminare le tensioni razziste attraverso il calcio e lo sport ma come, tuttavia, questi possano dare esempi concreti sulle possibili soluzioni nella gestione del fenomeno migratorio e del conseguente razzismo. Il fenomeno Afro-Napoli United può, così, essere valutato come un positivo caso di bridging, un tentativo nella trasformata società italiana di dare quel calcio al razzismo  ormai trentennale obiettivo delle Federazioni nazionali e internazionali.