Recensione

Marco BAGOZZI e Andrea BISCEGLIA, Storia del calcio cinese, Torino, Bradipolibri Editore, 2017, 152 pp.

Vincenzo Mercuri

(Università di Bologna)

Il National Football Museum di Manchester ha intrapreso negli ultimi anni una stretta collaborazione con il China’s Linzi Football Museum; due nazioni, Inghilterra e Cina, entrambe portatrici di un primato storico: se agli inglesi va dato il merito di aver inventato il gioco così come lo conosciamo oggi, non bisogna dimenticare che, come studi archeologici hanno mostrato, i cinesi calciavano il pallone già nel neolitico. Il libro parte da qui e dalle parole di Sepp Blatter durante il China Expo del 2004: «Rendiamo onore al popolo cinese per il ruolo del loro paese come culla delle prime forme di calcio, avendo ben piantato le radici del nostro sport e aiutato ad indirizzarne il corso per farlo crescere fino a farlo diventare il bel gioco che è oggi» (p.10).

Scritto da Marco Bagozzi, collaboratore di «Eurasia. Rivista di studi geopolitici» e studioso dello sport in Nord Corea, e Andrea Bisceglia, sinologo e gestore del blog calcio8cina , il libro approfondisce la storia del calcio cinese dalle origini fino ai giorni nostri. Il testo è diviso in sei capitoli, ciascuno dedicato ad una fase specifica della storia cinese.

Si parte, come detto, dal calcio delle origini, il Cuju (“calciare con i piedi”), descrivendone fonti e prime implicazioni politiche, con tanto di favoritismi degli imperatori verso i giocatori più amati. Il Cuju perderà popolarità soltanto nel XVII secolo.

Il calcio delle origini non è, tuttavia, il fulcro dell’analisi svolta dagli autori, rappresentato, invece, dallo sviluppo e dalla diffusione della versione moderna del gioco e dai suoi legami con le vicende storiche e politiche della Cina. Lo sport moderno arriva dall’occidente, come conseguenza delle Guerre dell’oppio e della forzata apertura alle potenze europee, venendo poi inserito nella cultura cinese come “educazione del corpo”, una visione che sarà fondamentale negli sviluppi successivi, diventando con Sun Yatsen coagulante dell’identità nazionale. Questa prima fase moderna meriterebbe però un maggior approfondimento.

Con la nascita della Repubblica Popolare lo sport diviene arma diplomatica e manifestazione diretta dei legami politici del neonato stato comunista. Viene trattata la rottura con il CIO e l’istituzione di una competizione indipendente, il GANEFO. Il calcio risente delle vicissitudini internazionali, dando vita ad un flusso di scambi con i paesi alleati, che, in coerenza con l’evoluzione delle vicende diplomatiche cinesi, vedono dapprima l’URSS e l’Ungheria e poi l’Albania come bacini calcistici da cui attingere. Oltre a ciò, con il graduale allontanamento dall’URSS, vi è un importante sviluppo delle relazioni calcistiche con i paesi terzomondisti. A frenare la crescita è però la Rivoluzione culturale, che produce profondi cambiamenti, oltre che nella società, anche nello sport cinese. Questa “svolta” viene però poco approfondita nell’analisi, nonostante le profonde conseguenze prodotte.

Si arriva poi alla svolta liberista e diplomatica di Deng Xiaoping, che porta all’ingresso nella Fifa e alla visita di varie squadre europee. Nel 1992, nella conferenza di Zhongshan, vengono tracciate le linee guida per lo sviluppo professionistico. La crescita sportiva del paese viene riconosciuta dall’assegnazione delle Olimpiadi di Pechino del 2008, testimonianza del nuovo status internazionale attribuito alla Cina.

L’ultimo capitolo è probabilmente il più interessante e tratta la rivoluzione calcistica intrapresa da Xi Jinping, una svolta che trae le sue radici nel periodo più buio del calcio cinese, assieme a quello della rivoluzione culturale, rappresentato dalla Calciopoli cinese e dalle pessime uscite della Nazionale.

Nel complesso si tratta di una lettura leggera, di improntata più giornalistica che storiografica, pur non mancando di interessanti analisi e collegamenti con lo sviluppo della realtà cinese nel XX secolo. Inoltre, la narrazione dei fatti a volte appare superficiale: in particolare, la parte sulla rivoluzione culturale, e il conseguente impatto sullo sport, appare incompiuta.

È un’opera utile per capire appieno il recente impatto dell’ingresso della Cina sulla scena calcistica internazionale, caratterizzato da ingenti disponibilità economiche in grado di attrarre calciatori affermati e nel pieno della carriera. In definitiva si tratta di un’analisi senz’altro corretta, ma che necessiterebbe dell’approfondimento di storici di professione. Quest’ultimi potrebbero, infatti, colmare un vuoto in un settore finora trattato soltanto da amanti della Cina, ai quali, nonostante la buona conoscenza della realtà cinese, mancano tuttavia le competenze proprie dello storico.

Il libro, infine, essendo stato pubblicato nel 2017, non arriva ad analizzare i freni posti dal governo agli investimenti nel pallone. Tuttavia, la recente assegnazione del rinnovato Mondiale per club alla Cina non fa che aumentare l’interesse verso il fenomeno trattato e testimoniarne la serietà.