La Targa Florio dall’età pioneristica all’età delle corse: il legame tra sport ed economia prima e dopo la Grande Guerra

Deborah Guazzoni

(Società Italiana Storia dello Sport)


ABSTRACT

Targa Florio was a meaningful international auto competition, disputed in Sicily since the 1906. This race represented a ground of dialogue and meeting between the Italian northern industry and the South with its prevailing agricultural culture as Sicily, who constituted for its beauty and its sourness the ideal test-bed for every car. This idyllic connection went to crack in the years before the I World War and began again when the end of the war revealed the brittleness of the Italian production, in the comparison with European manufacturers, marking the birth of a new season of the relationship between sport and the motor industry.

KEYWORDS : Florio, Sicily, motor industry, races, I World War


Sebbene non si possa considerare la più antica gara automobilistica italiana1, la Targa Florio costituisce una delle più celebri competizioni internazionali disputate nella penisola nel XX secolo. Attraverso il passaggio dall’età pioneristica, chiamata anche “epoca eroica”2, alla prima edizione postbellica della manifestazione, prima corsa automobilistica europea successiva al conflitto, permette di fare luce su alcuni cambiamenti nella relazione tra sport e industria in Italia nel passaggio nodale della Grande Guerra.

1.  L’impero dei Florio e la passione per l’automobile

La storia della Targa Florio è strettamente legata alla ricca e influente famiglia dei Florio, spina dorsale – per il ruolo economico e politico – della realtà siciliana ottocentesca 3 . In particolare, furono Vincenzo (1799-1868) e poi suo figlio Ignazio (1838-1891) a costruire le fortune familiari, grazie alla compagnia di navigazione “Società dei Battelli a Vapore Siciliani”, poi “Florio-Rubattino”, poi “Navigazione Generale Italiana”. Si trattava di una grande compagnia di trasporto marittimo comprensiva di cantiere navale, che dominava gli scambi nel Mediterraneo e che, già alla fine del XIX secolo, aveva esteso il proprio interesse ai traffici transoceanici 4 .

Accanto a questa attività principale, nell’ottica di quella “razionalità economica” che trovava «espressione nella diversificazione del rischio e delle occasioni di profitto» 5 , i Florio avevano investito in diverse attività produttive: dalle tonnare delle Egadi alla fiorente azienda vinicola produttrice di vino Marsala, dalla grande miniera di zolfo siciliana compresa tra le province di Caltanissetta, Enna ed Agrigento alla Fonderia Oretea di Palermo, dal giornale “L’Ora” al complesso alberghiero Villa Igea, dal Banco Florio all’industria farmaceutica, dall’industria di ceramica ai cotonifici, dalla fabbrica Chimica Arenella ai tabacchi 6 . Tale situazione era la testimonianza che anche in Sicilia, seppur con uno spessore limitato, si andava realizzandosi quel processo di concentrazione industriale e finanziaria che nello stesso periodo investiva il triangolo industriale italiano 7 . La principale caratteristica dell’impero familiare consisteva «nello stretto intreccio esistente fra attività industriali, agricole e bancarie» 8 , mentre il loro cognome «rappresentava la personificazione del capitale finanziario in Sicilia» 9 .

Si trattò di una situazione simile a quanto avvenne in altre regioni italiane a cavallo fra i due secoli, quando un robusto stuolo di imprenditori si affacciò sulla scena economica, in una sorta di capitalismo delle grandi famiglie 10 .

Il primato economico dei Florio si accompagnava al prestigioso ruolo politico che, a partire dall’Unità, i suoi esponenti ricoprirono in tutti i livelli: da quello locale, dove Ignazio fu presente nel Consiglio Comunale a Palermo dal 1861, a quello regionale, dove gli imprenditori rappresentavano l’ala marciante dello schieramento conservatore denominato “sicilianismo”, e nazionale – Vincenzo e Ignazio furono entrambi senatori del Regno d’Italia 11 .

Sotto la guida di Ignazio (1869-1957), erede del nonno Vincenzo, le fortune famigliari toccarono il proprio apice, complice la congiuntura economica positiva del primo decennio del Novecento. In questi anni la consistente richiesta internazionale di derrate agricole pregiate si unì al forte flusso migratorio (redditizio per le imprese armatoriali) e al crescente sistema creditizio locale e nazionale 12 . Tuttavia, a partire dal 1908, si manifestarono i primi segnali di crisi, che portarono all’avvio della parabola discendente della dinastia siciliana 13 .

Ciò malgrado non venne meno il ruolo di perno della vita culturale dell’isola rivestito dai Florio, risalente alla metà del XIX secolo, quando i membri della famiglia avevano rafforzato un modello sociale aristocratico, improntato su forme di vita e di divertimento d’ élite  e con strette relazioni sociali con tutta Europa 14 . In questo «clima decadente di bella epoque, caratterizzato dai convegni mondani» 15 , al cui centro era la moglie di Ignazio, Franca Iacona della Motta dei Baroni di San Giuliano 16 , si formò il cadetto della famiglia, Vincenzo (1883-1959). Quest’ultimo si appassionò giovanissimo all’automobile, al tempo simbolo della modernità 17 . Un nesso che Gustavo Verona riassunse su la «La Stampa Sportiva»:

Così l’automobile e l’automobilismo sono la febbre di Vincenzo Florio, per cui tutti i momenti egli è in giro pel mondo, portando il contributo della sua passione, della sua feconda iniziativa, al progresso di questo nuovo indice di civiltà 18 .

La sua carriera di pilota ebbe inizio nel 1902 con la “Targa Rignano”, sul percorso Bovolenta-Padova, dove superò piloti del calibro di Vincenzo Lancia 19  e Alessandro Cagno 20 . Grazie alla sua intercessione la famiglia iniziò a finanziare fra il 1904 e il 1908 diverse gare automobilistiche, che presero il nome di “Coppa Florio”, disputate dapprima a Brescia e poi a Bologna 21 . La competizione accompagnò fin dall’inizio il processo di sviluppo dell’industria automobilistica italiana che, a partire dai primi anni del nuovo secolo, iniziò a esibire i propri prodotti alle esposizioni internazionali 22 . Se «lo straordinario successo che accompagna l’automobile fin dai suoi primi anni di vita si deve infatti pressoché esclusivamente alle manifestazioni sportive» 23 , è innegabile che la “Targa Florio” abbia rappresentato uno strumento essenziale per promuovere la diffusione del nuovo mezzo di trasporto, anche al di fuori del triangolo industriale padano.

Nel frattempo, dopo aver raccolto il terzo posto nell’edizione del 1904 24 , Vincenzo maturò l’idea della realizzazione di un circuito siciliano, concretizzato per la prima volta nel 1906 nel contesto delle “Feste sportive di Palermo” 25 . La manifestazione assunse immediatamente la cadenza annuale, mentre Vincenzo favorì la partecipazione dei più importanti nomi dell’automobilismo dell’epoca, assicurando il trasporto gratuito di piloti, mezzi ed equipaggi. Il rampollo della famiglia sostenne la manifestazione anche nei momenti di difficoltà, come nel 1909, dopo il terremoto di Messina, nel 1910 quando, per sopperire alla mancanza di piloti iscritti alla gara, vi abbinò la corsa delle vetturette (riservata alle piccole cilindrate) 26 , e infine nel 1911, quando cercò di ravvivare la manifestazione attraverso la sua rete di conoscenze in Europa 27 .

2.  Il durissimo Giro di Sicilia del 1912 e del 1913 tra funzione turistica ed esigenze di mercato

Gli anni antecedenti la Prima guerra mondiale videro la “Targa” trasformarsi in una gara epica. All’originario tracciato accidentato nel cuore delle Madonie chiamato Grande Circuito (poco più di 148 km), Vincenzo sostituì, nel 1912, il Giro di Sicilia, un nuovo percorso molto più lungo (1050 km circa) da compiersi in un’unica tappa, con partenza e arrivo a Palermo 28 . Nel corso della gara le vetture avrebbero toccato i maggiori centri dell’isola: Messina, Catania, Siracusa, Ragusa, Agrigento, Marsala e Trapani.

A spingerlo in tal senso ci fu l’esigenza di promuovere il flusso dei viaggiatori verso l’isola, favorendo così la nascente industria turistica siciliana 29 : in anni di grande crescita del movimento dei forestieri Florio credeva che la Sicilia, con il suo clima favorevole, avesse tutte le potenzialità per gareggiare con la Costa Azzurra o la Liguria come meta turistica 30 , e la Targa rappresentava in quest’ottica la vetrina per i luoghi dell’isola incantevoli e poco conosciuti 31 . Nel periodo erano anche iniziati i primi viaggi in automobile in Italia, anche attraverso le suggestioni letterarie di Antonio Scarfoglio, Luigi Barzini, Carlo Placci, Cesare Sommaruga, Silvio Bonacossa e Leopoldo Barboni 32 .

Dietro l’elaborazione di un percorso più arduo vi era però anche l’idea che la gara dovesse dimostrarsi un vero e proprio test di prova per le automobili, una prova della superiorità tecnica dell’auto vincitrice:

Una marca che si è comportata onorevolmente sul Giro di Sicilia e sul Circuito delle Madonie non ha più nulla da temere, ha sostenuto la prova suprema, potrà primeggiare dovunque e ispirerà a qualsiasi clientela la massima fiducia 33 .

Tale orientamento si coniugava con le esigenze dell’imprenditoria del periodo: la nuova industria automobilistica italiana, vincolata dalla limitata domanda nazionale, rivolgeva la sua produzione in gran parte verso l’estero, che assorbiva nel periodo circa il 45% della produzione 34 . Non bisogna dimenticare che «nel 1912 in Italia il settore automobilistico era al quinto posto tra le industrie esportatrici, impiegava 30.000 operai e un capitale superiore ai 100 milioni» 35 . L’affermazione di tale comparto produttivo era fortemente condizionata dall’internazionalità del mercato automobilistico, che rendeva difficile per i produttori italiani l’inserimento e la conquista di possibili acquirenti, mentre la mancanza di protezioni statali sufficienti contro la massiccia importazione di prodotti stranieri, minava le opportunità sul mercato interno 36 . Difficoltà nel mercato estero e forte concorrenza all’interno furono così i caratteri che marcarono la debolezza del settore metalmeccanico nel periodo 37 , e non può sorprendere che, in queste condizioni, la vittoria in una competizione come la “Targa Florio” costituisse uno strumento pubblicitario indiretto molto potente 38 . Sin dalle sue origini la corsa era stata lo scenario del confronto tra produzione italiana e francese 39 , con una netta prevalenza nel periodo delle auto italiane, dimostrazione della qualità del prodotto nazionale.

Un’auto italiana, la Scat (Società Ceirano Automobili Torino), si aggiudicò la corsa nel 1912, guidata dall’inglese Cyril Snipe, residente in Italia già da anni e lavoratore come collaudatore proprio alla Ceirano 40 . In tale occasione il nuovo tracciato si rivelò massacrante, tanto da portare ad una prima modifica già nell’edizione successiva, concedendo ai piloti una sosta di cinque ore ad Agrigento. La gara restò tuttavia un’impresa ardua: al via partirono ben 32 concorrenti, ma già nel corso della prima tappa vi fu un alto numero di abbandoni 41 . Dopo un’accesa sfida tra Giovanni Marsaglia 42  e Felice Nazzaro 43 , l’edizione del 1913 si concluse con la vittoria di quest’ultimo sull’auto costruita dalla casa automobilistica da lui fondata a Torino nel 1911 44 .

Il risultato si collegava al moltiplicarsi di nuove società automobilistiche nel corso del primo decennio del Novecento, favorito anche dal successo delle industrie piemontesi e dai forti rialzi in borsa dei titoli legati al settore. Un fenomeno interrotto dalla crisi della borsa del 1907, che portò ad un lento processo di concentrazione finanziaria e industriale, che ridusse i costruttori da una sessantina ad una ventina 45 .

