Visioni di gioco e Academic Football Lab (AFLab): nascita, risultati e sviluppo di un progetto di ricerca interdisciplinare sul calcio

Maurizio Lupo

(Cnr-ISMed)

Alcuni anni fa mi trovavo a Genova – poi ci sono rimasto – per una ricerca sulle importazioni di carbon fossile in Italia tra metà Ottocento e inizio Novecento. Proveniente in massima parte dalla Gran Bretagna, il minerale costituiva l’indispensabile fonte energetica per un paese, come il nostro, che intraprendeva la via dell’industrializzazione moderna. Il fabbisogno era in continuo aumento, ragion per cui i moli dello scalo ligure, il più comodo per trasferire carbone dai distretti minerari di oltremanica, erano affollati di equipaggi e imbarcazioni salpati da Newcastle, Liverpool, Glasgow, Cardiff, Bristol, Sunderland, Hull, Swansea, Greenock. Mentre raccoglievo informazioni sulla richiesta di carbone da parte delle industrie nazionali, mi imbattei in alcune cronache che riferivano incuriosite di uno svago assai popolare tra i marinai di Sua Maestà: suddivisi in due squadre, si sfidavano in un gioco che consisteva nel rincorrere e prendere a pedate una sfera, presumibilmente di cuoio, con l’obiettivo di farle oltrepassare una linea tracciata in terra tra due oggetti qualsiasi, difesa dall’unico giocatore che poteva toccarla anche con le mani.

Non che mi sembrasse una scoperta, certo, ho sempre amato il calcio e ne conoscevo per sommi capi la storia, compreso il fatto che il Genoa Cricket & Football Club, fondato nel 1893 da commercianti britannici, fosse la prima squadra ufficialmente riconosciuta in Italia. Tuttavia, l’evidenza documentale che attraverso il porto di Genova fosse entrato, assieme alla fonte energetica emblema della (seconda) rivoluzione industriale, anche lo sport che più rappresenta quella fase cruciale della storia umana, mi fece venir voglia di scrivere una storia economica del football in Italia. Terminata la ricerca sul carbone, iniziai quindi a raccogliere la bibliografia. Ben presto mi resi conto che però le implicazioni e gli spunti erano troppi, tali da travalicare l’ambito della storia economica: assai più interessante sarebbe stato un lavoro interdisciplinare che sopravanzava le mie forze. Allora chiesi ad amici e colleghi di varia formazione culturale e provenienza scientifica, appartenenti sia all’Università sia al Consiglio Nazionale delle Ricerche, se avessero voglia di trattare questo o quell’aspetto. Malgrado i miei timori – come me, quasi nessuno tra loro si era mai occupato professionalmente di calcio – le adesioni furono numerose e così, nel giro di qualche mese, mi ritrovai a coordinare un gruppo di ricerca, composto da una ventina di persone, che scelse di chiamarsi Umanità nel Pallone , dotandosi anche di una omonima pagina Facebook, dove troverete altre informazioni riguardo alle nostre iniziative.  

I frutti di quella collaborazione sono raccolti ora in un libro, intitolato Visioni di gioco. Calcio e società da una prospettiva interdisciplinare , pubblicato per i tipi de il Mulino. Il testo si apre con l’evocativo saggio di Nicola Bottiglieri, che introduce il calcio come una metafora dei nostri e di altri tempi/luoghi, e si chiude con i lavori di Antonio Vivaldi e Isabella Maria Zoppi, che mostrano, per le isole britanniche e per l’Italia, in che misura il mondo del pallone si intrecci con quello della popular music . Nel mezzo, si susseguono contributi di approccio storico, antropologico, linguistico, statistico e letterario. Per quanto riguarda la storia, Concetta Damiani offre una panoramica sulle fonti, non solo tradizionali, mettendo in evidenza il ruolo del web. Pierluigi Allotti usa gli stadi per rimarcare la natura di fenomeno di massa che il football ha assunto durante il Novecento. Fenomeno di massa cui, come suggerisce Paolo Alfieri, la chiesa cattolica partecipò con le sue strutture forse più popolari, cioè gli oratori. D’altra parte, se nel secolo scorso il «popolo» fu il maggior fruitore dello spettacolo calcistico, non bisogna mai dimenticare che il football ebbe origini borghesi, ben documentate anche nel caso di Napoli, studiato da Paola Avallone e Raffaella Salvemini.

