Sport e università, tra ricerca e didattica
, si chiedeva nel 2005 Angela Teja, allora docente di Storia dello sport a Scienze motorie a Cassino e futura presidente della SISS, al X congresso di storia dello sport a Siviglia (il contributo, con la collaborazione di Nora Santarelli, è in , edited by J. Aquesolo, Universidad Pablo de Olavide, Sevilla 2006, pp. 234-42). Si trattava di un bilancio, piuttosto amaro, della fortuna/sfortuna della disciplina nel campo delle ricerche e all’università (su cui mi concentro), a sette anni dalla trasformazione (DLgs 178/1998) degli istituti superiori di educazione fisica (ISEF) in facoltà o corsi di laurea universitari, e a un anno dall’istituzione del sistema “3 + 2” (triennale e magistrale: D.M. 270/2004).
Nelle neo-facoltà di Scienze motorie, nell’ambito di Medicina e dunque con un evidente processo di «medicalizzazione» dei percorsi di studio, Storia dello sport, priva di un proprio settore disciplinare, era sparita o meglio “assorbita” (a fatica, leggendo le declaratorie) nei settori di base M-EDF/01 (Metodi e didattiche delle attività motorie) e M-EDF/02 (Metodi e didattiche delle attività sportive), “sopravvivendo” semmai come materia a carattere pedagogico (M-PED/01 e soprattutto M-PED/02). Frutto di questo «processo di involuzione» fu la «quasi scomparsa della storia dello sport dall’ambito privilegiato della ricerca, quello universitario, esiliandola ai suoi limiti» (p. 234): su 29 facoltà o corsi di laurea, la disciplina (variamente denominata) era presente in 20 (nel 2002 il rapporto era di 26 e 9), ma solo a Ferrara era materia di base (M-EDF/02). A parte il caso del corso di laurea in Scienze giuridiche, economiche e manageriali dello sport di Teramo (a Scienze politiche: ancora oggi Storia contemporanea si sdoppia anche in Storia dello sport, con 9 CFU), Storia dello sport assegnava spesso pochi CFU, era integrata con altri insegnamenti, afferenti a M-PED/02 o a Storia contemporanea (M-STO/04: Roma Tor Vergata, nei corsi di laurea interfacoltà di Cagliari e Milano Cattolica) e in un caso (Udine-Gemona) a Storia moderna.
Con l’istituzione (D.M. 16.3.2007) delle due classi di laurea in Scienze delle attività motorie e sportive (L22) e in Scienze e tecniche dello sport (LM68) nei corsi di laurea a Scienze motorie, sia triennali che magistrali (Urbino; IUSM al Foro Italico, oggi università; Milano; Verona; Bologna; Palermo) e a Medicina e chirurgia (Roma Tor Vergata; Genova; Firenze; Cagliari; L’Aquila), così come quello a Scienza della formazione (Salerno: LM68) o interfacoltà (Torino; Padova), la situazione degli insegnamenti non mutò. Gli ambiti psicologico-pedagogico e sociologico-pedagogico erano – e lo sono ancora oggi, come ricavo da un’indagine sul web sull’offerta formativa degli atenei italiani - di base, o quantomeno caratterizzanti. Dopo l’istituzione (2013) delle Scuole e dei Dipartimenti, molti corsi di laurea sono rimasti (talvolta cambiando titolazione), altri si sono trasformati e ne sono stati creati di nuovi, e l’insegnamento di Storia dello sport è continuato ad afferire a settori disciplinari diversi, e coperto da docenti di varia formazione.