Non che le aziende rimaste potessero vantare principi di organizzazione aziendale e metodi moderni: la produzione si basava su agglomerati di piccole officine meccaniche, dove una forza lavoro altamente specializzata produceva in modo tipicamente artigianale modeste quantità di vetture, soprattutto da turismo e sportive 46 . In queste imprese pertanto prevaleva l’orientamento “tecnico” o “ingegneristico” su quello “industriale”, e di conseguenza la stessa automobile si poneva più come una sfida tecnico-progettuale, che un prodotto da mettere in commercio 47 .

A ostacolare in gran parte il take   off  della produzione era il mercato interno, troppo contenuto, un dato che aveva conseguenze di rilievo, che costituivano un intralcio gravoso per le gare automobilistiche. In Sicilia il ristretto numero di proprietari d’automobile rendeva faticoso reclutamento di un numero sufficiente di piloti per la “Targa”, mentre frenava le politiche di sviluppo delle comunicazioni terrestri.

La volontà di superare i limiti del contesto isolano, stimolando l’attenzione delle classi abbietti fu così alla base di una nuova iniziativa di Vincenzo, il primo Salon  di Palermo (1913).

3.  I Salon Automobilistici di Palermo del 1913 e del 1914, il diktat dell’Unione Italiana Fabbriche Automobili e la nascita dell’Automobil Club di Sicilia

Aperto il 23 marzo all’interno del Politeama Garibaldi, in anticipo su quello di Torino (26 aprile) 48 , il Salon  Automobilistico di Palermo si poneva come un grande evento internazionale, nato grazie al sostengo degli agenti di vendita delle industrie automobilistiche italiane e straniere (Isotta Fraschini, Minerva, De Dion, Renault, Lancia, Overland, Itala, Pirelli, Ford, De Vecchi, Fiat) 49 .

L’esposizione era organizzata secondo il modello creato dalla Great Exhibition of the Works of Industry of All Nations  di Londra del 1851, laddove queste rappresentavano «un evento metaeconomico finalizzato alla rappresentazione» 50 , nel quale prevaleva il carattere di esibizione merceologica con fini divulgativi e dimostrativi delle capacità economiche nazionali. Un modello peraltro già noto nel capoluogo siciliano, configurazione sia dell’Esposizione nazionale (1891) che delle esposizioni agrarie siciliane post-unitarie 51 , e particolarmente adatto per le mostre di automobili, rivelatasi un’attrazione di grande impatto per i visitatori. Tali prodotti, ambasciatori della modernità, creavano suggestioni potenti nell’immaginario collettivo, ma rimasero un bene che era appannaggio di pochi benestanti, in grado di permettersi i proibitivi costi d’acquisto e di mantenimento 52 . Una vettura di media cilindrata intorno al 1910 costava circa 17.000 lire, quando il salario medio annuo di un operaio si aggirava intorno alle 800-900 lire 53 .Tuttavia un sensibile cambiamento si registrò a partire dal 1912, quando la Fiat lanciò sul mercato la prima auto di piccola cilindrata al prezzo di 7.000 lire, la cosiddetta “Tipo Zero” 54 .

Non partecipò invece all’esibizione l’auto-novità di Florio, la “Beccaria-Florio”, realizzata nel 1912 con lo scopo di inserirsi nel mercato automobilistico, commissionata all’ing. Giuseppe Cravero e realizzata dai Fratelli Beccaria di Torino 55 . La vettura, esposta per la prima volta durante la “Targa” del 1912, si classificò come decima 56 .

Si può certamente speculare sulla volontà o meno di Vincenzo di impiantare una propria casa costruttrice in Sicilia, impresa nel caso destinata al fallimento a causa del ritardo della realtà industriale isolana, ma è più probabile Salon  avesse, come principale obiettivo, quello di incrementare il commercio automobilistico nell’isola e di conseguenza assicurare i traffici dall’Italia settentrionale verso la Sicilia.   Del resto, l’appuntamento fu un successo, tanto da incoraggiare l’anno successivo una nuova edizione, in cui si registrò anche l’aumento del numero degli espositori stranieri (Benz, Opel, Studebaker, Mercedes, Loreley, Michelin, Continental, De Dion Bouton e Clement Bayard) 57 .

Sebbene queste esposizioni avessero generato un certo interesse in Sicilia verso il nuovo mezzo di trasporto 58 , lo sforzo per la costruzione di relazioni più strette con il mondo industriale automobilistico non portò i risultati auspicati. Anzi, il bando di iscrizione del 1914 alla “Targa Florio” fu oscurato da un diktat emesso dall’Unione italiana fabbriche automobili (Uifa), un’associazione istituita nel 1910 con lo scopo di tutelare gli interessi imprenditoriali davanti al governo 59 . Tale lobby , di cui facevano parte Bianchi, Diatto, Fiat, Isotta Fraschini, Lancia, Scat e Spa si era fatta carico di esercitare pressione sul mondo politico, con lo scopo di abbattere la tassa di circolazione, considerato uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo del mercato interno 60 . Alla pressione fiscale, che colpiva l’auto sia al momento dell’acquisto, sia durante l’utilizzo – come tassa di circolazione e sul prezzo del carburante 61 , si univa la mancanza di adeguata protezione doganale, lamentata da gran parte degli industriali, che chiedevano un ruolo attivo dello Stato in ambito economico, opponendosi alla tradizione liberale 62 . Per questa ragione l’Unione italiana fabbriche automobili nel 1914 aderì alla campagna protezionista, sviluppatasi in vista del rinnovo dei trattati, apertura a possibili modifiche della tariffa doganale in vigore 63 . In una memoria inviata al governo il consorzio aveva sostenuto che la protezione fosse minore nel paese rispetto agli altri stati e che fosse applicata in modo illogico 64 . Cioè che la discriminante del peso – alla base delle poche classi di tariffa – poteva facilmente essere elusa togliendo qualche parte dell’automobile, «una pratica largamente seguita dalle case straniere» 65 .

Il protezionismo degli industriali dell’automobile trovava terreno fertile anche in Sicilia: tra questi Napoleone Colajanni, politico vicino al blocco economico e di potere dei Florio, convinto che attraverso il rafforzamento del mercato interno l’economia meridionale avrebbe potuto espandersi, costringendo i comparti più dinamici alla modernizzazione 66 . Proprio la prospettiva di una ristrutturazione radicale del sistema produttivo motoristico contrapponeva però negli anni del primo Novecento gli interessi degli industriali dell’automobile e quelli dello sport motoristico. Una presa di posizione che emerge chiaramente dalle decisioni dell’Uifa, come quella del dicembre 1913, che rischiò di compromettere la “Targa”:

Le Ditte aderenti all’Unione non debbono prender parte durante il 1914 né a corse né a esposizioni in Italia, né direttamente né indirettamente, né per mezzo di rappresentanti o dipendenti, né fornendo macchine a privati 67 .

Come aveva rilevato Mario Morasso, direttore di «Motori, Cicli & Sports» 68  – organo ufficiale dell’Automobil Club d’Italia – si trattava di una misura già presente in Francia, adottata da case automobilistiche come Panhard, Mors (poi acquisita dalla Citroën) e Renault, che avevano deciso di abbandonare le competizioni per concentrarsi sulla diversificazione dei modelli e sul miglioramento della produzione 69 .

La disposizione rappresentava un tentativo di frenare la concorrenza tra le case automobilistiche nazionali, in larga parte promossa anche dalle competizioni sportive, favorendo gli investimenti in vetture a costo ridotto da immettere sul mercato 70 . Allo stesso tempo questo avrebbe permesso di incentivare la partecipazione dei produttori unionisti alle esposizioni e alle competizioni internazionali, migliorando la visibilità delle produzioni italiane sui più redditizi mercati stranieri. Non è poi da escludere che alla base della decisione vi fossero le conseguenze economiche del lungo sciopero del 1913, che aveva mobilitato per novantaquattro giorni una massa di 6.500 lavoratori automobilistici 71 .

L’interdizione unionista fu tale da costringere addirittura il Salon  dell’Automobile di Torino, appuntamento ormai annuale dal 1900, alla sospensione dell’edizione del 1914 72 .

Il rischio di una massiccia partecipazione di auto straniere alle competizioni, i cui risultati avrebbero potuto essere nefasti sotto il punto di vista del mercato interno, spinse comunque l’Unione a effettuare alcune concessioni «per il Circuito di Sicilia, per il Circuito Toscano e per la Corsa Parma-Poggio di Berceto» 73 . Il timore era, del resto, ben riposto: le potenzialità commerciali della Sicilia erano note anche all’estero, tanto che la testata «Le Journal Amusant» affermava:

cette importante participation est justifiée par le fait que la Sicile offre à l’automobile un marché largement ouvert, en raison des imperfections que présente le réseau ferré. C’est ainsi que, pour se rendre de Palerme à Girgenti, il faut quatorze heures par le train, tandis qu’en six heures une automobile quelconque peut couvrir la distance 74 .

Sebbene fossero iscritte alla “Targa Florio” anche auto straniere, i piloti presenti alla gara, in gran parte esperti di corse, erano quasi totalmente italiani, con le sole eccezioni di Snipe, già menzionato, e comunque residente in Italia, e del francese De Manaud 75 .

L’edizione del 1914 vide l’ascesa di una nuova forza motrice, quella dell’Automobil Club di Sicilia con sede a Palermo, fondato il 20 dicembre 1913 76 . Il nuovo organo, regionale ma con legami internazionali 77 , soppiantò sia il precedente comitato cittadino “Parnomitan”, fin dal 1906 organizzatore dell’appuntamento automobilistico 78 , che lo Sport Club, che aveva invece gestito la prima esposizione palermitana 79 .

Oltre al presidente Vincenzo Florio facevano parte dell’Associazione personaggi per la maggior parte della nobiltà siciliana 80 , testimonianza del perdurare di una dirigenza ancora legata alle élites  aristocratiche in un territorio prevalentemente rurale. Una simile composizione si differenziava nettamente dal consiglio dell’Automobil Club milanese, dove la maggioranza era costituita da amministratori provenienti dall’alta borghesia dell’industria e delle professioni 81 . Questo elemento conferma quanto evidenziato da Giuseppe Barone: il ceto nobiliare in Sicilia mantenne un ruolo centrale fino alla Prima guerra mondiale, grazie a nuove forme di imprenditorialità agricola diffusesi nell’isola grazie alla positiva congiuntura economica dell’età giolittiana, condizione che esaltò il protagonismo finanziario e politico di numerosi esponenti della proprietà terriera 82 .

Fin dalla sua costituzione, il nuovo ente diede particolare rilievo alle proprie finalità turistiche attraverso la creazione di un’apposita commissione, i cui obiettivi erano la produzione di cartografia, manualistica, la realizzazione di indicazioni stradali nel territorio siciliano e l’intermediazione con gli enti pubblici per il miglioramento della rete stradale dell’isola 83 .

Gli obiettivi della commissione illustrano bene quali fossero le problematiche che affliggevano la “Targa Florio”, corsa che batteva strade malridotte e senza adeguate segnalazioni.

3.  La fine dell’«epoca trionfale» e la sospensione bellica

La Targa del 1914 si contraddistinse per la presenza di due competizioni, una prima sul Giro di Sicilia e una seconda sul Circuito delle Madonie, entrambi affrontate da molti dei piloti. La prima rappresentò per molti di loro una prova durissima, con sole 8 auto su 31 84  che completarono il percorso, e al cui interno fu segnato sia il record di velocità (62 km/h) 85  che di incidenti. Ad esempio, alla seconda tappa, quando la Fiat del messinese Costantino Trombetta, settimo al traguardo, si scontrò con la Martini dell’acese Salvatore Musmeci, che finì fuoristrada e decise, ferito, di ritirarsi 86 . Il 4 marzo 1915 questa vicenda finì addirittura davanti al pretore di Castelbuono, che condannò il Trombetta. Quest’ultimo il giorno dopo si appellò all’Automobil Club siciliano e chiese, secondo il regolamento di gara, l’intervento della Commissione sportiva 87 , che non poté far altro che squalificare il Musmeci per il 1915 88 .