Tra storia e identità esiste un legame fortissimo. Da questo assunto muovono Pierangelo Castagneto, Settimio Stallone e Bruno Barba, i cui lavori sono dedicati al calcio come fattore di costruzione/conservazione identitaria in tre contesti storici culturali e antropologici molto diversi: gli emigranti liguri nell’Argentina di fine Ottocento, che nel loro quartiere di Buenos Aires fondano due tra le più importanti squadre di tutto il Sudamerica; la composita popolazione dell’Unione Sovietica, dove le autorità, superate le reticenze iniziali, utilizzano il calcio come strumento per favorire l’amalgama del paese; la meticcia società brasiliana, per la quale il futebol  costituisce un modo di autodefinirsi e rappresentarsi al mondo.

Ancora da una storia, quella del Totocalcio, partiamo io e Aniello Barone per un viaggio nel mondo delle scommesse che ruotano attorno allo sport più popolare. Un mondo fatto anche di numeri e statistiche, che stanno alla base del lavoro di Enrico di Bella, dimostrazione di come i big data  siano essenziali nel calcio moderno e soprattutto nei giochi elettronici che lo riproducono. Pure Lisa Sella utilizza un approccio quantitativo per descrivere la condizione femminile nel calcio, e più in generale nello sport, portando a sostegno anche la sua esperienza di ex calciatrice e attuale allenatrice. La presenza femminile nel mondo del calcio costituisce il nucleo anche del lavoro di Laura Bonato, che, dopo una riflessione sul tifo in generale, lo guarda con gli occhi delle donne. Non c’è dubbio che tifo e tifose/i costituiscano una parte fondamentale del pianeta football. Ma come stanno reagendo le tifoserie alla progressiva mercificazione della loro passione? Lo spiegano Igor Benati e Stefano Pagnozzi, che ripercorrono i tentativi dei supporter  di avere più voce in capitolo nella gestione dei club, in Italia e in Gran Bretagna.

Per sua stessa natura il tifo deve esprimersi. Deve parlare e lo fa in tanti modi. Ad esempio attraverso gli striscioni, la cui lingua, in apparenza sfuggente, ma comprensibilissima a chi la conosce, viene analizzata da Grazia Biorci, che ne apprezza la creatività. Oppure servendosi della poesia: Umberto Saba e Ferdinando Acitelli sono gli autori dei versi commentati da Idamaria Fusco. Ancora la parola è il mezzo che un famoso calciatore ha scelto per sconfiggere il razzismo: Antonella Emina ci racconta questa storia, analizzando un testo e un’esperienza davvero singolari per l’ambiente sportivo.

Dalle parole alla musica il passo è breve, ma di questo abbiamo già detto. Veniamo dunque ai propositi per il futuro. Siccome vogliamo che Visioni di gioco  non resti un mero tassello nel variegato panorama della letteratura sul calcio, abbiamo creato un organismo interdisciplinare, l’Academic Football Lab   (AFLab), il cui obiettivo è quello di (ri)aprire la discussione accademica sul football, riducendo il ritardo che il nostro paese sconta verso altre nazioni. Aperto alla comunità scientifica, AFLab ha messo in cantiere altre due pubblicazioni. Anche se il progetto editoriale è ancora in definizione (e non potrebbe essere altrimenti dato che ci auguriamo l’ingresso di altri studiosi), alcuni punti sono già chiari. Anzitutto pensiamo che la maggior parte delle prossime ricerche debba seguire il filo conduttore rappresentato dai due fondamentali attori dello spettacolo calcistico: atleti e tifosi. I materiali di ricerca saranno inoltre classificati in cinque ambiti tematici: VOCI/STORIE, che raccoglierà, oltre ai contributi di storia del calcio, i lavori sulle biografie, i racconti, gli aneddoti; ECONOMIE/MERCATI, dove confluirà ciò che riguarda il football come industria e finanza; MEDIA, che riguarderà i rapporti con i mezzi di informazione, con il cinema, la musica, la fotografia; NUMERI, dove si approfondiranno i legami tra calcio e statistica; ISTITUZIONI, dedicato alla governance  del calcio e ai suoi legami con la politica.

L’invito è dunque quello di partecipare facendosi avanti con idee e proposte.