Mi limito a qualche esempio. Riguardo a Scienze motorie (a Medicina e a numero programmato), a Tor Vergata Antonio Lombardo insegna dal 2007 Storia dello sport (M-EDF/02) nei due corsi di laurea L22 e LM68, fino al 2014 affiancato da un docente a contratto di Storia dell’educazione fisica (Sergio Giuntini). Gli storici dello sport insegnano anche nella LM47 (Organizzazione e gestione dei servizi per lo sport e le attività motorie), sempre come M-EDF/02: è il caso di Nicola Sbetti, docente a contratto a Bologna di Sport History and Culture (corso di laurea Wellness Culture: Sport, Health and Tourism) e di Storia dell’educazione fisica e dello sport nella triennale di Scienze motorie. Sembra dunque M-EDF/02 il settore da scegliere per un contemporaneista che voglia insegnare all’università una storia dello sport genericamente intesa, ma è soprattutto chi afferisce al settore M-PED/02 ad avere, come visto, maggiori possibilità. A parte il caso di seminari all’interno di corsi integrati (Bari nel 2011-12: Domenico Elia), Storia dello sport e dell’educazione fisica rientra nell’ambito delle discipline pedagogiche (Salerno: M/PED-01; Brescia, Chieti-Pescara: M-PED/02; Roma Foro Italico) o sociologiche (SPS/07 Sociologia generale: Messina; LM 68 Università telematica Unicusano; Firenze: anni fa il corso era tenuto anche da un docente di M-EDF/02) o in entrambe (Molise; Sassari: esame integrato di Psicologia sociale e Didattica e pedagogia speciale, M-PED/03). Talvolta Storia dello sport è assegnata a Storia contemporanea (M-STO/04): così a Milano, alla Cattolica e alla Unicampus (Enrico Landoni insegna Storia dello sport e del giornalismo sportivo alla L22 in Sport and football management, afferente alla facoltà di Psicologia). Spesso, anche se incardinata su M-STO/04, Storia dello sport è affidata a docenti di altre discipline: a Genova la insegna Lara Piccardo (SPS/06, Storia delle relazioni internazionali), a Bergamo Gianluca Bocchi (M-FIL/02, Logica e filosofia della scienza). Talvolta la disciplina sparisce - come a Urbino, dove fino a qualche anno Storia dello sport moderno faceva parte del curriculum della LM68 (come M-PED/02) e oggi è rimpiazzata da altri insegnamenti – o proprio non c’è (nessun insegnamento riconducibile all’area umanistica nella L22 della Università telematica IUL).
Gli esempi potrebbero continuare e vi sarebbe da allargare il discorso ai corsi di perfezionamento post-laurea e ai master. Al di là della complessità (e rigidità) degli ordinamenti universitari, la varietà dei percorsi formativi, la presenza/assenza di insegnamenti sembra dipendere anche dalla disponibilità di esperti (assunti non a caso spesso a contratto). Storia dello sport si può insegnare in tanti modi, con approcci, ottiche, finalità diverse. Il rischio mi pare quello di scindere la ricerca dall’insegnamento: chi studia storia dello sport raramente la insegna, se la insegna, in ambito storico, anche se andrebbero analizzati i programmi dei corsi per essere più precisi. Il faticoso riconoscimento della storia dello sport come disciplina con una sua autonomia scientifica ha visto negli ultimi anni molti progressi, grazie soprattutto al recupero, da parte degli storici (e della SISS) della sua “memoria” (rinvio, senza poterla qui ricordare, alla letteratura sulle fonti, la situazione degli archivi, ecc.). Meno evidenti sono i progressi sul piano didattico, se ancora oggi Storia dello sport è quasi assente nei corsi di laurea in Storia (L42) e magistrali di Scienze storiche (LM84): unica eccezione, per quanto a mia conoscenza, è Firenze, dove è presente alla LM84, come opzionale, in un gruppo di 14 insegnamenti (coperta dal 2021-22 dalla sottoscritta). Straordinaria chiave di lettura dell’età contemporanea, per le sue implicazioni economiche, sociali, culturali, politiche, di genere, ecc., la disciplina dovrebbe/potrebbe figurare in altri corsi di laurea a carattere storico, più che “aprirsi una breccia” nei corsi di laurea in Scienze motorie. Per far “rinascere” all’università, dopo l’omicidio ricordato da Teja, la storia dello sport, c’è ancora molto da lavorare.