L’episodio, contaminato da una forte tensione campanilistica evidenziò i limiti della giustizia sportiva, facilmente scavalcata da quella ordinaria 89 , e del resto il riconoscimento di una distinta giurisdizione sportiva era ancora controversa. La debolezza del sistema si era palesata anche a livello internazionale, come dimostra il caso di Dorando Pietri all’Olimpiade di Londra del 1908, dove la squalifica del maratoneta (verdetto sportivo), fu di fatto invalidata dalla decisione della regina d’Inghilterra Alessandra di premiare l’atleta italiano 90 .

Tornando alla Targa Florio del 1914, un altro tragico incidente si verificò presso Ficarazzi, vicino a Palermo, dove, durante la prima tappa, De Manaud su Caesar investì un bambino di otto anni, Giuseppe Cordova, uccidendolo. «La Stampa» di Torino evidenziò nel suo resoconto come «un maresciallo dei carabinieri, che trovavasi presente all’investimento, intimò al conduttore della vettura di fermarsi, ma l’automobilista continuò la corsa» 91 . Una vicenda che permette di illustrare come al tempo la figura del pilota fosse da molti considerato un «eroe moderno» 92 , un demiurgo, una persona al di sopra delle regole che viveva tra vita e morte per raggiungere il proprio obiettivo, la vittoria 93 .

La Targa 1914 fu vinta da Giovanni, detto Ernesto, Ceirano (1889-1956) 94  su Scat 95 . Il pilota, figlio dell’industriale Giovanni (1865-1948) 96 , non seppe tuttavia ripetere il risultato qualche giorno dopo, il 31 maggio, alla seconda competizione disputata sul Circuito delle Madonie. Il pilota torinese perse con uno scarto molto ristretto, dovuto a una foratura al termine del primo giro, che gli fece perdere minuti preziosi per il cambio gomme. La vittoria andò così a Felice Nazzaro, con una vettura costruita dallo stesso Ceirano 97 .

Gli industriali della Uifa tornarono nuovamente a chiedere l’incremento della protezione tariffaria nei mesi successivi alla Targa, approfittando dell’opportunità rappresentata dal rinnovo dei trattati di commercio che dovevano essere conclusi entro il 31 dicembre 1914 98 . Una misura necessaria secondo i produttori, anche per via della nuova concorrenza americana, dovuta alla nuova commercializzazione dei prodotti Ford sul vecchio continente 99 .

Allo scoppio della guerra, nel luglio del 1914, gli industriali italiani dell’automobile erano, in linea di massima, convinti di trovarsi di fronte ad un conflitto breve. La rivista dell’Automobil Club, «Motori, Aero, Cicli & Sports» ad esempio, non mostrava particolari preoccupazioni, se non il rischio dell’interruzione dei rifornimenti di materia prima 100 . Del resto, anche l’industria automobilistica fu chiamata a contribuire alla produzione bellica, in particolare attraverso il rifornimento di camion – come già avvenuto in occasione della guerra di Libia 101  –   accantonando la produzione sportiva.

I risultati dell’inchiesta del governo sulle condizioni dello spirito pubblico dell’Aprile 1915, confermò come la possibilità di un ingresso in guerra non fosse compresa dai siciliani, a prescindere dalla classe di appartenenza. Masse operaie, contadine e persino industriali e commercianti mostravano preoccupazione per le nefaste conseguenze economiche che sarebbero seguite allo sforzo bellico, mentre il fronte interventista, sostenuto da pochi (ma influenti) esponenti della classe dirigente liberale siciliana e meridionale, si trincerava dietro la convinzione che il conflitto sarebbe stato breve 102 .

Proprio sulla base di questa convinzione, nel gennaio 1915, Vincenzo Florio cercò di impedire l’interruzione della Targa avviando un sondaggio presso le case produttrici:

Ho ferma intenzione di far correre quest’anno, nel prossimo maggio, la Targa Florio, qualunque siano le condizioni politiche dell’Italia, ed ho fede che, grazie ad una accurata preparazione e ad un’attiva propaganda, riuscirò nell’intento 103 .

L’appello di Florio non rimase inascoltato, come dimostra il fatto che la Targa avrebbe dovuto tenersi fra il 30 e il 31 maggio grazie all’appoggio dei costruttori e degli agenti di automobili 104 , l’entrata in guerra dell’Italia il 24 maggio 1915 comportò l’annullamento della competizione.

Vincenzo tuttavia non si arrese e nel 1916 propose una nuova edizione della Targa, motivata da una parte come occasione per le case costruttrici italiane di dimostrare le qualità dei loro prodotti e dall’altra come spettacolo di forza e sacrificio, fonte di ispirazione nel cimento bellico 105 . La proposta fu però rigettata, e la competizione rimase sospesa sino al termine della guerra.

Gli anni del conflitto accelerarono la crisi dell’impero economico dei Florio, gravemente danneggiato dal blocco della navigazione sul Mediterraneo e dagli alti rischi di quella oceanica, mentre l’azienda di ceramica sospese la propria attività a causa della mancanza di carbone 106 . Una situazione che costrinse i Florio a vendere una delle loro magioni più suntuose, la villa dell’Olivuzza a Palermo 107 .

Vincenzo partecipò attivamente al conflitto, arruolandosi tra le fila dei “Volontari Automobilisti” 108 , un corpo non incorporato alle forze armate, perciò malvisto dai comandi militari e sciolto nel novembre 1915 109 . Visto che le capacità di guida degli automobilisti erano però necessarie, già dopo pochi mesi i membri dei “Volontari” furono richiamati, e integrati nell’esercito regolare 110 . Durante quel periodo, Vicenzo progettò anche un autocarro per le truppe, sperimentato dall’Esercito e commissionato alla Itala, che ne costruì uno stock 111 . L’ascesa del ruolo delle auto e degli automobilisti, come mezzo di trasporto per le truppe ma anche come rapido strumento di movimento al fronte o come supporto alle artiglierie 112 , impose infatti ai produttori una maggior aderenza alle esigenze belliche, con il passaggio dalla produzione di auto da turismo a quella dei mezzi corazzati o adattati alle esigenze belliche.

4.  La nuova realtà postbellica e il Giro Aviatorio di Sicilia

La guerra lasciò ferite profonde nel contesto siciliano. Palermo, per anni punto d’incontro e di convergenza di vari interessi internazionali, aveva perso durante il conflitto il suo ruolo predominante nel Mediterraneo, con il ridimensionarsi delle principali vie commerciali, mentre le famiglie più importanti della città si erano indebolite, modificando i rapporti di forza 113 . Gli stessi risultati elettorali del 1919 dimostravano la fine temporanea dell’egemonia della città sulla sua provincia e sulla stessa isola 114 .

Il clima cosmopolita, all’indomani della guerra, lasciò il passo al regionalismo, che influenzò nel profondo tutti i gruppi politici, accentuato anche dalle preoccupazioni e dai timori di molti davanti all’evidente calo del peso esercitato dagli interessi agricoli sugli equilibri nazionali 115 . Una posizione che si può sintetizzare nella rivendicazione dell’indipendenza economica per la Sicilia e nella protesta contro la politica giolittiana, considerata a favore dell’Italia settentrionale industriale 116 .

Mentre l’isola si riduceva a posizioni regionaliste, si accentuava la crisi economica dei Florio 117 , ormai indebitati fino a cifre insostenibili 118 . In molte delle sue attività iniziarono a così ad inserirsi capitali esterni (compagnia di navigazione, industria conserviera del tonno) 119 , mentre l’azienda di ceramica fu addirittura ceduta alla Richard Ginori 120 . Una crisi a cui non fu possibile porre rimedio, e che avrebbe portato al completo tracollo fra gli anni ‘20 e ‘30 121 .

Malgrado la magra situazione economica, la vitalità della Targa Florio non venne meno neppure dopo la guerra, grazie all’infaticabile sforzo di Vincenzo, che caldeggiò anche un giro di Sicilia per idrovolanti nel settembre 1919 122 . Una proposta in linea con la visione dominante negli anni successivi al conflitto, che vedeva nell’aviazione il prodotto più evoluto della modernità 123 . Nel corso della prima guerra mondiale le commesse militari, favorite anche dalla creazione del battaglione aviatori, sostennero la produzione aeronautica 124  e l’aereo fu protagonista di quella “guerra dei cieli” che infiammò l’immaginazione della popolazione civile 125 .

Negli anni precedenti al conflitto l’aviazione si era tuttavia sviluppata come attività ludica, tanto era sorto a Torino – con dichiarate finalità sportive – l’Aero Club 126 , di cui era stato fondatore uno dei membri italiani del Comitato olimpico internazionale, il piemontese Carlo Montù 127 . L’associazione si era distinta per l’organizzazione della sottoscrizione nazionale per la costituzione di una flotta aeronautica militare italiana a partire dal 1912, al motto di «Diamo ali all’Italia» 128 . Allo stesso tempo anche l’Automobil Club aveva iniziato a interessarsi alla questione aeronautica, come evidenziava il cambio nel titolo della rivista ufficiale dell’associazione 129 . Florio, in qualità di presidente dell’Automobil Club di Sicilia, puntava con la gara del 1919 a mantenere l’attenzione su questo nuovo mezzo di trasporto e di diporto anche in epoca di pace e a celebrare gli eroi della guerra 130 .

In realtà Vincenzo aveva manifestato la propria passione aviatoria già in precedenza, organizzando competizioni nel maggio del 1910, e fra l’aprile e il marzo del 1911. Si trattava però di gare il cui principale carattere era stato la spettacolarità, volta soprattutto a dimostrare le potenzialità dei nuovi mezzi di trasporto 131 .

Il Giro Aviatorio di Sicilia del 1919, sul percorso Palermo, Milazzo, Catania, Siracusa, Capo Passero, Marsala, Trapani, Palermo 132 , fu disputato quasi in contemporanea con la giornata aviatoria, in memoria di Tullo Morgagni 133  a Torino 134 , organizzata dalla Società aviazione Torino, nata nel 1909, e dall’Aero Club d’Italia, fondato nel 1911. La concomitanza dei due eventi lascia così trasparire un’evidente rivalità tra Aero Club, «l’unico riconosciuto dalla Federazione Internazionale Aeronautica (Fai)» 135  e Automobil Club.

Il circuito aereo siciliano si caratterizzò per la presenza di aviatori reduci dalla Prima guerra mondiale, mentre le case produttrici aeronautiche offrirono una gran quantità di premi 136 .

Giunse primo al traguardo il tenente Federico Berardi su M9; secondo si qualificò il sottocapo Carlo Cattaneo su M5 137 . Si trattò in pratica della celebrazione degli eroi del recente conflitto e rappresentò, per molti siciliani, l’occasione di assistere a una gara sportiva inedita sull’isola 138 .

L’evento si collegava anche al tentativo imprenditoriale dei Florio nel campo aeronautico: nel 1916 in associazione con Vittorio Ducrot, fu fondata la «Vittoria Aeronautica Ducrot» con sede a Mondello per la costruzione di idrovolanti per la Marina. Nel 1918 la casa di produzione tentò anche la costruzione di un aereo da caccia, la cui sperimentazione fu interrotta con il finire della guerra 139 .

5.  La competizione industriale tra nazioni alla Targa Florio del 1919

La nuova edizione della Targa Florio fu fissata in un primo momento per il 26 ottobre 1919 140 . Si trattava di un periodo dell’anno inusuale per la competizione, frutto della decisione di distanziarsi temporalmente dal Salon  di Parigi, consentendo al maggior numero di case produttrici possibile di essere presenti in gara. 141  Una necessità che dimostra, ancora una volta, il carattere artigianale del sistema di produzione italiano, che non poteva garantire prototipi sufficienti per partecipare ad entrambi gli avvenimenti.

La grande domanda di concorrenti stranieri e il prolungarsi delle operazioni di trasporto spinsero l’Acs a spostare ulteriormente la gara al 16 novembre, data delle elezioni politiche, per la prima volta con il sistema proporzionale 142 . La data fu così nuovamente spostata, fissando la competizione in via definitiva per il successivo 23 novembre 143 .

Il clima generale, in cui venne disputata la prima Targa postbellica, era profondamente mutato. Nel corso del 1919 il comparto automobilistico si era trovato a dover conciliare la riconversione industriale post-bellica con la crisi del settore, acuita da una catena di scioperi della manodopera 144 , che portarono alla concessione delle alle otto ore lavorative 145 .

Nonostante queste difficoltà, le case italiane videro nella manifestazione un’opportunità di rilancio della produzione da turismo e pertanto la stessa Uifa revocò l’ordine di astensione dalle competizioni sancito prima della guerra 146 . L’evento del resto aveva mantenuto una caratura internazionale, con l’iscrizione di molti iscritti stranieri: per la prima molta anche delle auto Peugeot, sin dall’inizio presentate dalla stampa come temibili avversarie 147 .

La volontà di valorizzazione la produzione e i piloti italiani non era esterna alla competizione, che si accordava con l’evidente nazionalismo del periodo: la competizione sportiva veniva così presentata come un confronto più generale sul piano internazionale 148 . Un risvolto figlio del desiderio di riscatto nazionale, contro la “vittoria mutilata” e il trattamento che le potenze vincitrici avevano riservato all’Italia al termine del conflitto.

La Targa, sin dal suo annuncio, era stata promossa come la corsa automobilistica europea del 1919, una sorta di momento di cesura tra mondo in guerra e la nuova situazione di pace 149 . Un’eventuale vittoria italiana alla competizione poteva dunque tramutarsi nel punto di partenza del rilancio della produzione nazionale 150 .

L’edizione del 1919 segnò comunque un momento di cesura, ultima edizione nel quale furono realizzati gli allestimenti temporanei del villaggio sportivo automobilistico chiamato “Floriopoli”, nelle vicinanze di Cerda 151 . Dal 1920 iniziò infatti la costruzione in muratura delle strutture e delle tribune, definitiva istituzionalizzazione dell’evento sportivo in terra siciliana 152 .

Lo sforzo organizzativo di Vincenzo Florio fu enorme e venne ricompensato dall’opportunità di accogliere in quella edizione i maggiori nomi dell’automobilismo negli anni a venire, come Enzo Ferrari 153  al volante di una Cmn (Costruzioni Meccaniche Nazionali), Giuseppe Campari 154  su Alfa, Giulio Masetti 155  e Antonio Ascari 156 , questi ultimi entrambi su Fiat.

Il percorso era di nuovo quello delle Madonie, ma escludeva parte del vecchio tracciato: il nuovo tragitto fu denominato «Piccolo Circuito» o «circuito di Polizzi», in quanto ridotto a soli 108 chilometri contro i 148 del precedente 157 , attraverso Cerda, Caltavuturo, Polizzi, Collesano, Campofelice di Roccella 158 . La gara già dall’esito imprevedibile, fu ulteriormente complicata dal cattivo tempo, che rese il fondo stradale insidioso a causa della gran presenza di fango 159 , e la vittoria finale fu della Peugeot, già protagonista in positivo durante la stagione nel circuito di Indianapolis 160 . A vincere fu il pilota André Boillot 161 , fratello di Georges Boillot, icona sportiva del pionierismo aviatorio 162 , e già partecipante all’edizione del 1910 della Targa dove aveva vinto la categoria vetturette con una Peugeot 163 . Georges, uno dei migliori piloti francesi negli anni prima del conflitto mondiale, aveva anche vinto due Gran Prix di Francia, a Dieppe (1912) e Amiens (1913) 164 . Arruolatosi in aviazione Georges si distinse nella epica battaglia dei cieli che caratterizzò il conflitto, per poi essere abbattuto e morire 165 : un’eredità che portò ulteriore fama al fratello André 166 , esempio di quei sopravvissuti che avevano dovuto fare i conti con la scomparsa della “migliore gioventù” 167 .

La gara fu caratterizzata dal duello francese tra Boillot e Thomas, costretto al ritiro all’ultimo per la rottura di un semiasse 168 . Ma ancora più spettacolare fu il finale: Boillot a pochi metri dall’arrivo incappò in un testacoda, e la sua macchina si rivoltò e si spense. I commissari consentirono allora al pilota di aggiudicarsi la vittoria a spinta, pretendendo però che la macchina fosse rimessa nella giusta direzione di marcia.

La stampa italiana fu piuttosto amareggiata per l’esito della competizione: se gli annunci della gara riempivano le pagine, al risultato fu concesso uno spazio più ridotto 169 , ponendo invece l’accento sulla vittoria italiana delle altre classi di gara, in particolare quella di Moriondo su Itala nella 5° categoria, riservata alle auto con alesaggio fino a 110 mm 170 .

Viceversa, quella transalpina rimarcò l’impresa di Boillot che, distrutto dalla fatica, trovava ancora la forza di affermare «C’est pour la France!» 171 . Dimostrazione, secondo i giornali francesi della loro superiorità industriale 172 .

Riassumendo si può evidenziare come il periodo successivo alla Prima guerra mondiale non rappresentò la fine della competizione internazionale: la rivalità bellica si spostò sul campo economico e sportivo.

La stampa italiana non diede parere univoco sulle ragioni della sconfitta. Il «Corriere della Sera» ricordò, ad esempio, come Boillot fosse arrivato in Sicilia una decina di giorni prima, evidenziando le colpe dei piloti, rei di non essersi adeguatamente preparati all’appuntamento 173 , mentre la stampa specializzata, come «Motori, Aero, Cicli & Sport» o «La Stampa Sportiva» ammisero la superiorità delle Peugeot in gara 174 .

La vittoria francese segnò infatti una cesura essenziale della storia della Targa e dell’industria automobilistica italiana, poiché dalla sconfitta emerse la necessità di portare la produzione italiana su un nuovo livello tecnico, già raggiunto in Francia. La vera e propria svolta tecnologica si ebbe tuttavia solo nel 1922, quando gli sforzi di ammodernamento introdotti alla ripresa della produzione diedero i loro frutti 175 .

6.  Un cambiamento nel rapporto donne/motori

Durante gli anni che seguirono la Prima guerra mondiale si verificò un profondo cambiamento della figura femminile in Italia, a cui non fu estranea neppure la Targa.

La prima partecipazione di una donna risaliva già al 1906, data della prima edizione, quando una donna francese – Madame Le Blon – aveva gareggiato su una Hotchkiss, seppur in veste di accompagnatrice del marito 176 . L’evento certamente incuriosì gli spettatori, specialmente le donne siciliane, in genere presenti in gran numero alla manifestazione 177 .  La partecipazione delle donne fra il pubblico aveva, ad ogni modo, principalmente finalità sociali: la competizione rappresentava per l’aristocrazia e l’alta borghesia siciliana il corrispettivo delle corse di Ascot nel Regno Unito, un evento mondano per le classi benestanti dell’isola.

Casi di pionierismo automobilistico femminile erano già stati presenti nel XIX secolo nell’Italia settentrionale, come la prima donna italiana pilota, Elsa Albrizzi di Padova, che nel 1899 divenne presidente del Club Automobilisti Veneti e partecipò alla Verona-Padova 178  o come la prima italiana patentata nel 1907, la torinese Ernestina Macchia Prola 179 .

In Sicilia invece il cambiamento fu più lento, e si affermò solo in prossimità della Grande Guerra. Nel 1913 ottenne la patente la prima siciliana, Francesca Mancusio 180 , residente a Caronia (Messina), una delle località attraversate dal Giro, mentre nel 1920 partecipò alla Targa la prima italiana, la baronessa Maria Antonietta d’Avanzo 181 . Il percorso di emancipazione femminile, che aveva già trovato nello sport un alleato importante per lo sviluppo della consapevolezza di sé nella donna a partire dall’Ottocento, si fece strada anche attraverso l’automobilismo e con esso il mercato interno si aprì, seppur con estrema lentezza, al mondo femminile.


1  La prima gara italiana risulta essere la Torino-Asti-Torino disputata nel 1895. Cfr. E. A. Carli, Settant’anni   di gare automobilistiche in Italia , Roma, Editrice dell’Automobile, 1967, p. 15.

2  Cfr. V. Prestigiacomo, L’epoca pioneristica della Targa Florio , Palermo, AAPIT, 2004, p. 31.

3  Sul rapporto fra la Sicilia tra la fine dell’Ottocento e la Prima guerra mondiale, con riferimento in particolare alla famiglia Florio cfr. M. Siragusa, La questione meridionale: le origini strutturali del divario economico tra nord e sud Italia e il dibattito storiografico sul tema , in «Studi Storici Siciliani» n. 4 (2016), pp. 141-147; M.I. Finley, D. Mack Smith, C.J.H. Duggan, Breve storia della Sicilia , Roma-Bari, Laterza 1987; M. Siragusa, Napoleone   Colajanni, i Florio e i Notabili della “profonda Sicilia” 1897-1913 , Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 2007 e M. Ganci, La Sicilia contemporanea , Siracusa, Ediprint, 1986.

4  Sulle vicende familiari e economiche dei Florio cfr. almeno M. Taccari, I Florio , Palermo, Salvatore Sciascia Editore, 1967; R. Lentini, Vicende economiche e finanziarie di Casa Florio (1848-1902), in «Nuovi quaderni del Meridione», 73 (1981),   pp. 34-72; R. Giuffrida, R. Lentini, L’età dei Florio , Palermo, Sellerio, 1985; S. Candela, I Florio , Palermo, Sellerio, 1986; Ganci, op. cit., pp. 50-54; L’economia dei Florio. Una famiglia di imprenditori borghesi dell’800 , Palermo, Sellerio, 1990; O. Cancila, Storia dell’industria in Sicilia , Roma-Bari, Laterza, 1995; S. Requirez, Casa Florio , Palermo, Flaccovio, 1998; S. Correnti, Storia della Sicilia. Re e imperatori, grandi condottieri e nobili famiglie, antichi mestieri e avvenimenti memorabili, guerre, arte, folclore e tradizioni di una delle regioni più belle d’Italia , Roma, Newton Compton, 1999, pp. 657-660; G. Astuto, La Sicilia e il crispismo. Istituzioni statali e poteri locali, Milano, A. Giuffrè, 2003; R. Lentini ,   Mercanti, imprenditori e artisti a Palermo nella seconda metà dell’Ottocento, in Francesco Lojacono 1838-1915, Milano, Silvana, 2005, pp. 121-129; S. Requirez, Storia dei Florio , Palermo, Flaccovio, 2007;   O. Cancila,  I Florio. Storia di una dinastia imprenditoriale , Milano, Bompiani, 2008 e M.A. Crociata, Sicilia nella Storia. La Sicilia e i Siciliani dalla dominazione saracena alla fine della lotta separatista (827-1950), vol. II, Palermo, Flaccovio, 2011, pp. 227-235.

5  E. Iachello, A. Signorelli, Borghesie urbane dell’Ottocento , in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi , vol. V, La Sicilia  a cura di M. Aymard, G. Giarizzo, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1987, p. 97.

6  Sulle aziende dei Florio si veda S.E. Romano, Storia della Sicilia post-unificazione , vol. II, Palermo, Industria Grafica Nazionale, 1958; R. Lentini, La fonderia Oretea di Ignazio e Vincenzo Florio , in «Nuovi Quaderni del Meridione», 60 (1977), pp. 23-44; S. Candela, I Florio , cit.; Siragusa, Napoleone Colajanni , cit., p. 21; O. Cancila , I Florio , cit.; P. Piccione, Le navi dei Florio. Storia delle attività armatoriali 1840-1931, Palermo, Nuova IPSA, 2018.

7  G. Astuto, Crispi e la Sinistra storica. Rivendicazioni regionali e riforme istituzionali , in La classe dirigente siciliana e lo Stato unitario. I progetti politico-istituzionali , a cura di E.G. Faraci, Palermo, Dipartimento di Scienze Politiche e delle relazioni internazionali (DEMS), 2017, p. 172.

8  G. Barone, Egemonie urbane e potere locale (1882-1913) , in Storia d’Italia,  cit., p. 231.

9  Ivi ,  p. 300.

10  Cfr. V. Castronovo, Storia economica d’Italia. Dall’Ottocento ai giorni nostri, Torino, Einaudi, 1995, pp. 110-148.

11  Sul locale cfr. Iachello, op. cit., p. 97 e Siragusa, Napoleone Colajanni , cit. Per quanto riguarda il livello regionale cfr. Barone,   op. cit., p. 300; S. Lupo, Spazio regionale e spazi municipali nel lungo Ottocento tra storia e storiografia , in Elites e potere in Sicilia dal medioevo ad oggi , a cura di F. Benigno, C. Torrisi Catanzaro, Meridiana, 1995, pp. 144-148 e R. Lentini, Vincenzo Raja. Tra passione politica e impegno scientifico (Mazara del Vallo 1881-Palermo 1949) , Mazara del Vallo, Istituto Euro Arabo di Studi Superiori, 2014, pp. 33-34. Sul fenomeno del sicilianismo, si veda anche F. Renda, Socialisti e cattolici in Sicilia 1909-1904, Caltanissetta, Salvatore Sciascia Editore, 1972; G. Barone, Struttura, congiuntura e lotta politica nell’età giolittiana , in Potere e società in Sicilia nella crisi dello Stato liberale. Per un’analisi del blocco agrario , Catania, Pellicanolibri, 1977, pp. 65-66; F. Renda, Storia della Sicilia dal 1860 al 1970 , vol. II, Palermo, Sellerio, 1990, p. 257, S. Lupo, La «Questione siciliana» a una svolta: il sicilianismo tra dopoguerra e fascismo , in ivi, pp. 151-213; G. Schininà, Le città meridionali in età giolittiana. Istituzioni statali e governo locale, Acireale-Roma, Bonanno, 2002, pp. 125-145; Astuto, La Sicilia e il crispismo , cit., p. 323; Siragusa, Napoleone Colajanni, cit.;  G. Barone, Sicilianismo, meridionalismo, revisionismo. Note sulla «modernizzazione difficile» della storia contemporanea in Sicilia, in F. Sciacca, Studi in memoria di Enzo Sciacca, vol. II , Milano, Giuffrè, 2008, pp. 415-428. Riguardo il livello nazionale, e in particolare sulla nomina a senatore di Vincenzo e Ignazio cfr. Atti Parlamentari (AP), Senato, Documenti, Lgsl. VIII, a. 1863-1864, pp. 1325, 1501 e 1503, e ivi, Lgsl. XV, a. 1882, pp. 1395, 1408 e 1418. Per un’analisi del rapporto tra Florio e politica nazionale cfr. R. Lentini, Florio Vincenzo, Florio Ignazio , in Dizionario del Liberalismo italiano , Soveria Mannelli, Rubettino, 2015, pp.492-496, Astuto, La Sicilia e il crispismo , cit., pp. 93-94 e 100 e Renda, Storia della Sicilia, cit., pp. 248-253.

12  Cfr. Barone, Egemonie urbane , cit., pp. 232-233. Sull’influenza del flusso migratorio sulla bilancia dei pagamenti e sulla crescita e il ruolo del sistema bancario cfr. V. Zamagni, Dalla periferia al centro. La seconda rinascita economica dell’Italia 1861-1990 , Bologna, Il Mulino, 1990, pp. 146-204.

13  Sulla vicenda cfr G. Barone, Tramonto di una dinastia. I Florio (1908-1937) , in  L’economia dei Florio, cit., pp. 165-186; Renda, Storia della Sicilia, cit., p. 285; G. Barone, Il tramonto dei Florio , in «Meridiana», 11 - 12, 1991, pp. 15-46; Castronovo, op. cit., pp. 147-148 e O. Cancila, Giolitti, la Banca d’Italia, la Navigazione Generale Italiana e il salvataggio di Casa Florio (1908-1909) , in «Mediterranea», 10, 2007, pp. 299-330.

14  Cfr. Giuffrida, op. cit., pp. 91-97; E. Iachello, I Florio tra mito e storia , in L’economia dei Florio , cit,, p. 32-33; Requirez, Storia dei Florio , cit., pp. 181-202; S. Correnti, Storia della Sicilia , cit., pp. 586-589; C. Mancuso, La   Sicilia, lo sport e la Grande Guerra : riflessioni e percorsi di ricerca, in Sport e grande guerra : il contributo del sud,  in Atti   del seminario internazionale, Caserta, 5-6 ottobre 2017 , a cura di A. Teja, D. Tamblé, L. De Luca, Firenze, Logisma, 2018, pp. 59-76; ; R. Lentini, I Florio ultimo atto , in Il ruggito della velocità. Miti e modernità della Targa Florio motociclistica , Palermo, Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana, Dipartimento dei beni culturali e dell’identità siciliana, 2017, pp. 18-27; V. Prestigiacomo, I Florio, regnanti senza corona , Palermo, Nuova Ipsa, 2017, pp. 63-110;

15  G. Barone, Egemonie urbane , cit., p. 332.

16  Sul personaggio di Franca Florio si veda A. Pomar, Donna Franca Florio , Firenze, Vallecchi, 1985 e V. Lojacono, Carmen Zanda, Franca Florio e Vincenzo Florio. Due miti di Sicilia , Palermo, Sprint, 2016.

17  G. Canestrini, Vincenzo Florio cavaliere dell’ideale , in «Lancia», 11 (1963), pp. 20-24; Prestigiacomo, I Florio, cit., pp. 11-117; S. Moscatelli, Il veicolo della modernità. L’automobile , in La capitale dell’automobile. Imprenditori, cultura e società a Torino , a cura di P. Rugafiori, Venezia, Marsilio, 1999, pp. 65-138 e Requirez, Storia dei Florio, cit., pp. 204-226.

18  G. Verona, Ritornando dalla Sicilia , in «La Stampa Sportiva», 20 maggio 1906, p. 6.

19  Vincenzo Lancia (1881–1937) piemontese fu meccanico, corridore, progettista, costruttore e imprenditore. Iniziò giovanissimo a far pratica presso l’officina di Giovanni Battista Ceirano e quando questa fu rilevata dalla Fiat (1899) passò alla nuova società dove si distinse come collaudatore. La sua attività agonistica fra il 1900 al 1910 fu segnata da innumerevoli successi in Italia, Europa e America. Nel 1906 fondò la sua casa automobilistica. Cfr Giancarlo Amari, Blenda Urani, Protagonisti della storia dell’automobile , Torino, SAN, 1968, pp. 38-39; F. Amatori, Lancia Vincenzo , in Dizionario Biografico degli Italiani Treccani , Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2004, vol. 63, pp. 344-350 e L. Morello, Lancia. Storie di innovazione tecnologica nelle automobili , Torino, Fiat Group Marketing & Corporate Communication S.p.A., 2014.

20  Alessandro Cagno (1883-1971) torinese, cresciuto alla scuola di Luigi Storero, iniziò a correre giovanissimo per la Fiat, ottenendo fra il 1903 e il 1907 i suoi migliori risultati fra Italia e Europa. Nel 1909 si accostò all’aviazione: prende il brevetto di pilota e diventa collaudatore. Rientrato alla Fiat al termine della guerra, riuscirì a mietere nuovi successi tra il 1923 e il 1925. Si veda Protagonisti della storia , cit., p. 16.

21  Cfr. G. Canestrini, La favolosa Targa Florio , Roma, Editrice dell’Automobile, 1966, p. 23 e La storia della Coppa Florio, in «Rapiditas», IV (1914-1922), p. s.n.

22  A tal riguardo si veda Moscatelli, op. cit., p. 71 e G. Volpato, L’internazionalizzazione dell’industria automobilistica italiana , in L’ industria italiana nel mercato mondiale dalla fine dell’800 alla metà del ‘900 , Torino, Fiat relazioni esterne e comunicazione, 1993, pp. 163-164.

23  Moscatelli, op. cit., p. 68.

24   Ivi,  pp. 33-34.

25  N. Aquila, Targa Florio. Storia e fasti di una manifestazione non solamente sportiva , in «Archivio Storico Siciliano», XXVII (2001), n. 1, pp. 288-289.

26  Cfr. La Corsa delle Vetturette. La Coppa Challenge, in «Rapiditas», II (1907), pp. 45-47.

27  Si veda Prestigiacomo, L’epoca pioneristica,  cit., p. 25.

28  Cfr. P. Fondi, Targa Florio. Un’epopea del Novecento , Milano, Giorgio Nada Editore, 2006, p. 55.

29  Sullo sviluppo turistico prebellico al sud si vedano le considerazioni di A. Jerardi, Storia del viaggio e del turismo in Italia , Milano, Mursia, 2012, pp. 156-158.

30  Cfr. G. A. Garcia, La Targa Florio. Gattopardi, piloti, gentiluomini , Palermo, Edizioni Novecento, 1986, p. 128 e Lentini, Mercanti, imprenditori , cit., p. 128.

31  L’interesse della manifestazione per il turismo è palese già dal 1907, quando fu predisposta per «tutti coloro che potevano aversi interesse, una Guida in due lingue, distribuita espressamente compilata, in elegante volumetto». La seconda parte del volume era una guida della Sicilia illustrata, con notizie storiche e archeologiche. L’organizzazione dei servizi, in «Rapiditas», II (1907), p. 52.

32  I volumi Il giro del mondo in automobile  di Antonio Scarfoglio (1910), La metà del mondo vista da un automobilista. Da Pechino a Parigi in sessanta giorni  di Luigi Barzini (1908), In automobile  di Carlo Placci (1908), Milleottocentosessantacinque chilometri d’automobile in Italia  di Cesare Sommaruga (1911), Quattromila chilometri in automobile  di Silvio Bonacossa (1912) e Patria: viaggio in automobile attraverso l’Italia  di Leopoldo Barboni (1913) propagandarono il mito del viaggio turistico in automobile tra le classi abbienti prima della Grande Guerra. Cfr. A. Jerardi, Storia del viaggio,  cit., pp. 177-178.

33   La settimana automobilistica siciliana. Le probabili iscrizioni italiane ed estere. La pubblicazione del regolamento , in «Motori, Cicli & Sports», 13-19 febbraio 1914, p. 12.

34  Cfr. AA.VV, Storia della Lancia. Impresa Tecnologie Mercati 1906-1969 , Torino, Fabbri, 1992, pp. 12-13.

35   E. Belloni , Imprese   sportive/imprese dello sport. La Grande Guerra e la nascita dell’industria sportiva in Italia, in  Lo sport alla Grande Guerra, a cura di A. Teja, V. Ilari, Siena, Nuova immagine, 2015, p. 279.

36  Cfr. Moscatelli, op. cit., p. 80.

37  V. Zamagni, Dalla periferia al centro. La seconda rinascita economica dell’Italia 1861-1990 , Bologna, Il Mulino, 1990, p. 159.

38  Cfr. La Grande Corsa Siciliana della Targa Florio, in «Rapiditas», II (1907), p. 18.

39  Cfr. G. Prade, Il Cimento Franco-Italiano , ivi, pp. 33-35.

40  Cfr. Garcia, op. cit., p. 116.

41  Cfr. G. Valenza, Targa Florio. Il mito , Settimo Milanese, Edizioni Legenda, 2007, p. 57.

42  Giovanni Marsaglia, figlio del banchiere torinese, ingegnere e audace pilota. Morì nel corso della Grande Guerra nel 1917. La scomparsa di un grande campione del volante. La morte dell’ing. Giovanni Marsaglia , in «L’Illustrazione della Guerra e La Stampa Sportiva», 11 febbraio 1917, p. 9.

43  Felice Nazzaro (1881-1940), torinese entrò giovanissimo nella Ceirano e poi passò alla Fiat, iniziando nel 1900 la sua carriera di pilota. Già dal 1903 si legò a Vincenzo Florio, accettando la sua proposta di trasferirsi in Sicilia per curarne il parco macchine, partecipando a molte competizioni con auto di proprietà dell’imprenditore siciliano. Il 1907 fu il suo anno migliore, all’interno del quale vinse le tre maggiori competizioni dell’epoca (Targa Florio, Coppa dell’Imperatore, Gran Premio dell’Automobil Club di Francia). Dopo aver tentato un’avventura imprenditoriale – conclusa definitivamente nel 1923 – tornò alla Fiat e vinse a Strasburgo il G.P. dell’A.C. di Francia nel 1922. Si veda A. Lombardi, Nazzaro Felice , in Dizionario Biografico degli Italiani Treccani , Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2013: [ http://www.treccani.it/enciclopedia/felice-nazzaro_(Dizionario-Biografico)/ ] (ultimo accesso 26 ottobre 2019), e Protagonisti della storia , cit., pp. 45-46.

44  Nella primavera del 1911 Felice Nazzaro fondò la Nazzaro & C. Dopo alcuni successi nel campo commerciale e sportivo, dovette porre in liquidazione l’azienda nel 1915. Essa fu poi ricostituita a Firenze nel 1919 ma cessò l’attività nel 1923. Ivi,  pp. 45-46

45  Cfr. A. Colombo, Nascita e sviluppo dell’industria italiana dell’auto , in Economia e Società nei primi cinquanta anni di automobilismo (1890-1939) , a cura di L. Papa, Puglia Grafica Sud, Bari 1994, p. 25. Sulla crisi del 1907 si veda F. Bonelli, La crisi del 1907. Una tappa dello sviluppo industriale in Italia , Torino, Fondazione Luigi Einaudi, 1971.

46  Cfr. Moscatelli , op. cit., p. 75.

47  Cfr. Volpato, op. cit., p. 167.

48  Una descrizione dell’evento torinese sta in L’inaugurazione al Valentino della IX Esposizione Internazionale Automobilistica , in «La Stampa», 27 aprile 1913, p. 4.

49  Cfr. E.M., Il primo Salon automobilistico di Palermo , in «Motori, Cicli & Sports», 11-16 aprile 1913, pp. 9-10 e Prestigiacomo, I Florio , cit., pp. 129-131.

50  P. L. Bassignana , Le feste popolari del capitalismo. Esposizioni d’industria e coscienza nazionale in Europa 1798-1911,  Torino,   U. Allemandi, 1997, p. 12.

51  Sull’argomento si veda M. Picone Petrusa, 1891-’92. Palermo. Esposizione nazionale (15 novembre ’91 – 7 giugno ’92) , in AA.VV., Le grandi esposizioni in Italia 1861-1911. La competizione culturale con l’Europa e la ricerca dello stile nazionale , Napoli, Liguori Editore, 1988, pp. 96-99 e Lentini, Vincenzo   Raja cit., p. 62-63.

52  Si veda Moscatelli, op. cit., p. 84.

53  Cfr. A. Colombo, Nascita e sviluppo dell’industria italiana dell’auto , cit., p. 29.

54   Ivi , p. 30. La macchina nel 1914 era commercializzata a lire 7.500 mentre Peugeot offriva una «vetturetta» già con 4.500 lire. Cfr. M. Morasso, Per una vetturetta italiana , in «Motori, Cicli & Sports», 24-29 gennaio 1914, p. 7.

55  Cfr. Garcia, op. cit., p. 116; Valenza, op. cit., p. 53.

56   Ibidem .

57  Il Salon  aprì i battenti il 12 aprile. L.S., Il 2° Salon Automobilistico Siciliano. Una prima visione , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 19-26 aprile 1914, pp. 16-17.

58  Un esempio concreto dell’influenza dell’esposizione fu ad esempio la trasformazione dell’impresa palermitana di trasporti di Rosario Mucera, che convertì il servizio a cavalli con le automobili Scat. La “SCAT” in Sicilia, un nuovo servizio automobilistico a Palermo , in «Motori, Cicli & Sports», 8-14 gennaio 1914, p. 9.

59   La falange dei precursori , in «La Stampa Sportiva», 20 febbraio 1910, p. 7

60  All’inizio del 1914 la Uifa aveva inviato al ministro Rava un memoriale che enumerava i danni dell’aumento della tassa sulle automobili. L’industria automobilistica italiana contro il nuovo aggravio del fisco , in «L’Economista», 31 maggio 1914, p. 348 e Le fabbriche di automobili contro l’aumento della tassa , in «Motori, Cicli & Sports», 9-15 maggio 1914, pp. 7-8.

61  Moscatelli, op. cit., p. 121.

62  Cfr. E. Belloni, Ideologia dell’industrializzazione e borghesia imprenditoriale dal nazionalismo al fascismo (1907 – 1925) , Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita, 2008, p. 57.

63  Cfr. F. Bientinesi , La parziale eccezione: costi comparati e teorie del commercio internazionale in Italia dalla metà dell’Ottocento alla seconda guerra mondiale,  Milano, Angeli, 2011, pp. 97-116.

64   Cfr.   Unione italiana fabbriche automobili , L’industria automobilistica italiana e la rinnovazione dei trattati di commercio,  Torino,   Tip. Baravalle e Falconieri , 1914, pp. 3-6.

65   F. Amatori , Impresa e mercato,  in   AA.VV.,  Storia della Lancia. Impresa Tecnologie Mercati 1906-1969 , Torino, Gruppo Editoriale Fabbri, 1992, p. 14.

66  E.G. Faraci, Napoleone   Colajanni e la Prima guerra mondiale: dall’anticolonialismo all’interventismo , in «Storia e Politica. Rivista quadrimestrale», 3 (2016), p. 569.

67  M. Morasso, La decisione delle Case confederate di non correre e non esporre in Italia , in «Motori, Cicli & Sports», 8-14 gennaio 1914, p. 5.

68  Sulla figura di Mario Morasso cfr. P. Pieri, Morasso Mario , in Dizionario Biografico degli Italiani Treccani , Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2012, vol. 76, pp. 528-532 e E. Gentile, La Grande Italia , Roma-Bari, Laterza, 2006, pp. 50 e 98-99.

69  Morasso, La decisione delle Case confederate , cit., p. 6.

70  Sono anni in cui la produzione si volge a modelli produttivi maneggevoli, pratici e poco costosi, e quindi con un mercato redditizio. Sull’argomento si veda D. Marchesini , L’Italia a quattro ruote. Storia dell’utilitaria , Bologna, Il Mulino, 2012.

71  V. Castronovo, Economia e società in Piemonte dall’Unità al 1914 , Milano, Banca Commerciale Italiana, 1969, p. 317.

72  Morasso, La decisione delle Case confederate , cit., p. 5; Note di automobilismo , in «La Stampa Sportiva», 4 gennaio 1914, p. 6. Torino invece quell’anno fu sede dell’Esposizione di Aviazione, che coinvolse comunque le aziende meccaniche torinesi. M. Morasso, L’Esposizione di Aviazione a Torino. La nazionalizzazione dell’industria aerea , in «Motori, Aereo, Cicli & Sports», 16-24 maggio 1914, pp. 7-11.

73  G. Verona, Dopo il Grand Prix dell’A.C. di Francia , in «La Stampa Sportiva», 12 luglio 1914, p. 8.

74  [«questa importante partecipazione è giustificata dal fatto che la Sicilia offre all’automobile un mercato molto ampio, a causa delle imperfezioni che presenta la rete ferroviaria. Così, per recarsi da Palermo ad Agrigento, sono necessarie quattordici ore di treno, mentre in sei ore un’automobile qualunque può coprire la distanza»]. Automobilisme. Le meeting de Sicilie – Les engagements  in «Journal Amusant», 23 maggio 1914, p. 14.

75  G. Valenza, op. cit., p. 61. Per l’elenco dei partecipanti alla gara del 1914, si veda ivi , pp. 63-64.

76  Garcia, op. cit., pp. 125-128 e Prestigiacomo, I Florio , cit., pp. 130-131.

77  Garcia, op. cit., pp. 125.

78  G. Valenza, op. cit., p. 24.

79   Il Salon automobilistico di Palermo , in «Motori, Cicli & Sports», 8-14 gennaio 1914, p. 9.

80  Il Consiglio direttivo dell’Automobile Club di Sicilia era così composto nel 1914: presidente Vincenzo Florio, tesoriere l’armatore cav. Mariano Bonocore, segretario il barone Antonio di Ramione. Consiglieri erano il principe Girolamo Petrulla, il marchese Paolo Scaletta, il barone Giuseppe Bordonaro, il cav. Rodrigo Baucina, il barone Francesco Ciuppa e il marchese Iacona della Motta. Cfr.   Automobile Club di Sicilia , in «Motori, Cicli & Sports», 8-14 gennaio 1914, p. s.n.

81  Dell’Automobile Club Milano nel 1914 era presidente l’industriale cotoniero Silvio Crespi e ne facevano parte tra gli altri il cav. Leon Beaux proprietario di una fiorente fabbrica d’armi, il medico e fotografo Carlo Moldehauer, l’ing. Ettore Conti, fondatore della omonima Società Imprese elettriche, l’industriale della motocicletta Achille Fusi, l’industriale Alberto Pirelli, l’imprenditore degli oli lubrificanti per auto, Ernesto Reinach. L’elenco completo si trova in Automobile Club Milano , in «Motori, Cicli & Sports», 8-14 gennaio 1914, p. s.n.

82  G. Barone, Dai nobili ai notabili. Note sul sistema politico in Sicilia in età contemporanea , in Elites   e potere in Sicilia , cit., p. 172.

83  Garcia, op. cit., pp. 126 e Il programma dell’Automobil Club di Sicilia , in «Motori, Cicli & Sports», 22 febbraio-3 marzo 1914, pp. 2-3. Purtroppo il governo deciderà di investire solo nel 1923 per il rifacimento della rete stradale siciliana. Cfr. Garcia, op. cit., pp. 128.

84   Ivi , p. 29.

85  AA.VV, Targa Florio, cronache di un mito 1906-2006 , Palermo, Emmepi, 2006, p. 28.

86   Una controversia sportiva che finisce in Pretura , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 14-20 marzo 1915, p. 13.

87  La lettera del Trombetta è pubblicata a margine di Una controversia sportiva che finisce in Pretura , ivi , 14-20 marzo 1915, p. 13.

88   Ancora la questione Trombetta - Musmeci. La deliberazione della Commissione Sportiva. La questione di principio e la questione di fatto , ivi , 29 aprile – 5 maggio 1915, pp. 21-22.

89   Una questione di principio a proposito della controversia Trombetta - Musmeci , ivi , 3-12 aprile 1915, pp. 27-28.

90  Dorando Pietri (1885-1942), carpigiano, concorse nella maratona dei Giochi olimpici di   Londra con i colori italiani. Giunto in testa agli ultimi metri, appena entrato nell’arena, svenne e si accasciò a terra. Due giudici di gara lo aiutarono a rialzarsi e lo condussero fino al traguardo: per questo Dorando venne squalificato e la medaglia d’oro fu attribuita al secondo arrivato, l’americano Johnny Hayes (1886–1965). La regina Alessandra tuttavia decise comunque di premiare l’italiano con una coppa, che di fatto aggirava il verdetto della giuria e dava risposta alle voci di coloro che vedevano nella figura di Pietri un mito sportivo. Sulla maratona di Londra e la vicenda di Dorando Pietri cfr R. Masumeci, La sfida di maratona. Storia e leggenda di Dorando Pietri , Milano, Correre, 1985; a cura di L. Nora, Dorando Pietri tra mito e storia , Carpi, La Litografica, 1999; S. Giuntini, Dorando Pietri dalla via Emilia al West , Palermo, Promos, 2004; A. Frasca, Dorando Pietri. La corsa del secolo , Reggio Emilia, Aliberti, 2007 e Unione nazionale associazioni sportive centenarie d’Italia , Dorando, metafora dello sport. Storia, linguaggio e immagini dell’impresa di Pietri a Londra 1908 , Torino, Unasci, 2008.

91   I torinesi vittoriosi nella prima tappa della Targa Florio , in «La Stampa», 25 maggio 1914, p. 5.

92  Il riferimento è ad Alessandro Cagno, primo vincitore della Targa Florio nel 1906. F. Marietti, La vittoria di Cagno in famiglia , ivi, 20 maggio 1906, p. 7

93  D. Marchesini, Eroi dello sport. Storie di atleti, vittorie, sconfitte , Bologna, Il Mulino, 2016, p. 148.

94  I riferimenti biografici si trovano in: È morto Ernesto Ceirano , in «La Stampa», 24 novembre 1956, p. 8.

95  M. Morasso, Il III Giro di Sicilia – IX Targa Florio vinto trionfalmente dalla “Scat” e da “Dunlop” , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 23-30 maggio 1914, pp. 11-23.

96  Sul personaggio si veda Protagonisti della storia cit., pp. 18-19.

97  Nazzaro vince la Coppa Florio, in «La Stampa», 1 giugno 1914, pp. 5-6 e M. Morasso , La Coppa Florio sul Circuito delle Madonie vinta da Nazzaro su “Nazzaro” ruote Sankey, magnete Bosch, pneumatici Pirelli, carburante Zenith. Il magnifico slancio di Ceirano e della Scat. La bella corsa dell’Alfa , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 31 maggio-6 giugno 1914, pp. 15- 25.

98  G. Faldella, Per la protezione dell’industria automobilistica italiana , ivi , 17-22 giugno 1914, p. 5.

99  Volpato, op. cit., pp. 178-180.

100  M. Morasso, La guerra e le nostre industrie , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 29 luglio-5 agosto 1914, pp. 7-8.

101  AA.VV, L’automobile italiana. Tutti i modelli dalle origini a oggi , Firenze, Giunti, 2006, p. 37.

102  Cfr. Renda, Storia della Sicilia , cit., p. 309 e Faraci, Napoleone Colajanni , cit., p. 582,

103   Voci nuove di entusiasmo. Si deve correre la Targa Florio? Un referendum indetto dal cav. Florio tra i costruttori , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 22-29 gennaio 1915, p. 8.

104   La Targa Florio – Giro di Sicilia (Km 1000 – 30-31 maggio 1915) , ivi , 7-14 marzo 1915, p. 11; La Targa Florio 1915 , in «La Stampa Sportiva», 11 aprile 1915, p. 5 e Il favorevole responso delle case italiane al referendum per la Targa Florio , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 14-20 marzo 1915, p. 11.

105  M. Morasso, Le corse di automobili e la Targa Florio , ivi , 30 aprile – 6 maggio 1916, pp. 5-6.

106  Cancila, I Florio , cit., pp. 525-536.

107  Barone, Il tramonto dei Florio , cit., pp. 36-39 e Cancila, I Florio , cit., pp. 525-536.

108  Pomar, op. cit., p. 214 e Prestigiacomo, I Florio , cit., p. 132.

109   Il congedamento dei Volontari Automobilisti. Ragioni e proteste , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 23 – 29 novembre 1915, pp. 21-22.

110   Il Corpo dei volontari ciclisti-automobilisti non è stato sciolto , in «Corriere della Sera», 16 dicembre 1915, p. 2.

111  Pomar, op. cit., p. 214; O. Cancila, I  Florio , cit., pp. 677-678, Renda, Storia della Sicilia , cit., pp. 310 e G. Montemagno , Il contributo alla guerra di Vincenzo Florio e il “tradimento” de L’Ora-Zeitung , in «In Trasformazione: rivista di storia delle idee», 3 (2014), n. 1, p. 167.

112  Cfr. Industriarsi per vincere. Le imprese e la Grande Guerra , a cura di A. Pozzetta, Novara, Interlinea edizioni, 2018, pp.151-154.

113  Per comprendere il clima mondano prebellico, si veda S. Requirez, Con gli occhi di Franca. Diario del tramonto dei Florio , Palermo, Nuova Ipsa Editore, 2018.

114  O. Cancila, Palermo , Roma-Bari, Laterza, 2014, pp. 380-385 e id., I Florio , cit., p. 531 .

115  G. Barone, Sicilianismo, meridionalismo, revisionismo. Note sulla «modernizzazione difficile» della storia contemporanea in Sicilia , in F. Sciacca, Studi in memoria di Enzo Sciacca  vol. II, Milano, Giuffré, 2008, pp. 415-428;

116  S. Lupo, L’ utopia totalitaria del fascismo (1918-1942) , in Storia d’Italia, cit . , p. 300.

117  Barone, Il tramonto dei Florio , cit., pp. 36-39, Candela, I Florio , cit., p. 383 e Requirez, Storia dei Florio , cit., pp. 306-320.

118  Barone, Il tramonto dei Florio , cit., pp. 36-41.

119  Cancila, Storia dell’industria , cit., pp. 223-233.

120  Candela, I Florio , cit., p. 383 e Giuffrida, op. cit., p. 90.

121  Candela, I Florio , cit., p. 384-385; Cancila, I Florio , cit., pp. 493-559, Barone , Il tramonto dei Florio , cit., pp. 38-46 e Prestigiacomo, I Florio,  cit., pp. 136-150.

122   Il circuito di Sicilia per idrovolanti al 14 di settembre 1919 , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 7-14 agosto 1919, p. 39.

123  Per comprendere le suggestioni che produceva sulla società l’aeronautica moderna si veda P. Giovannetti , Il “militante sogno” dei primi voli. Aeroplani e letteratura in Italia 1905-1915 , in «Italia contemporanea», 225 (2001), pp. 573-588.

124  F. Caffarena, Dal fango al vento. Gli aviatori italiani dalle origini alla Grande Guerra , Einaudi, Torino 2010, p. 84 e id., Le imprese aeronautiche del primo Novecento , in Il contributo italiano alla storia del pensiero -Tecnica , Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2013, pp. 430-431.

125  Id., Dal fango al vento , cit., pp.138-158 .

126  Sulla storia dell’Aero Club Torino si veda A. Moriondo, La storia dell’Aero Club Torino (ovvero gli albori dell’aviazione a Torino ed in Italia),  Borgone di Susa, Tipolito Melli, 2010.

127  Carlo Montù (1869-1949), sportivo e uomo politico, membro del Comitato olimpico internazionale dal 1913 al 1939, fu uno dei primi sostenitori della realizzazione di esperimenti pratici di volo con l’aeroplano in Italia . Fondatore del Comitato “Pro Torino” (1908), invitò il pilota francese Leon Delagrange per una tournée nel nostro paese. Montù fu il primo presidente della Società aviazione Torino (Sat) costituita nel 1909, associazione che si proponeva l’obiettivo di promuovere studi, pubblicazioni, gare, esposizioni per contribuire allo sviluppo dell’attività aeronautica in Italia, mentre durante la campagna di Libia fondò e guidò la Flottiglia aviatori volontari in Cirenaica. Sostenne e promosse il progetto di istituire una flotta aerea militare italiana e fu membro della Commissione Reale aeronautica. Partecipò anche alla Prima guerra mondiale al comando del 30° reggimento artiglieria da campagna (Bombardieri), preposto alla difesa antiaerea. Fu vicepresidente del Coni dal 1915, fu presidente della Federazione italiana gioco calcio (Figc) dal 1914 al 1915, della Federazione italiana canottaggio dal 1913 al 1927 e della Federazione della scherma dal 1919 al 1923, fu membro del Comitato olimpico internazionale (Cio) dal 1913 al 1939. G. Dicorato e G. Rotondi, Storia dell’Aviazione , Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1978, pp. 37-38; D. Guazzoni, “Figli forti e disposti alla guerra”. Nazionalismo e “militarizzazione” dello sport vercellese agli albori della Grande Guerra, in Il Vercellese e la Grande Guerra , a cura di G. Ferraris, Vercelli, Società Storica Vercellese, 2014, pp.70-72.

128  Per sopperire alla mancanza di fondi pubblici per una flotta aerea, l’Aero Club d’Italia e le maggiori associazioni aeronautiche promossero nell’aprile 1912 una sottoscrizione nazionale. La raccolta fondi trovò adesioni nella famiglia reale, tra i politici nazionali e locali, tra i funzionari pubblici, gli istituti di credito ed enti locali, tra intellettuali, rappresentanti della cultura (es. Matilde Serao, Pietro Mascagni) e italiani residenti all’estero. La sottoscrizione venne chiusa il 1° ottobre 1912, con un totale raccolto di oltre tre milioni lire. Si trattò di una cifra ragguardevole per l’epoca; tuttavia non fu sufficiente in vista del suo obiettivo di «dare ali all’Italia».   M. Cobianchi, Pionieri dell’aviazione in Italia , Roma, Editoriale Aeronautico, 1943, pp. 230-231; La Lega Aerea Nazionale , in «LAN. Lega Aerea Nazionale. Rivista mensile di aeronavigazione», 1 (1913), p. 30 e C. Montù, Il problema aeronautico in Italia. Relazione del Presidente Generale dell’AeroClub d’Italia agli On. Componenti il Comitato Parlamentare , Roma, L’Italia Aero-Marittima, 1914, p. 16.

129  La notizia viene data in: La Direzione, Comunicazioni , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 9-15 maggio 1914, p. 2.

130  Circuito per idrovolanti, in «Rapiditas», IV (1914-1922), p. s.n.

131  Prestigiacomo, I Florio, cit., pp. 123-125.

132   Il Giro di Sicilia per idrovolanti , in «La Stampa», 23 agosto 1919, p. 2.

133  Tullio Morgagni (1881-1919) giornalista sportivo, «un romagnolo tutto fuoco e di vivido ingegno venuto dal giornalismo politico di avanguardia», fu direttore de «Lo sport illustrato» e promotore di varie gare ciclistiche come la Milano-Sanremo e il Giro d’Italia. Appassionato di volo, con i suoi resoconti contribuì alla nascita del mito dell’aviatore. Morì in un incidente aereo. Alla sua memoria venne intitolata l’omonima coppa. V. Varale ,  Il decimo anniversario di un tragico volo. La morte di Tullio Morgagni , in «La Stampa», 2 agosto 1929, p. 5 e A. Ghirelli, La stampa sportiva , in La stampa italiana del neocapitalismo , a cura di V. Castronovo, N. Tranfaglia, Laterza, Roma-Bari 1976, p. 321.

134   La giornata aviatoria in memoria di T. Morgagni.   L’aviazione di domani , in «La Stampa», 15 settembre 1919, p. 2.

135   Aero Club d’Italia , in «La Stampa Sportiva», 10 novembre 1912, p. 8.

136   La   magnifica riuscita del Giro di Sicilia per idrovolanti , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 15-23 maggio 1919, p. 47.

137   Il Circuito aereo di Sicilia , in «La Stampa», 15 settembre 1919, p. 2 e Il giro di Sicilia per idrovolanti. Il successo della gara , in «Corriere della Sera», 15 settembre 1919, p. 2.

138  Circuito per idrovolanti,  cit., p. s.n.

139  AA.VV., Palermo, una capitale , Milano, Electa, 1989, p. 214.

140   La prima grande corsa automobilistica europea dopo la guerra. La Targa Florio al 26 ottobre 1919 sul Circuito delle Madonie (klm 400) , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 15-22 agosto 1919, pp. 39 e 41.

141   La Targa Florio al 23 novembre 1919. Le iscrizioni. Un’importante decisione dell’Unione delle Fabbriche , ivi , 23-30 ottobre 1919, p. 15. Effettivamente la presenza italiana al Salon  di Parigi fu molto estesa: cfr. Gli Italiani al Salon , ivi , 15-22 ottobre 1919, p. 15.

142   La Targa Florio al 16 novembre , ivi , 15 – 22 ottobre 1919, p. 47.

143  La Targa Florio al 23 novembre 1919. Le iscrizioni. Un’importante decisione dell’Unione delle Fabbriche , ivi ,   23-30 ottobre 1919, p. 15.

144  V. Castronovo, L’industria italiana dall’Ottocento a oggi,  Milano,   Mondadori, 1980, pp. 158-162.

145  A. Bellucci, L’automobile italiana 1918-1943 , Bari-Roma, Laterza, 1984, p. 5 e V. Zamagni, Dalla periferia al centro , cit., pp. 282-292.

146   La Targa Florio al 23 novembre 1919 , cit., p. 15. Il divieto rimase sulla partecipazione alle esposizioni e fu ristabilito per le corse nel 1920, una decisione dovuta agli accordi internazionali del Bureau Permanent Interallié des Constructeurs   d’Automobiles  che trovava riscontro nel divieto analogo delle Camere Sindacali di Francia, d’Inghilterra e del Belgio. Cfr. E. Marchesi, A proposito della interdizione delle Corse Automobilistiche nel 1920 , in «La Stampa Sportiva», 1 agosto 1920, pp. 9-11; Nel mondo automobilistico, in «La Stampa Sportiva e l’Illustrazione d’Italia», 23 febbraio 1919, p. 5; Nel mondo automobilistico. L’industria italiana e il giudizio di un americano – L’Unione I.F.A. contro le corse - L’Ufficio permanente interalleato automobilistico , in «La Stampa Sportiva», 4 luglio 1920, p. 5.

147   La Targa Florio al 23 novembre. Gli inscritti – Le previsioni. La fisionomia della corsa , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 31 ottobre – 6 novembre 1919, pp. 45-46.

148  Il limite del divieto era stato palesato nell’articolo :  La Targa Florio.   26 ottobre. Corridori italiani e stranieri si accingono alla prova , ivi , 7 – 15 settembre 1919, p. 25. Nell’articolo si parla di sportsmen  non legati alle Case automobilistiche «che interverranno a difendere i colori nazionali».

149   La prima grande corsa automobilistica europea dopo la guerra. La Targa Florio al 26 ottobre 1919 sul Circuito delle Madonie (klm 400) , ivi , 15-22 agosto 1919, p. 39.

150   Alla vigilia della Targa Florio. La lista degli iscritti , ivi , 7-14 novembre 1919, p. 37.

151  Valenza, op. cit., p. 65. Gli allestimenti temporanei dovevano essere ogni volta riportati a Palermo. Vincenzo quindi annualmente faceva richiesta al Prefetto che prima della Guerra aveva provveduto alla concessione di camion per il trasporto e nel 1919 autorizzò il trasporto ferroviario delle tribune in legno. Archivio di Stato di Palermo, Prefettura di Palermo, Gabinetto , b. 445, fasc. Targa Florio, Lettera di Vincenzo Florio al Prefetto della provincia di Palermo del 25 novembre 1919 e ivi,  Lettera del Prefetto a Vincenzo Florio del novembre 1919.

152  Le Tribune , in «Rapiditas», IV (1914-1922), p. s.n.

153  Enzo Ferrari (1898-1988) emiliano, fu imprenditore, dirigente sportivo e pilota. Alpino durante la prima guerra mondiale, chiese di essere assunto alla Fiat, ma senza successo. Lavorò in varie officine come collaudatore e nella Cmn poi, dal 1920, iniziò a correre con l’Alfa Romeo, con cui disputò 41 gare con alterna fortuna. La sua carriera di pilota si concluse nel 1931, con la nascita del figlio Dino. Sul tema cfr G.P. Maini, La prima corsa di Enzo Ferrari. La straordinaria avventura del Drake e del Marchese Lotario Rangoni Machiavelli , Reggio Emilia, Imprimatur, 2013; L. Turrini, Enzo Ferrari. Un eroe italiano , Milano, Mondadori, 2002; Enzo Ferrari, uomo, macchine, a cura di Piero Casucci,   Milano,   Automobilia, 1983 e L. Dal Monte, Ferrari Rex. Biografia di un grande italiano del Novecento , Firenze, Giunti, 2016.

154  Giuseppe Campari (1892-1933) lombardo, fu meccanico e collaudatore all’Alfa Romeo. Le sue prime corse risalivano al 1913 ma si impose a partire dalla fine della guerra in campo nazionale (Mugello, Mille Miglia, Gran Premio d’Italia, Coppa Acerbo) ed europeo (Gran Premio d’Europa, Gran Premio dell’A.C. di Francia). Morì disputando il Gran Premio d’Italia a Monza. Su di lui cfr. Ivi , p. 16 e R. Rao, Giuseppe Campari, el negher , Asi Service, Torino 2013.

155  Il conte Giulio Masetti (1894-1926), toscano, aveva iniziato con le corse motociclistiche. Nel 1919 aveva acquistato un Fiat con cui gareggiò al Gran Prix di Francia a Lione e al circuito del Mugello. Dal 1919 partecipò costantemente alla Targa. Fu assente nel 1925 perché tacciato di antipatriottismo, in quanto membro della squadra britannica della Sunbeam. Ritornato alla Targa, vi perse la vita in un incidente. Su di lui cfr.   Fondi, La leggendaria Targa Florio , cit., pp. 51-61.

156  Antonio Ascari (1888-1925), veneto, svolse le sue prime prove nel 1911 a Modena. Passato all’Alfa come collaudatore, iniziò ad affermarsi nel 1923 nella squadra Alfa Romeo. In due anni si impose al Gran Premio d’Italia a Monza e al Gran Premio d’Europa a Spa/Francorchamps. Morì durante il Gran Premio di Francia a Monthlery a seguito di un gravissimo incidente. Si veda   Protagonisti della storia , cit., pp. 6-7.

157  Valenza, op. cit., p. 65.

158  G. Gullo, N. Impallari, Florio e la Targa. Notizie storiche e iconografiche , Palermo, Regione Siciliana, 2010, p. 68.

159   La magnifica riuscita della Targa Florio. La vittoria di Peugeot e di Pirelli. Itala, Diatto, Fiat vittoriose nelle loro categorie , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 15-24 novembre 1919, p. 16 e La prova del 1919 , in «La Stampa Sportiva e l’Illustrazione d’Italia», 30 novembre 1919, p. 7.

160   Le Meeting d’Indianapolis. Une grande victoire française. L’industrie française automobile s’affirme, une fois de plus , la première du monde , in «Automobilia. L’automobile aux armée», 15 giugno 1919, pp. 15-17.

161  André Boillot (1891-1932) perse entrambi i fratelli in guerra, mentre lui «svolgeva le modeste mansioni di dimostratore alla succursale londinese» della Peugeot, prima di essere chiamato in aviazione. Iniziò l’attività agonistica solo dopo il conflitto. Su di lui cfr. W.F. Bradley, Il romanzo della Targa Florio , Bologna, Edizioni Calderini, 1965, pp. 71-72.

162  Georges Boillot (1889-1915) era una celebrità sportiva francese. Come ciclista prima e automobilista dopo aveva conquistato molte vittorie agonistiche. Dopo aver reso servizio come automobilista all’inizio della guerra, era passato all’aviazione, dove le sue imprese gli erano valse un encomio e la nomina a cavaliere della Legione d’onore, prestigioso riconoscimento militare francese. Morì in uno scontro armato aereo il 20 maggio 1915. Les Deuils de l’Aéronautique , in «L’Aérophile», 1-15 giugno 1916, p. 166 e Un engagé volontaire, La mort de Georges Boillot , in «Vie au grand air», 15 giugno 1916, pp. 7-9.

163  Valenza, op. cit., pp. 47-48 e R. Newman, Motor Racing Heroes. The Stories of 100 Greats , Pondbury, Veloce, 2014, pp. 67-68.

164   Les Deuils de l’Aéronautique,  cit., p. 166 e J. Mortane, L’Histoire du Grand Prix , in «Vie au grand air», 11 luglio 1914, pp. 628-633.

165  Il nome di Georges Boillot è un richiamo costante nella stampa francese durante e dopo la Prima guerra mondiale. Alla sua memoria fu elevato un monumento a Boulogne-sur-Mer, città che gli intitolò anche una gara. A Georges Boillot , in «L’intrangeant», 2 settembre 1924, p. 3.

166  Si noti che «La Stampa Sportiva» pubblicò erroneamente sulla copertina del 30 novembre 1919 la foto di Georges al posto di quella di André, malgrado un giornalista descriva come: «è assai più magro, forse un po’ più piccolo e ha tutto un altro viso». I vincitori della Targa Florio all’Automobile Club di Milano , in «Motori, Aero, Cicli & Sports», 30 novembre – 6 dicembre 1919, p. 37.

167  C. Harris, J. Whippy, The greater game. Sporting Icons who fell in the Great War , Barnsley, Pen&Sword Military, 2008, p. 134.

168  Garcia, op. cit., pp. 138-140.

169  Nella comunicazione della vittoria viene talvolta addirittura tralasciato il nome del vincitore nel titolo, dando risalto alle marche italiane. La magnifica riuscita della Targa Florio , cit., p. 15.

170   L’energica e vittoriosa corsa dell’“Itala” alla Targa Florio. Prima della sua categoria, seconda della classifica generale. Prima di ogni vettura da turismo , ivi , p. 26.

171  La notizia, riportata in G .  Tibballs, Motor’s Racing strangest Races. Extraordinary but True Stories from Over a Century of Motor Racing , Londra, Robson Books, 2001, p. 49-51, si trova in J.K., André Boillot gagne la Targa Florio , in «Automobilia. L’automobile aux armée», 15 dicembre 1919, pp. 19-24.

172  Ad esempio : cfr. Ibidem  ; La  Targa Florio , in ««La Vie au grand air», 20 dicembre 1919, p. 27; André Boillot gagne la Targa Florio , in «Le Miroir des Sports», 23 novembre 1922, p. 323; La Targa Florio est gagnée par une grande marque française , in «Le Monde illustré», 29 novembre 1919, p. 907; Boillot, vainqueur de la Targa-Florio, a Palerme , in «Le Miroir, entièrement illustré par la photographie», 14 dicembre 1919, p. 16.

173   Ultime di Sport. La Targa Florio vinta da Boillot , in «Corriere della Sera», 24 novembre 1919, p. 4.

174   La magnifica riuscita della Targa Florio , cit., p. 15 e La prova del 1919 , in «La Stampa Sportiva e l’Illustrazione d’Italia», 30 novembre 1919, p. 7.

175  Garcia, op. cit., p. 147.

176  H.C. Seherr-Thoss , 60 Jahre Targa Florio , Ufficio Studi dell’ACI, Roma 1966, p. 4 e Garcia, op. cit., pp. 90 e 92.

177   Ivi , p. 84.

178  A cura di N. Balestra, S. Chiminelli, All’Alba dell’Automobile. La prima corsa veneta e le grandi priorità della Regione , Romano d’Ezzelino, Museo dell’automobile Luigi Bonfanti, 1999, pp. 21-22.

179  Moscatelli, op. cit., p. 67.

180  E. Latella, Donne al volante: chi è stata la prima? , in «Ruoteclassiche», 18 ottobre 2016: [http://ruoteclassiche.quattroruote.it] (ultimo accesso, 26 ottobre 2019).

181   G. Canestrini , La favolosa Targa Florio , cit., p. 23 e G. Dodi, Donne e motori, pregiudizi a priori. Il difficile rapporto tra donne e automobilismo , in «La Camera Blu», 17 (2017), p.235.